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13ª edizione - (2010)

Dolore prezioso - rielaborazione delle tematiche fondamentali de "Il Conte di Montecristo" di A. Dumas

La vendetta è come il succoso nettare del frutto dell'odio, maturato in anni di solitudine e dolore. È come l'ambrosia, gustosa, che si assapora goccia a goccia; come il veleno, quello della signora di Villefort: entrambi portano alla morte, ma mentre con il veleno questa viene breve seppur tormentosa, con la vendetta, questa si insinua lentamente, e corrode le più nascoste e contorte fibre dell'animo umano nel corso del tempo.
Il tempo cambia le persone, ma non i ricordi, quelle tante numerose esperienze, racchiuse in uno spazio così ristretto, quello di una mente, di per sé un niente, ma la cui unione con la ricchezza del sapere, è ciò che più ci sia di straordinario, come il mondo stesso che dentro sé essa racchiude.
Ci sono menti buone, come quella di Edmondo, menti ingegnose, come quella di Faria, menti innocenti, come quella di Mercedes, menti contorte, menti sensibili e menti colpevoli, quelle menti colpevoli la cui maggior colpa, nel nostro caso, è quella di essere se stesse.
Spesso le lacrime hanno segnato e scolpito i tratti del volto di quel ragazzo sfortunato, ma col tempo sono state asciugate dai bagliori dell'isola di Montecristo; non quelli del sole, ma quelli dell'oro, del tesoro.
Il denaro, suo unico amico fedele, ricordo di un abate, un amico che lo fu egualmente.
Ma sebbene questo tesoro gli fosse così caro, egli non cercava di trattenerlo con forza: il tempo oltre che cambiare, insegna, e lui aveva imparato che doveva cogliere ogni attimo, ogni esperienza, perché così come gli era stata improvvisamente strappata la felicità la prima volta, poteva capitare una seconda.
Questa volta però lui era preparato.
Questa felicità di cui si vantava, era comunque una realtà fragile; l'aveva comprata così come i suoi nemici avevano comprato la loro dignità con i titoli nobiliari, quelle maschere per dimostrare l'importanza che non avevano, per nascondere la natura del loro animo, che più che essere nobile, era tutt'altro.
Ma anche il cuore più duro, risultato di un vivere di stenti e dispiaceri, può sempre essere smosso; bastano le parole di una madre, della donna di cui si era innamorati che tutto prende una piega diversa. Il passato non si può cancellare, tanto meno rinnegare, ma quello che ci insegna il Conte di Montecristo è che si può sempre sperare.
E anche nel momento in cui ogni speranza ci sembra perduta, succede qualcosa che irrimediabilmente smuove la nostra esistenza: magari avevamo sempre avuto davanti agli occhi la soluzione, ma non abbiamo voluto guardarla in faccia. Una povera fanciulla innamorata, una schiava salvata da quel briciolo di bontà ormai celata nei più profondi antri del cuore, è pronta a donare proprio quella gioia da tempo sospirata. Edmondo, vorrai accoglierla? Forse è tempo.
Perché Conte di Montecristo, forse avrai cambiato nome, forse sarai stato ingenuo, hai sofferto, e ora ti vanti di una felicità che sai non appartenerti; e dopo aver gustato di quel nettare divino, abusandone, te ne sei stufato, perché Conte di Montecristo, forse avrai cambiato nome, ma non sei mai stato malvagio.
Ho cercato di colmare il vuoto lasciato dalla perdita della tua compagnia, Edmondo, prendendo in mano qualche altro libro, ma prendendoli, non ho fatto altro che rendermi conto che nessun altro è degno di prendere il tuo posto.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010