Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
15ª edizione - (2012)

La metamorfosi

Continuava a tremare. Il sudore aveva impregnato la veste, malridotta, di quell’affannosa nostalgia di vivere, che si può avvertire solo e unicamente nel momento stesso in cui ci si appresta a smaterializzarsi, nell’aria, come vapore acqueo disperso tra la rugiada delle lacrime dei congiunti.
Vedeva ruotare tutto intorno a sé: la mente era preda di un vortice di sensazioni ambigue e contrastanti alle quali non riusciva a non pensare: per distogliersi da quello che le stava accadendo, ricercava un punto fisso nel vuoto, in cui perdersi per sempre, in modo tale da limitare il proprio strazio solo alle lacrime che sgorgavano dai suoi occhi vitrei e alle rughe, sempre più incise, che, dilatandosi e contraendosi, seguivano il ritmo degli spasimi del cuore, che divenivano sempre più lenti.
In quel punto, su cui aveva focalizzato il suo sguardo, era come se vedesse l’orizzonte o, per meglio dire, l’infinito: in quei brevi attimi, ripercorse per intero tutta la sua vita…
Mentre giaceva inerme sul suo capezzale, ormai avanti con gli anni, ripensava con dolore alla morte prematura della madre, che l’aveva lasciata quando era ancora una bambina; alla fuga di casa una volta raggiunta la maggiore età, per cercare di lasciarsi alle spalle il suo passato e la sua famiglia; al girovagare a vuoto per lungo tempo, senza una meta e senza qualcuno che l’aiutasse a non cedere alla stanchezza e alla fatica; alla sua costante forza di volontà; all’ospitalità dei Rhosen, cordiale famiglia di vecchia data; alla conoscenza dei due giovani fratelli, Marcus e Philippe; alla storia d’amore, breve ma intensa, con quest’ultimo…
Vagheggiava quei tempi lontani, rimpiangendoli… Rivedeva se stessa, giovane, bella, spensierata, che rincorreva la vita seguendo le impronte e i passi dell’amore, ombreggiata qua e là dagli amoretti di Afrodite che giocherellavano con lei, insegnandole a volare sulle ali della felicità. Rammentava anche quella volta, maledetta, in cui gli comunicò di essere cambiata, di non voler più trascorrere altro tempo con lui: il vento dello sconcerto era piombato in entrambi i loro animi… nessuno sapeva cosa fare: lui, ammutolitosi, non diede prova all’istante di alcun tipo di reazione, ma, poco dopo, scoppiò in un riso fragoroso: a stento riusciva a crederci! Lei, non dicendo una parola, voltò le spalle e se ne andò via, correndo, contro vento, in una sera di primavera.
Nel profondo del suo animo sapeva che quel comportamento non aveva in sé particolari giustificazioni: voleva semplicemente andare incontro all’ignoto, vivere di emozioni diverse di giorno in giorno e personificare così il caso e il libero arbitrio: le sue aspettative erano alte.
Si sentiva donna. Era come se avesse percepito dentro sé, improvvisamente, un impulso vitale, che l’aveva indotta all’autarchia, alla tenacia , all’audacia e alla speranza… Cercò di pensare solo ed esclusivamente al presente, insensibile al passato, ai ricordi che, bruscamente, erano soliti perturbarle la mente e che cercò con tutte le forze di reprimere anche quando, qualche tempo dopo, ricevette per il suo compleanno delle rose bianche, accompagnate da una lettera anonima che recitava:
Dove sei stata, cosa hai fatto mai? Una donna… Donna, donna, dimmi, cosa vuol dire: «Sono una donna ormai»? Io non conosco quel sorriso sicuro che hai… Non so chi sei, non so più chi sei, mi fai paura oramai, purtroppo! Ma ti ricordi le onde grandi e noi, gli spruzzi e le tue risa? Cos’è rimasto in fondo agli occhi tuoi? La fiamma è spenta o accesa…
Quelle parole non avevano suscitato in lei nessuna reazione: era protagonista di una metamorfosi attitudinale e d’animo, che si sprigionava nel motto, memore di Rudyard Kipling: Se né gli amici né i nemici possono ferirti; se tutti gli uomini contano per te, ma nessuno troppo; se riesci a far sì che un semplice minuto valga davvero sessanta secondi: tua è la terra e tutto ciò che è in essa, e, quel che più conta, sarai una donna, figlia mia.
Quello che non sapeva era che si diviene donne con l’esperienza: è minimo il limite che separa l’apice della gloria dal baratro del fallimento: un fallimento non occasionale, ma di vita…
Una sconfitta che si riversò contro di lei quando, una notte, decise di giocare tutto quello che aveva con sé, alla roulette, a dadi… nella sua mente solo un pensiero: “Se riesci a fare solo un mucchio delle tue vittorie e rischiarle in un solo colpo a testa e croce, e perdere, e ricominciare tutto daccapo senza mai lamentarti di ciò che hai perduto… tua è la terra e tutto ciò che è in essa, e, quel che più conta, sarai una donna, figlia mia”.
Perse tutto. In preda alla rovina, vergognosa di sé, pianse in continuo: non aveva pensato alle conseguenze, a quello che sarebbe stato di lei dopo l’atto fatidico; non aveva pensato che sarebbe potuta essere vittima di un gioco che lei stessa aveva inventato e di cui era protagonista.

Si rifugiò in un convento, meditò se affidarsi completamente a Dio, per ritrovare pace e serenità interiore, che tanto le mancavano… ma scelse di percorrere altre strade: voleva mettersi nuovamente alla prova, sfidare se stessa; voleva ritrovare una nuova speranza per continuare a vivere e acquisire la forza necessaria per riprendersi in mano la propria esistenza, senza più sentirsi vittima di un destino crudele, che si stava prendendo beffardamente gioco di lei.
Ritornò, per questo, nel paese natio: vide in lontananza la sua dimora… le si avvicinò, quatta, quatta, e scoppiò immediatamente in lacrime quando vide sulla soglia di casa il padre e la sorella venirle incontro: erano cambiati, proprio come lei. Si era resa conto, solo in quel momento, di quanto le fossero mancati, di come lei avesse bisogno di loro; loro che la conoscevano meglio di chiunque altro… Avvertì un senso di tenerezza e compassione quando si accorse dei capelli canuti del padre e della sua corporatura ormai esile e gracile.
Capiva solo in quell’istante quanta malinconia e tristezza aveva riversato nei riguardi dei suoi familiari, senza mai più cercarli dal momento in cui decise di allontanarsi da loro, mentre pensava solamente a sé, al proprio bene, facendosi del male da sola.
Dopo la riappacificazione coi suoi cari, si era decisa a far visita ai Rhosen, per omaggiarli dell’ospitalità di cui aveva beneficiato tempo prima.
Philippe, che fino allora aveva consumato il suo amore per lei nel silenzio più totale, provò un senso di sprezzo nei suoi confronti, quando varcò la soglia di casa. Rancore e rimorso per non averla fermata quel giorno, per non aver reagito, per non averla trattenuta con sé per sempre.
Chiudendosi ancora più in se stesso, si era dedicato, da quel momento in poi, alla stesura di un romanzo esclusivo sull’amore, Lettera di una sconosciuta: la storia di una donna che ha vissuto sempre nell’ombra e che ha deciso di rinascere in punto di morte, inviando una straziante lettera al suo amato di sempre, per metterlo al corrente delle emozioni e sensazioni provate in un’intera vita: «Permettimi, amore mio, di raccontarti tutto, tutto dal principio; ti prego, non stancarti di dovermi ascoltare per un quarto d’ora, di ascoltare chi per una vita intera non si è mai stancata di amarti». Una donna che ha amato uno e un solo uomo in tutta la sua esistenza, dalla giovinezza all’età più adulta… una donna che ha dato tutta la sua vita per ricercare perennemente un contatto con questo uomo, ma che non è mai stata riconosciuta da lui… Un amore a prima vista, che la protagonista ha coltivato dapprima come amore platonico nei riguardi dell’uomo amato e poi anche come amore fisico, anche se per brevi attimi… attimi che, comunque, hanno portato alla nascita di un bambino, loro figlio!
Una prospettiva di vita autentica, genuina, raffinata e femminile, che scava nelle profondità dell’animo umano e sulla forza imperturbabile dell’amore, alla quale è vano opporre qualsiasi tipo di resistenza.
Infatti, non appena Philippe incrociò il suo sguardo, il dolore lasciò spazio all’amore: gli occhi dell’uno sfioravano delicatamente l’anima dell’altro e il cuore, rosso come le loro gote, echeggiava nei loro animi, battiti di un amore inconsueto, ancora tutto da vivere: dovevano recuperare tutto il tempo perso!
Fluttuavano amorevolmente nel salone di casa, danzando seguendo il ritmo della musica: era evidente che non si erano mai lasciati: l’uno completava l’altro in un capolavoro d’amore che emanava lucentezza e felicità: avevano ripreso a volare sulle ali dell’amore, proprio come un tempo avevano fatto.
In breve si ricrearono una vita, la loro vita, prima perduta, ora recuperata: il futuro prendeva forma nel presente, insieme alla piccola creatura che cominciava a crescere nel grembo materno: il sogno di formare una famiglia si stava realizzando.

Sofia era cresciuta: aveva imparato a sbagliare, a capire se stessa e ritornare, infine, sui propri passi.
Volgere lo sguardo indietro, non essere dimentichi del passato, non aver paura di ammettere i propri errori o di aver bisogno di aiuto, in funzione di un domani alimentato dall’ardore di un presente consumato dalla voglia perenne di vivere e lasciare il proprio segno nel piccolo mondo che ognuno fantastica per sé e soprattutto nel mondo reale, comune a tutti gli uomini.
Lei si era resa conto che nella vita i problemi non si risolvono fuggendo: questi vanno affrontati senza esitazioni, con la stessa ferma forza di volontà che da sempre aveva fomentato il suo animo, e che le permise di vincere la Morte, capovolgendo nuovamente la sua vita per la terza volta, in una rinascita ancora più meritata delle precedenti.
Questo l’aveva resa donna!

…Distogliendo lo sguardo dal punto fermo che fissava, guardò dritto Philippe negli occhi, mentre il figlio le accarezzava dolcemente la mano: la fiamma dell’amore e della vita, che di colpo prese il sopravvento sulle tiepide acque lacrimose, scaturì in un incendio di felicità.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010