Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
14ª edizione - (2011)

Grazie Italo Svevo

Una pagina bianca. Davanti a chiunque apra un documento Word si apre una pagina bianca.
O hai in mente cosa devi scrivere, una relazione, un tema scolastico, un curriculum, o la pagina bianca fa paura. È l’ordinatissimo e semplice caos bianco dei pensieri di chi si appresta a comporre. Lei si trova lì, davanti al suo computer, ha una scadenza da rispettare e deve scrivere qualcosa.
Sì, deve, perché il suo sogno è proprio essere un sogno per qualcun altro. Quando apre un libro e lo legge, o lo studia, sente dentro un fuoco che divampa, disinfettandole la mente da tutti i pensieri. Davanti a un libro Lei ha un solo pensiero: il libro, le parole del libro, gli artifici retorici dei suoi scrittori preferiti, quello che comunicano. Una sensibilità superiore. È così che vorrebbe essere, vorrebbe scrivere fiumi di appassionanti parole su una vita sconvolgente e affascinante, al limite dell’inverosimile, che lasci il lettore con la bocca aperta e gli occhi luccicanti. Vorrebbe scrivere di vite solitarie, di uomini e donne che non hanno più nulla da perdere, che non troveranno mai la felicità ma che la cercano continuamente e in ogni cosa perché ci credono, perché ciò che hanno letto li ha resi capaci di vedere oltre alle mura grigie della città, oltre all’orologio e alle sue lancette che battono inesorabili i secondi, che passano e non si fermano, e loro corrono, giù per le scale, sul pullman, poi il tram, poi la metro, poi la corsa a piedi, il clacson, il semaforo rosso, la fretta e l’orologio che picchia, tic toc, tic toc, tic toc.
Nella frenesia della vita quotidiana e dell’evidente impossibilità di giungere a ciò che si desidera, Lei pensa al suo libro. Alla bellezza e al suono delle parole, alle simbologie che si nascondo dietro le metafore, alla vasta e sterminata cultura di quegli uomini e di quelle donne che lei chiama “Sogni”
Per questo la pagina bianca è caos. Perché a fine stesura vorrebbe trovarsi davanti una pagina degna di ciò che scrivevano i Sogni. Qualsiasi cosa venisse fuori dalle loro penne era un brivido, una pulsazione, un rimedio, una lacrima; la dimostrazione che forse una sensibilità superiore nello scrivere certe cose, e una superiore per capirlo, esistevano davvero, e che il mondo non è semplicemente il muro grigio, la metro e il tram. O l’orologio.
Intanto lui è sempre protagonista perché i minuti passano, le mezz’ore, le ore, tic toc, tic toc. E la scadenza è sempre più vicina. E Lei è intonsa. Sia Lei che la pagina. Un punto di contatto. La sua mente è come la pagina. Ci vagano sopra parole che vengono scritte e poi cancellate, e poi di nuovo scritte. Così come nella sua testa vagano frasi e frasi di testi letti in classe, studiati a memoria, parole profonde che lasciano il segno e fanno riflettere. Forse obbligarsi a sedere davanti a una pagina bianca non è il modo migliore per scrivere qualcosa che sia all’altezza delle sue aspettative. Il sogno di raccontare di una vita continua a svolazzarle davanti come una tenda mossa dal vento. Fissata in cima, ma in continuo movimento, quindi imprendibile. La luce del sole ne fa apparire le trasparenze e i colori. Ma resta lì, è bella ma sulla pagina bianca serve il nero.
L’ultimo tentativo. Apre l’antologia e cerca quella frase.
Ecco l’ispirazione. Era lì. È stata lì di fianco a lei per tutto questo tempo e non se n’è mai accorta. La cercava con insistenza nella vita di qualcuno che avrebbe dovuto inventare, o nella vita di qualcuno che già qualcun altro, anche molto meglio di Lei, aveva già rubato. Forse il segreto era proprio rubare la propria di vita per farne un romanzo eccezionale. Da lì sarebbe nato il miglior capolavoro che avesse mai potuto plasmare. Poi avrebbe potuto scriverla, o trarne spunto per quanto di fantastico avesse in mente, ma il punto di partenza era lì. Start, Chiudi sessione, Arresta il sistema. La pagina bianca era improvvisamente sparita, così come Lei fuori dalla sua casa.
Con una malinconica determinazione ripeteva a sé stessa la frase: - E sperava di vivere il romanzo che non sapeva scrivere.
(Senilità, Italo Svevo)


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010