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13ª edizione - (2010)

Amrita: l'elisir di lunga vita di Banana Yoshimoto

La malinconia è la gioia di sentirsi tristi diceva Victor Hugo famoso scrittore, poeta e drammaturgo francese considerato in Francia il padre del Romanticismo, la corrente letteraria che analizza l'irrazionalità e l'individualismo.
Ritengo che questo aforisma sia il più corretto per esprimere l'essenza di Amrita, un libro dal sapore particolare che mi ha permesso di apprezzare la scrittrice giapponese Banana Yoshimoto per il tentativo di indagare la memoria, i sogni, la ricerca della felicità e dell'equilibrio oltre all'immancabile amaro lasciato dal suicidio di una persona cara sulle labbra di chi ha ancora tempo per pronunciare la parola morte, elemento caratteristico dei romanzi di questa scrittrice.
Nonostante la tristezza che travolge ripetutamente le vite dei personaggi, il libro ha suscitato in me una grande gioia, per avere avuto casualmente l'occasione, di leggere una simile opera. Ho ammirato fin dalla prima lettura lo straordinario talento della signora Yoshimoto. Ho sempre preferito guardare un film, che attraverso le immagini sapientemente coordinate e gli effetti speciali, rilassa il corpo e la mente. Eppure, sebbene la lettura di un libro richieda uno sforzo più accentuato rispetto alla visione di un film, questo libro, anche se in diversi paragrafi è custode di una grandissima abilità descrittiva, mi ha saputo cullare dolcemente in una lettura piacevole.
Raccontando il distacco da una persona cara, inghiottita dalla morte, Banana Yoshimoto riesce a mostrare in modo analitico il dramma e l'angoscia generata dal pensiero di non poter mai più incontrare e riabbracciare chi ha visitato l'aldilà: Il suo sorriso, il suo sorriso infinitamente morbido, di una dolcezza speciale, la sua risata, che si diffondeva come cerchi sull'acqua, squillante come un campanellino. Tutte queste immagini di Mayu all'improvviso si riaccesero in me con una vitalità impressionante, e il desiderio di vederla divenne impellente, doloroso, insostenibile. Sembrava assurdo che provassi per la prima volta dalla sua morte un desiderio così forte di vedere mia sorella, che mai più avrei potuto incontrare (…).
La signora Yoshimoto sottolinea in particolare il rimpianto che invade Sakumi, la protagonista, la cui sorella muore in un incidente stradale per aver assunto una grande quantità di medicinali e alcool, per non aver scoperto prima il dolore della ragazza, costantemente celato da un bel sorriso radioso.
La scrittrice evidenzia anche il senso di vuoto lasciato da una morte così inaspettata: Sotto quale cielo sarà adesso Ryuichiro col suo libro triste?- pensai. La prossima volta cosa mi manderà? E da dove? (…) Forse ad un certo punto del suo viaggio, comincerà a scrivere, magari in una lettera, qualcosa che non sarà riuscito a dirmi attraverso gli oggetti. Perché è uno scrittore. E ho l'impressione che adesso per lui, dopo quella notte, io possa essere l'unica destinataria possibile. Questo scritto, io lo aspetto. (…) Parole simili a risposte, della forma giusta per riempire il vuoto lasciato da mia sorella. Che hanno forse un messaggio molto simile a quello del cane della Victor e della scatola piena di mele. È lui, l'unico che può metterle insieme. Se le vedrò, so che mi aiuteranno. Perciò le aspetto ardentemente, quelle parole.
Oltre alla maschera di tristezza e dolore, la scrittrice mette in risalto anche i lineamenti della gioia di vivere e la difficoltà per l'uomo, un essere fragile e insignificante rispetto all'immensità dell'universo, di affrontare la quotidianità e di prendere scelte radicali. La bellezza dei paesaggi, da lei descritti, infonde al lettore una sensazione piacevole e dona equilibrio al romanzo, già carico di colpi di scena e costruito su temi tristi.
Nelle sue descrizioni si denotano pensieri molto profondi, alcuni di derivazione filosofica.
Ho individuato, ad esempio, nel seguente tratto del romanzo la teoria ontologica di Parmenide, secondo la quale l'essere è e non è possibile che non sia: il mare è solo il mare, avanza, si ritira,a volte si agita, e per il solo fatto di esistere, pulsante, provoca nell'uomo molti sentimenti. Sarebbe bello essere così. Deludere, spaventare, consolare limitandosi a esistere.
La descrizione che ho apprezzato di più è stata sicuramente quella riferita a un tramonto: le abilità narrative della scrittrice hanno saputo trasformarlo in un trionfo di parole ed emozioni.
Banana Yoshimoto, infatti, racconta: sembrava di poterlo toccare. Aveva la forza di un immensa energia trasparente, rossa, fluida, che attraversando i muri invisibili della città e dell'aria, premeva nella nostra direzione. Era così vivido da togliere il fiato. (…) Prima di fondersi nella città, in me. Sciogliendosi dolcemente, cadendo a goccioline. Quel rosso, cambiando colore attimo per attimo, si sarebbe evoluto in una luce simile a quella dell'aurora boreale. L'essenza di un vino rosé di meravigliosa trasparenza, del rosso delle gote di una sposa amata, si avvicinava grandiosa da ponente a una velocità da capogiro. (…) Le gocce cadevano luccicanti e nel momento in cui rimbalzavano sul cemento sembravano sprigionare insieme il profumo del sole che si allontanava, e quello denso della notte.
Come ho già spiegato prima, i bellissimi paesaggi e i destini intrecciati dei personaggi scavati dalla scrittrice si compensano.
Ciò che più mi ha colpito di questo romanzo è l'analisi psicologica dei personaggi, ognuno portatore a modo suo di qualità straordinarie. I più interessanti sono sicuramente i personaggi principali: Yoshio e Saskumi.
Yoshio, undicenne fratellastro di Sakumi, sente voci particolari che lo tormentano, a volte gridano, altre mormorano e ha anche sentito una preghiera indiana probabilmente in giapponese, la cui esistenza è stata poi verificata in un libro di storia.
Ha visto anche una sorta di disco volante luminoso e lo ha mostrato alla sorellastra, unica a conoscenza dei suoi poteri. Ogni tanto la visita in sogno.
Sakumi, invece, è morta a metà, cioè il giorno che doveva morire il suo destino non si è compiuto totalmente, ha perso solo una parte di se stessa, la sua memoria.
Per lei diventa sempre più difficile riordinare i tasselli della sua esistenza, si sente come esclusa da un gioco e Yoshio percepisce più profondamente di tutti gli altri il suo disagio grazie alle sue potenti capacità mentali.
Tra i personaggi secondari bisogna ricordare Kozumi e Saseko, una coppia di innamorati capaci di interagire con gli spiriti di persone morte, poiché vivono su un'isola dove in passato furono uccisi molti giapponesi, che non riescono a riposare in pace in terra straniera.
Banana sviluppa questa idea riuscendo a esprimere un pensiero molto particolare, secondo il quale, la morte genera un'energia distorta, come afferma in questa parte del romanzo: sapevo che lì erano morte decine di migliaia di persone. E già questo di per sé era un fatto spaventoso. Non per la tragedia della guerra in sé. Per esempio quelli che riposano in un cimitero, sono morti anche loro. Ma in posti diversi, di morti diverse. Qui era un'altra cosa. Tutti erano morti della stessa morte atroce nello stesso periodo di tempo. Questo dava una sensazione stranissima. Il verde, la spiaggia tranquilla, il cielo azzurro. Tutto nel silenzio. Quando le voci della natura, simili a un mormorio impercettibile, sono troppo numerose, diventano mute. La sensazione era questa.
Quest'idea così profonda mi ha fatto riflettere sul fatto che io non penserei mai ad una cosa del genere, forse perché io, come del resto tutti, vivo senza dare molto peso alla morte, al fatto che prima o poi svanirò da questa realtà. Continuo a vivere, evitando di pensare a questa possibilità, come se fosse estranea al mio cammino.
Attraverso le parole dei suoi personaggi, insoliti rispetto ai comuni modelli, la signora Yoshimoto lascia trasparire un sottile strato di solitudine, annidata nel loro animo, poiché si sentono lontani dalla realtà. La solitudine è, secondo la canzone di Laura Pausini, l'inquietudine di vivere senza qualcuno. Essa viene quindi considerata una condizione dell'animo che ci mette a disagio. La solitudine di chi ha qualcosa di particolare rispetto a tutti gli altri, come determinati poteri psichici, è difficile da superare perché i soggetti sono convinti di non poter essere compresi da nessuno se non da coloro che hanno capacità simili.
È per questo principio di fiducia verso chi ci può realmente aiutare, e non solo attraverso parole di conforto, che Yoshio e Sakumi sono molto legati e riescono a confidarsi apertamente l'uno all'altra le loro sensazioni o le percepiscono attraverso le alterazioni della loro psiche senza bisogno di comunicare verbalmente.
In un tratto della storia Sakumi esprime le sue sensazioni in riferimento al senso di solitudine e distacco provato per la temporanea perdita di memoria: tutto sembrava distante, come in un sogno fatto chissà quando. E nello spazio ero completamente isolata. Una stessa distanza mi separava da tutte le cose. Ero sola. (…) Sentivo che la mia solitudine era una parte del mio universo, e non una patologia da eliminare. Ero come mia madre, che aveva sposato il destino che l'affliggeva.
In un altro paragrafo spiega: una notte mi svegliai con una sete terribile. (…) Era come se tutto fosse scomparso. Io sola ero sospesa nell'universo. Potevo pensare logicamente, provare ad abituarmici. Chiedermi che ora era, cosa avevo fatto prima di dormire. Ma tutto era lontano. Emozioni, sensazioni. L'unica certezza era che riposavo in uno spazio vuoto. Non capivo neanche se avevo tre anni o trenta. In che epoca ero, come avevo trascorso la giornata. Se qualcuno mi avesse detto che era tutto un sogno, che ero un bambino che sta per nascere ci avrei creduto. Tutto era fermo, nudo, una tabula rasa. Sto impazzendo? - Pensavo sempre in quei momenti.
A partire da queste affermazioni mi sono informata sul concetto aristotelico di tabula rasa e ne è derivato un buon quadro della situazione in chiave filosofica, che mi ha permesso di apprezzare ancora una volta questo libro per la profondità dei temi trattati. Per Aristotele, infatti, l'intelletto passivo, indicato dal filosofo con l'immagine della tavoletta di cera (tabula rasa), è pronto a raccogliere tutti gli stimoli che vengono dai sensi. L'uomo acquisisce, quindi, la capacità di discernere il bene dal male attraverso l'esperienza.
Secondo Platone, invece, l'anima percorre un tracciato presente nel mondo delle idee (uno dei due mondi che Platone considera per formulare la sua teoria in merito al rapporto tra conoscenza e anima) acquisendo tantissime informazioni e successivamente si incarna in un corpo subendo, però un'amnesia totale. Nel mondo della realtà, gli elementi verosimili rispetto all'archetipo di ogni cosa, presente nel mondo delle idee, sollecitano la memoria dell'anima che attraverso un processo di apprendimento si ricorda, infine, ogni cosa. L'anima si ricorda di cose già conosciute, per questo motivo si parla di idee innate. Inoltre, seguendo il punto di vista di Platone, l'anima, dopo la vita che conduce intrappolata in un corpo tormentato dalle passioni, tende al bene, al mondo delle idee e poi precipita di nuovo in un corpo; mentre secondo la concezione aristotelica di principium individuationis l'anima di una persona è legata solo al corpo della persona stessa e con esso forma un sinolo (unione).
L'idea di tabula rasa presentata nel romanzo giapponese intende enfatizzare il sentimento di lontananza da una realtà tangibile provato da Sakumi, per la quale è difficile ricostruire un passato apparentemente inesistente. Non riuscendo a percepire il peso storico della sua esistenza, la ragazza tende ad annullarla involontariamente in sentimenti irrazionali, arrivando a credere di essere appena nata.
Con queste riflessioni sulla nascita e la morte dei suoi personaggi, Banana Yoshimoto ci consiglia di vivere ogni secondo della nostra esistenza con intensità, proprio come suggerisce il titolo. Amrita, infatti, significa acqua che bevono gli dei, una sorta di nettare divino, un pensiero di vitalità perché vivere è come bere acqua a grandi sorsi, secondo quello che la signora Yoshimoto sostiene. Tra il mondo delle idee, la realtà tangibile e la dimensione del sogno, la scrittrice giapponese mostra la tormentata vita di alcune persone, inserite perfettamente nella società, eppure custodi di capacità straordinarie, insegnandoci così ad apprezzare le nostre vite e a cercare la felicità, il piacere di vivere anche delle piccole cose, come ad esempio in un tramonto spettacolare.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010