Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
2ª edizione - (1999)

Un'esperienza di lettura

Molte opere hanno bussato alla mia porta e ogni volta ho rifiutato loro l'entrata, scorgendo immediatamente una qualche stonatura. Avrei potuto accettare ogni libro, ogni canzone, ogni film che giudicassi eccellente anche se estraneo al mio essere, ma ho voluto aspettare, con gli occhi chiusi, che il mio cuore palpitasse assaporando lo stimolo proveniente dall'opera giusta - che non doveva essere perfetta, ma semplicemente e straordinariamente emozionante. Così è stato.
Il profumo dell'aria nebbiosa di Scozia
penetra in ogni fibra del mio corpo,
che è come risvegliato da un lungo sonno.
Le nubi, alte nel cielo, si uniscono frenetiche
per poi subito lasciarsi in una danza infinita
dettata dalla ritmica musica del vento,
caro amico portatore di antiche leggende.
Dalle profondità di un tempo che è passato
riaffiora alle menti degli uomini
il ricordo di un valoroso guerriero,
combattente per un amore e una libertà perduti.
A questa visione il mio spirito ricomincia a pulsare,
come se avessi bevuto un filtro magico,
come se un demone fosse entrato nel mio cuore.
In lontananza vedo uomini disperati e folli
alla ricerca di un tesoro più grande della loro stessa vita.
Sento riecheggiare grida selvagge traboccanti d'odio;
un odio che si trascina inesorabile tra le paludi della storia
e che è arrivato a stregare il cuore di umili ed ignari schiavi.
E improvvisamente mi trovo scaraventata nella mischia,
una terrificante pugna d'altri tempi,
e combatto ferocemente accanto a uomini d'animo nobile.
Ma ecco che tutto tace nuovamente
e mi ritrovo a vagare spettrale tra carne e sangue;
solo qualche gemito taglia la spessa cortina di silenzio
e con gli occhi allucinati osservo l'immane sterminio:
una nuova vittoria, una nuova sconfitta.
Il sole scompare all'orizzonte
seguito da mille e più fantasmi di guerra;
scruto meglio il teatro della battaglia
e vedo aggirarsi nell'oscurità un'ombra inquietante:
è l'ombra di uno spirito indomito
che per sempre attraverserà i sentieri della schiavitù
tentando di scuotere animi e risvegliare coscienze.
Non so per quale strano motivo abbia scelto Braveheart- un film così famoso, che alcuni esperti di cinema giudicano scontato e inutilmente idealista-; forse è entrato nel mio cuore perché in una realtà così fredda e cinica è necessario per sopravvivere un po' di inutile idealismo, anche se si tratta soltanto di finzione cinematografica. Credo che la nostra società stia affondando lentamente proprio perché ormai persino gli ideali possono essere comprati e poche persone credono ancora nella loro effettiva utilità.
Pensando al significato di questo film sento che una rabbia ardente risale dal profondo della mia coscienza e nella mia mente riecheggiano le sue urla impotenti, mi incitano alla ribellione dalle catene che ci avvolgono fin dalla nascita. Forse sono infantili le emozioni e le intense sensazioni che provo vedendo questo lungometraggio e forse ha ragione chi critica i miei trasporti d'animo; nonostante la mia mente, così razionale, continui a ripetermi che non possono esistere ideali tanto potenti da unire uomini ignoranti e da sempre schiavi/carcerieri di altri esseri umani, il mio cuore viaggia sull'onda di valorosi passati che hanno urlato al mondo la loro sete di giustizia e di libertà. Penso a umili contadini privi di ogni diritto e affamati da tasse troppo onerose, che combattono armati del solo coraggio derivato dalla disperazione; rivivo ogni rivolta consacrata in nome della libertà, della sopravvivenza, di una vita più umana. Dai tempi di Spartaco alle lotte che ancora oggi riempiono le strade del mondo e delle nostre città, gli uomini sono divisi tra due schieramenti: da un lato i perenni vincitori e dall'altra parte i perenni perdenti. Resta da stabilire chi vince e chi perde realmente. Vedendo le immagini dei rivoltosi scozzesi -ignorando se tutto ciò sia avvenuto realmente- non osservo la lotta di un unico popolo, ma rivedo ogni rivoluzione della storia: vi è un unico comune denominatore.
Questo leggendario William Wallace - se è veramente esistito - era soltanto un uomo, né più coraggioso né più codardo di altri: la differenza è che quasi tutti gli esseri umani rammentano solo il timore e si convincono di non poter divenire degli eroi. Come ha scritto Luis Sepùlveda  vola solo chi osa farlo, ognuno di noi possiede delle ali, ma troppo spesso ci scordiamo di saperle usare e quindi, invece di attraversare veloci infiniti spazi di cielo, preferiamo camminare lenti e sicuri su sentieri da sempre percorsi.
Le mie parole non sono un rimprovero ad un'umanità che mi è estranea, poiché mi comprendo nella massa di coloro che hanno più paura che coraggio, ma capisco anche che dovrei cercare di cambiare il mio atteggiamento.
A volte mi ritrovo a fantasticare su eventuali ed improbabili lotte studentesche: mi immagino sul tetto della mia scuola, con altri folli, urlante che la rivoluzione che farebbe impallidire il movimento degli anni sessanta.
Creo un mondo verosimile ove sono la protagonista di eroiche battaglie già perse in partenza. Peccato che non sia ancora riuscita a tradurre in realtà tutto questo. Certo mi sento un po' William Wallace quando discuto con insegnanti ottusi o quando mi ritrovo in una manifestazione più violenta del previsto, ma il confronto non regge. Sogno di fare grandi discorsi come l'eroe scozzese, ma poi mi ritrovo a urlare in un megafono parole sterili e sconnesse a cui nessuno presta attenzione: continuo a sperare che coloro che mi circondano presto si destino dal loro stato sonnambulo, ma scrutando l'orizzonte vedo solo sguardi spenti, per indole o per costrizione.
Uomini come Wallace e i suoi fedeli compagni non intraprendono giochi infantili lottando contro le ingiustizie, ma soltanto chi osa credere con la semplicità di un bambino all'attuabilità di un sogno può trasformare la realtà: lo stesso eroe scozzese afferma di stare vivendo un sogno.
Un giorno mi è capitata l'occasione di parlare di questo film con un ragazzo- molto intelligente, molto razionale, poco propenso alle fantasticherie- che sosteneva di non aver alcun desiderio di vedere quest'opera cinematografica essendo questo un film troppo fantasioso: è inconcepibile che gente barbara e ignorante combatta in nome di ideali tanto elevati come la libertà e la giustizia. Ho tentato di spiegargli le mie sensazioni, ma senza comprendermi mi ha risposto che, oltre ad essere idealista, quest'opera contiene errori storici notevoli: all'epoca non veniva indossato il kilt! Io non so se ciò sia vero- e in verità non è nemmeno di mio interesse- ed è altrettanto banale la mia risposta a provocazioni talmente superficiali e polemiche: quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito e non la luna.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010