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15ª edizione - (2012)

A Chiara - Lettera a una bambina che č nata (nell’Agosto del ’96)

L’ho scelto mentre facevo la doccia, il tuo nome. A un certo punto ho guardato in basso e visto la mia pancia, grande come un continente, una luna addormentata. L’acqua raggiungeva l’ombelico scivolando, ti accarezzava e formava una rete intorno a te; eri protetta come non mai. Sei sempre stata avvolta d’acqua. Chissà com’era quella dentro al mio corpo. Me la immaginavo sporca, acqua cupa e feroce, chiusa vicino all’intestino, dove l’unica emozione che si possa provare è la vergogna. Contenevo un sacco che conteneva te. Contenevo un sacco e acqua sporca che contenevano te. Ma, al contrario di quel liquido che era la tua casa, tu sei sempre stata tanto pura, innocente, limpida. Come potevo non chiamarti Chiara? Speravo non fossi femmina, ma il nome l’avevo scelto lo stesso, almeno una cosa per te doveva essere pronta in questa vita ingrata, che ti accoglie con i denti e ti cresce con le lame. Una cosa almeno, dicevo, perché qui non c’è nessuna culla ad attenderti né confetti per festeggiarti. Ci sono le mie braccia a proteggerti finché staremo insieme. Devi accontentarti, Chiara; tutti impariamo a farlo prima o poi, ma se ne sarai capace già da ora sarà meglio per te, per me, per tutti.
Questa vita ingrata, ho scritto. Che controsenso. L’ho insultata, ma io la amo la mia vita. L’ho sempre amata, anche quando mi si è spezzato il cuore e sembrava che sanguinasse una goccia alla volta, rendendo impossibile la speranza di una guarigione; anche quando ho capito che eravamo in due. Non voglio quindi che tu mi fraintenda. Amalo anche tu il tuo essere, anche se sei nata senza un posto nel mondo. La vita è la nostra occasione per migliorare le cose e a volte, magari, pareggiare i conti… Chi ero io per togliertela? Apprezza il dono di poter esistere, anche quando ti sembra una maledizione, piccina. Reclamalo questo tuo diritto; respira a pieni polmoni, mangia la neve, osserva fino a quando non ti bruceranno gli occhi dallo sforzo. Non ti perdere niente. Vivi intensamente. Io non sono tanto più grande di te, che hai assaggiato l’aria per la prima volta solo poche ore fa, ma una cosa, una sola, te la posso insegnare: goditi ogni istante, perché la vita più è consumata più è bella.
Che fine hanno fatto tutte le parole che ti dovevo confessare? A rileggere quello che ho scritto mi sembro mia madre. No, anzi, mi sembro ancora più vecchia e senza sogni. Io senza sogni? Ho diciassette anni! I sogni dovrebbero essere l’energia che spinge le mie cellule a funzionare. Il mio cuore non dovrebbe avere il permesso di continuare a pompare sangue nel mio corpo se non ho più nemmeno un sogno a cui aggrapparmi. Ne ho di sogni! Ne devo avere di sicuro! Ne ho sempre avuti! Tu in un certo senso sei uno di quelli che è diventato realtà. Ho sempre voluto essere madre. Ho sempre avuto bisogno di potermi visualizzare nel futuro a rivestire questo ruolo, come il mio stomaco vuole cibo e i miei polmoni agognano l’ossigeno. Involontariamente però, mi hai fatto capire che ogni desiderio ha un tempo per realizzarsi. Devo ammetterlo, Chiara, non è andata proprio come avrei voluto, con una casa tutta nostra e la certezza di stare insieme per sempre, con una fotografia al mio pancione ogni mese per fissare ogni nostro cambiamento e una cameretta con le pareti dipinte a tinte tenui per proteggerti, almeno per un po’, con tutta la dolcezza di cui posso essere capace, dal mondo vero. Quindi coccolali i tuoi sogni, Chiara, fino a quando non saranno pronti a diventare realtà. Sono un po’ come fiori i nostri desideri: possono crescere e sbocciare nel massimo del loro splendore solo su un terreno adatto. C’è un tempo per tutto, piccina.
Ecco, ti ho già dato un altro consiglio, quando la premessa lasciava intendere che avessi una sola cosa da insegnarti. Forse vuol dire questo essere madre: scoprirsi più esperti di quanto si credeva, tanto da poter insegnare qualcosa al proprio bambino. Madre! Io! …Com’è possibile, Chiara? Ma è tutto vero. Tu sei qui, vicina a me. Non me lo scorderò mai il tuo peso tra le mie braccia. Ti sento così mia! Ti hanno lavata con poca acqua e un sapone leggero, Chiara, e hai ancora il mio odore. Sappiamo tutte due di burro e pelle nuova. Siamo ancora uguali. Sono ancora tua, sei ancora mia, finché avremo lo stesso odore. Ti guardo, Chiara, tra un parola e l’altra. Penso e mi chiedo come tu abbia fatto a crescere così bella, nell’acqua sporca, dentro di me. Mi torna in mente il tuo pianto, appena sei nata. Vestita del mio sangue, del nostro sangue, non sapevo se pensare che stessi annunciando al mondo la tua presenza tra di noi, o se ti lamentassi perché ti avevo dato la vita. Spero che questo non me lo rinfaccerai mai, e anche che non mi odierai perché ti devo lasciare. Vorrei dirti che è una scelta fatta solo per il tuo bene; non è così, è fatta anche e forse soprattutto per il mio. Ma mi dispiace, Chiara. Mi dispiace davvero, piccina. Mi dispiace già sapere che non sarò vicina a te a insegnarti il mondo con le fiabe o per costruirti il modo più agevole per affrontare la vita: un fiume per arrivare al mare.
Ti stringo, Chiara, finché posso. Finché abbiamo lo stesso odore. Finché sei mia, mia soltanto. Poi sarai tua, padrona di te stessa. Basterà una goccia di bagnoschiuma, magari uno di quelli al limone che io ho provato una volta sola, nella doccia rotta dello spogliatoio buio di una palestra, dopo una partita di pallavolo. Me l’aveva prestato un’amica, se amica si può chiamare. Poi, quando mi ero annusata l’odore mi aveva riempito il naso, facendomelo pizzicare, mi sembrava di sapere di detersivo per piatti, ma era una bella sensazione: era bastato cambiare la fragranza nota della mia pelle liscia, con una sconosciuta, per sentirmi un’altra. Basterà una goccia di bagnoschiuma, magari anche se non sarà al limone, e saremo diverse. Saremo due estranee. Credo sia un bene. Credo che almeno in questo modo non correremo il rischio che tu faccia gli errori che ho fatto io. Se ne dovrai commettere spero che siano diversi. Spero anche che siano poco dolorosi. Spero che peccherai di originalità. Magari spero che tu cresca così diversa da me, che un giorno, guardandoti, possa dire che di mio hai solo i capelli, il naso, o magari la forma del viso.
Me lo chiedo ora, chissà in cosa mi somiglierai? Ti auguro di essere simile a tuo padre: occhi intensi, naso dritto, senza la punta rotonda con la quale termina il mio. Ti chiedi, Chiara, come sarai? Pensi? Sogni, appoggiata a me? Non vorrei svegliarti mai. Credo potremmo rimanere qui per sempre, abbracciate. Credo che potrei scriverti la mia vita, giorno per giorno; poi, quando avrò finito ti scriverei le storie che ho già scritto e alla fine ne inventerei di nuove, solo per noi. Non finirebbero mai le parole, come non sembra finire il tempo, qui sdraiate, tu su di me, senza nessuno a disturbarci. Chissà se ci riconosceremo tra vent’anni? Adesso mi sembra di sapere tutto di te; ma allora sentirò qualcosa incrociando i tuoi occhi per strada? Cosa vedrò dentro a quegli occhi? Ti vedrò stanca, saggia o magari innamorata?
Dovrei parlartene, dell’amore, bambina mia. Alcuni dicono sia la parte più bella del contratto che chiamiamo vita. Io non lo so, non lo so ancora se è davvero così. Non le ho provate tutte le sue magie e non sono sicura di volerlo fare. Ne ho un po’ paura. Persone che non hanno mai visto il tuo viso, mi hanno insegnato che le cose più belle hanno un prezzo crudele. Se c’è una cosa che ho capito e che anche lui, l’amore, come i sogni, è un fiore: una questione di momenti. Ama tu per me. Ama tu per me, ma per te stessa e qualcuno che se lo merita davvero; se il tuo amore lo vale, anche se magari non lo ricambia, non lo stai sprecando, piccina.
Hanno ragione a dire che i figli sono i mezzi dei genitori per rivivere la vita. È vero che, per adesso, tu esisti per me, per concretizzare i miei con il senno di poi… e i se…, per portare a termine tutto quello che ti ho scritto, come se ti stessi cucendo addosso una missione. Ti sto buttando sulle spalle il mantello opprimente delle opportunità che ho perso, il fardello pesante delle mie scelte. Che tirannia. Pensi che sia sbagliato che io ti scriva questo manuale di istruzioni? Ciascuno dovrebbe avere l’opportunità di cadere, sbucciarsi le ginocchia e continuare a correre sul terreno che ha deciso. Perché allora fin da quando nasciamo ci vengono imposte le scelte degli altri? Perché ti ho fatto mettere questa stupida tutina gialla con una grande ape morbida sul cuore? Magari tu odi il giallo! Magari hai paura delle api! Magari immersa nel sonno urli con tutta te stessa di voler essere indipendente! Indipendente. Che bella parola! Che bello sarebbe essere indipendenti nella maniera più totale! Quando si è indipendenti si è liberi! Sii indipendente, Chiara. Non nel senso di padrona di quell’autonomia che manca ai bambini, quella di sapersi gestire, sopravvivere senza aver bisogno di nessun altro. Bambina: sii indipendente dimostrando di poter contare anche solo su te stessa quando sarai triste o in difficoltà, solo sulle tue risorse quando avrai un problema. Questo non vuol dire che per essere indipendenti si deve rinunciare ad avere amici o qualcuno che ci appoggi, ma ognuno vede il mondo a modo suo, quindi solo tu saprai le parole migliori per consolarti e ritrovare la speranza. Sii indipendente come persona, per tutto il tempo che passerai sola con te stessa. Sarà tanto, quante volte nemmeno ci accorgiamo di essere di fronte a noi stessi! Quante volte non notiamo i pensieri che come una palla passano da una parte all’altra della nostra testa, seguiti da altri e altri ancora a centinaia! E sii autonoma come donna, perché malgrado ciò che si dice dobbiamo ancora dimostrare di essere all’altezza di questo mondo, cambiare la realtà che la nostra storia è fatta di vuoti e silenzi, che è una storia di mancanze, come se non avessimo risposto all’appello in tutti quegli anni.
Sii tutto questo, sii indulgente con chi ne ha bisogno e giusta nel punire chi se lo merita.
Sono felice di averti messa al mondo, Chiara. Sono felice di averti fatta nascere. Nascere per essere anche tu felice, libera, buona, per batterti in nome della felicità, della libertà, della bontà. Nascere per tentare, sapere, scoprire, inventare. Per non morire.
Sono felice di aver lottato con te e per te.
Con te e per te.
Con te e per te.
Essere, crescere e imparare saranno le tue responsabilità da ora. Non lasciarti intimidire. Ricordati che hai tutte le carte in regola per giocare con la vita. Ricordati che sei meravigliosa.
Magari un giorno me la scriverai anche tu una lettera, una lettera di emozioni vivide, cieli azzurri, acqua fresca e salata. Magari un giorno la scriverai anche tu una lettera, senza rimpianti, a una donna che non conosci abbastanza.
Una lettera a chi ti ha dato la vita.
Non posso immaginare niente di più bello della felicità, per te. Quindi te la auguro tutta, tutta quella che c’è al mondo.
Perché sei la mia bambina.
Anna.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010