Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
15ª edizione - (2012)

Storia di un vero amore

Le donne hanno una capacità empatica maggiore, lo dice anche la scienza. Quella capacità che permette di percepire i sentimenti e di farli propri, gioire e soffrire. Forse anche dietro a un fragile foglio di carta, dietro a un personaggio che non potrà mai esistere, sveleranno qualcosa…

Il soffice tessuto purpureo ricadde sinuosamente. Nel silenzio il timoniere conduceva il veliero nel mare quieto, sotto un cielo cobalto tempestato di stelle, mentre una sottile striscia infuocata all’orizzonte annunciava l’alba imminente. Una figura esile si stava dirigendo precipitosamente verso il parapetto della nave; nel suo vestito dorato la sua corsa pareva il volo elegante di una lucciola. Gettò qualcosa nel mare. Le onde rillarono di rosso nell’oscurità, come i fuochi d’artificio quella notte…

Ricordava perfettamente quella notte, la sua prima risalita in superficie. La nave imponente, le luci, i canti e i balli, i fuochi d’artificio, il principe. Da subito quegli occhi neri l’avevano ammaliata, i suoi sorrisi e la sua risata; lo aveva osservato per tutto il tempo, nascosta fra le onde, finché le musiche erano cessate e si erano spente le luci. I ricordi diventavano poi confusi; il boato dei tuoni, i lampi che squarciavano l’oscurità, le onde imponenti, giganti furiosi che ridussero la nave in pezzi, le urla dei marinai terrorizzati, doveva stare attenta a non farsi schiacciare dalle travi di legno, il principe che sprofondava nel mare, sarebbe stato con lei per sempre, felicità, gli uomini annegano, non deve morire. Con quell’unico pensiero sorresse il principe con il volto fuori dall’acqua nella tempesta, nel buio angosciante stringeva a sé quel corpo privo di sensi, il tempo era immobile. La mattina placò le acque e fece apparire un lembo di costa; si diresse verso un meraviglioso edificio bianco, circondato da aranci in fiore, dove una piccola insenatura ospitava una spiaggia di sabbia sottile. Lì depose il principe, gli accarezzò i capelli bagnati e lo baciò dolcemente. Il cuore le scoppiava in petto a guardarlo e aspettava con trepidazione che dischiudesse i suoi bellissimi occhi. Sarebbe stata la prima cosa che lui avrebbe visto e… suonarono le campane e fu costretta a nascondersi. Da lontano vide una fanciulla correre spaventata verso il principe e chiamare soccorso, ma subito il ragazzo si svegliò e le rivolse uno sgargiante sorriso. Un tremito percorse la sirenetta; era lei che lo aveva salvato, a lei avrebbe dovuto sorridere. Il principe scomparve dalla sua vista e la sirenetta, con una smorfia di tristezza, ritornò nelle profondità del mare.

Ossessione. Passava le giornate a fissare la statua di marmo del suo giardino, che tanto le ricordava il suo principe. Si aggrappava disperatamente a quella pietra gelida come se all’improvviso quelle labbra marmoree si potessero dischiudere ed emanare un respiro caldo. In quel giardino i rami del salice piangente stavano avvolgendo impietosamente i fiori dimenticati, come l’ossessione la stava lentamente soffocando. Aveva scoperto dove era situato il castello del principe e la sera andava alla terrazza candida dalla quale il ragazzo era solito osservare la luna. I suoi occhi neri erano così belli… Aveva scoperto che gli uomini non vivono trecento anni e poi si trasformano in schiuma di mare, ma hanno un’anima immortale e una sirena avrebbe potuto acquisirne una solo se fosse diventata l’unico oggetto di amore di un uomo e si fosse legata a lui con un giuramento di eterna fedeltà. La paura di cessare di esistere la travolse nell’agonia di pensare al nulla, ma era impossibile. Voleva il suo principe e un’anima immortale. I rami cremisi ormai stritolavano i fiori che non potevano fare altro che tentare di divincolarsi inutilmente; la sirenetta annaspava in un’ossessione implacabile, che corrose i suoi pensieri fino a impadronirsene interamente.
Decise di andare dalla strega del mare. La vista di quel cadavere la tormentava ancora; dalla bocca dischiusa eternamente di quella sirenetta sembrava uscire un urlo di terrore, la posizione innaturale mostrava quanto avesse dovuto lottare prima di soccombere nella foresta di tentacoli. Il tragitto verso la casa della strega lo ricordava come un incubo, solo l’intensità del suo desiderio le aveva permesso di vincere l’immobilità della paura. Al suo arrivo la strega la stava aspettando e la sua risata la raggelò; il patto era chiaro: in cambio della sua bellissima voce le avrebbe dato un paio di gambe, ma avrebbe dovuto sopportare dolori indicibili e se il principe non si fosse innamorato di lei e non l’avesse presa in sposa, il giorno seguente al matrimonio con un’altra, il primo raggio di sole l’avrebbe trasformata in schiuma di mare.
Era al fianco del suo principe sulla terrazza candida, lui la stringeva in un dolce abbraccio e al chiarore della luna le giurava amore eterno; quel sogno si tramutò nel sospiro di un sì.

Dal momento in cui si era adagiata sulla spiaggia e aveva bevuto la pozione il dolore non l’aveva più abbandonata. Fu come se una spada l’avesse trafitta e, mentre sveniva, nella sua testa risuonava la risata della strega, la sua follia…
La prima cosa che vide furono gli occhi che tanto amava e per un attimo il dolore lancinante svanì. Avrebbe voluto parlargli, dirgli chi era e che cosa aveva fatto per lui, ma dalle sue labbra ormai non poteva uscire più alcun suono. La condusse nel castello per mano e rimase stupito dalla delicatezza di quella stretta e dall’andatura armoniosa di quella ragazza; non poteva immaginare che ogni passo per lei era come camminare su coltelli affilati e ciò che aveva nelle mani era una vita che si aggrappava tenacemente a lui con speranza.
Quella sera ballò come nessun altro essere aveva mai fatto; ormai la sua meravigliosa voce era svanita e le rimaneva unicamente quel corpo che le procurava un dolore insopportabile, e che già cominciava a odiare, ma era l’unico mezzo per conquistare il principe. Ballò nel suo vestito di seta e sembrava volare nell’aria, un volo leggero come quello di una farfalla, il corpo si fuse con la dolce musica; nessuno si accorse di quegli occhi disperati che anelavano disperatamente lo sguardo del principe.
Lo trovò. Il ragazzo rimase incantato da quella figura tanto elegante. La gioia che la riempì quando la chiamò la sua trovatella e le disse di rimanere per sempre con lui le permise di apprezzare il dolore. Quei giorni li ricordava con felicità; ognuno di quei giorni era passato accanto al suo amato e ogni giorno anche il suo affetto per lei cresceva. Le lunghe passeggiate sotto il cielo limpido, mentre il principe la ammirava sorridendo, erano memorie che le donavano serenità e anche il sentiero rosso di sangue che spesso lasciava dietro di sé non le pareva altro che un’espressione di quel sentimento che la pervadeva. Solo l’ossessione del principe per quella ragazza del tempio che lo aveva salvato gli impediva di amarla. Quel pensiero le solcava il viso con un sorriso isterico; era lei che lo aveva salvato, quella ragazza non aveva fatto niente per lui, se avesse potuto parlare gli avrebbe raccontato la verità… ma quella fanciulla apparteneva al tempio e mai più il principe l’avrebbe rivista.

Ricordava quel momento come il più bello della sua vita. Le dita del principe percorsero i lineamenti del suo viso per poi scivolare nei lunghi capelli, facendola sussultare. Il calore di quell’abbraccio le donò un senso di sicurezza che mai aveva provato; si abbandonò fra le sue braccia mentre le loro labbra si incontravano. Quella sensazione fugace la chiamò felicità. I suoi genitori volevano farlo sposare con la principessa del regno vicino, ma lui, se non poteva avere la sua ossessione, voleva amare per sempre lei, la sua trovatella.

Il suo cuore si spezzò. Mentre reggeva lo strascico della sposa e venivano pronunciate le fatidiche parole le sue orecchie non sentivano, i suoi occhi, ora vitrei, non vedevano. Avrebbe voluto piangere, ma alle sirene non è concesso e per questo le loro pene sono maggiori. Era imprigionata nel turbine della disperazione, lottava ferocemente per liberarsi dalle catene della realtà, ma quella lotta non faceva altro che farla sprofondare in un baratro di sofferenza. La principessa era la ragazza del tempio. Era bella, cordiale, perfetta e possedeva il cuore del principe. Del suo principe. Era lei che lo aveva salvato, era lei che per lui aveva abbandonato la sua famiglia, aveva rinunciato alla sua voce, aveva sofferto i dolori più atroci, era lei che il giorno seguente sarebbe morta. Avrebbe perso tutto. Tutto. Tutto. Quanto le era avverso il destino per far sì che proprio quella ragazza fosse la principessa che il re aveva scelto per il figlio? Se avesse potuto parlare, tutto questo non sarebbe successo! Perché aveva rinunciato alla sua voce? Perché il principe stava sorridendo quando lei sarebbe morta? Perché non amava lei? Come poteva chiederle di essere felice per lui? Perché non poteva nemmeno piangere? Perché? Stava annegando nella dolorosa inutilità dei rimpianti.
Il matrimonio si celebrò su una nave e seguì una festa che rassomigliava a quella che vide il suo primo giorno in superficie. Si inserì impetuosamente nelle danze, fece condurre il suo corpo dall’angoscia, ma ancora una volta tutti si fermarono ad ammirarla per la sua eleganza; solo il principe non la guardò, aveva occhi solo per la sua sposa e con lei andò a riposarsi nella tenda reale.
Le luci si erano spente ed era cessata la musica. Poche ore e tutto sarebbe finito.
Tutti ormai dormivano quando udì le voci delle sue sorelle. Perché doveva sopportare anche quella visione? Avevano rinunciato alla loro bellezza, ai loro magnifici capelli per quel pugnale lucente che stringevano fra le mani; se lo avesse usato per trafiggere il cuore del principe sarebbe ridiventata sirena e avrebbe vissuto ancora trecento anni con loro.
Non sarebbe morta! I suoi occhi furono attraversati da un barlume di follia. Doveva solo ucciderlo, a lui non era importato della sua morte. Un semplice gesto per la sua vita. Ucciderlo.

Sollevò il tessuto purpureo della tenda. Il coltello tremò nelle sue mani. I due sposi dormivano abbracciati. Sul viso del principe giaceva la serenità. Dietro quelle palpebre chiuse poté vedere gli occhi neri, che tanto amava, brillare. Non poteva farlo. In quel momento si rese conto che nulla poteva cancellare il suo amore per lui. Nessun rimpianto avrebbe mai potuto contaminare quel sentimento puro. Nel mare scuro del dolore quella luce candida sembrava così piccola, ma era così intensa da illuminare qualsiasi ombra. Un sorriso rassegnato le increspò le labbra. Andava bene così. Bastava che lui fosse felice. Sarebbe continuata a vivere nella sua felicità. Il principe mormorò il nome della sua sposa nel sonno. Fu quella l’ultima parola che udì dalle sue labbra. Quel nome fu l’ultima cosa a lacerarle il cuore. Corse follemente verso il parapetto della nave. Pregava disperatamente il mare di prenderla il più velocemente possibile con lui, voleva porre fine a quella sofferenza. Gettò il pugnale in mare. Le onde brillarono di rosso come i fuochi d’artificio quella notte… in un istante le sembrò di rivivere tutto… Si buttò in acqua.
Spuntò il primo raggio di sole.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010