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15ª edizione - (2012)

Gertrude, la monaca di Monza

La monaca di Monza è considerata da Manzoni uno dei personaggi più importanti e rappresentativi del romanzo I Promessi Sposi, tanto da dedicarle due capitoli. È un personaggio unico e lo si capisce sin dalla prima descrizione.
Costei è figlia di un signorotto spagnolo che si era trasferito in Italia per intraprendere la carriera di governatore della regione in cui si trovava la cittadina di Monza. È sin dall’infanzia destinata a prendere i voti e intraprendere la strada della monacazione, poiché il padre, non volendo disperdere le sue ricchezze, ha deciso di lasciare in eredità al figlio primogenito tutto il suo patrimonio e di portare a diventare uomini di chiesa tutti gli altri figli. Il padre è un tiranno che non lascia spazio a emozioni e tenerezze; per questo Gertrude cresce tra la coercizione. Inoltre manca di amore dei suoi genitori e dei suoi fratelli; per ovviare a ciò, la ragazza crea attorno a sé un mondo tutto suo, basato essenzialmente su sogni e prospettive future. Manzoni definisce ciò splendido ritiro, ma in realtà ciò è causa di debolezza perché non le permette di vedere la realtà.
Nel corso della vita precedente alla monacazione forzata, Gertrude è più volte passata dal cedere alle insistenti richieste della sua famiglia, come nel caso della lettera scritta al convento per esservi accolta e nel colloquio con il vicario, alla resistenza, seppur timida, per cercare di avere il libero arbitrio del suo destino.
All’inizio dei due capitoli dedicati a Gertrude si ha una sequenza descrittiva, dalla quale si può trarre una caratterizzazione di tipo esteriore: Manzoni la descrive come una ragazza sui venticinque anni e che faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita e direi quasi, scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto alquanto dal viso; sotto il velo, una bianchissima benda di lino cingeva, fino al mezzo, una fronte di diversa, ma non d’inferiore bianchezza; […] che si stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d’un nero saio. È una presentazione diretta, in cui si nota un gioco di antitesi coloristica tra nero, come il velo, il saio, e bianco, come la benda e la fronte. Sono colori forti dal punto di vista visivo, oltre che simbolici, poiché rimandano a elementi antitetici del carattere di Gertrude, sempre contraddistinto da atteggiamenti contrastanti.
Durante la stesura originale del romanzo, Manzoni aveva dedicato alla monaca di Monza nove capitoli, mentre in seguito alla rielaborazione venne attuata una drastica riduzione che ha portato la digressione riguardo a Gertrude a occupare due capitoli, il nono e il decimo. Le viene offerto così tanto spazio anche perché è un personaggio con una caratterizzazione psicologica molto particolare.
La sua singolarità ci viene presentata sin da subito, tramite una sequenza articolata e mista, esercitata attraverso sequenze estremamente analitiche. Per esempio, nei colloqui con Lucia e Agnese, con il barrocciaio e il padre guardiano, non viene mai chiamata con il suo nome, ma con il nome di signora; ciò è molto strano, poiché si parla comunque di una suora, una persona conosciuta e di cui si deve avere riverenza, non sottomissione. Da questa caratteristica è possibile capire quanta influenza abbia Gertrude sia all’interno del convento, sia nei dintorni più prossimi a esso. In secondo luogo, già dalla prima presentazione indiretta si crea un alone di mistero intorno alla sua figura: nelle stesse parole proferite dal padre guardiano nella frase gran cervellino che è questa signora. Inoltre le parole dello stesso barrocciaio la presentano come una monaca ricca e giovane e che appartiene a una ricca famiglia spagnola assai importante che ha molta influenza sul convento. Quando Agnese e Lucia entrano nel convento, Manzoni offre una descrizione quasi claustrofobica; il convento è un luogo che diventa una prigione per la monaca, mentre per Lucia sarà un rifugio.
Un’altra presentazione indiretta, che delinea però i suoi tratti morali, avviene tramite le parole della stessa monaca nel primo colloquio con Lucia: infatti non sembra comportarsi da suora, chiedendo particolari sulla sua storia con Renzo che di norma una suora non dovrebbe chiedere, per esempio la strana curiosità di conoscere quali pericoli incombano su Lucia, i dubbi sul rapporto di persecuzione di Don Rodrigo nei confronti di Lucia e i giudizi nei confronti dei genitori delineano una conoscenza approfondita del mondo, che la porta a vedere in ogni circostanza l’aspetto losco e maligno e di pensare sempre in negativo, contrariamente alla proprietà caratteristica dell’indole di Gertrude. Un altro elemento particolare è che zittisce spesso Agnese. Questi elementi permettono al narratore onnisciente di aprire una lunga digressione sul passato.
Nella descrizione della sua infanzia, Manzoni usa volutamente una scala cronologica proprio per far capire al lettore i meccanismi di coercizione che l’hanno condotta alla monacazione.
Manzoni da un punto di vista prettamente umano la comprende, perché la definisce donna del suo tempo, e quindi oppressa, ma non la giustifica, in quanto le obbietta l’incapacità di volere e di assumersi una decisione propria. Cioè per Manzoni il libero arbitrio, cardine del suo credo cattolico e illuminista.
Altra cosa che le obbietta è il fatto che, pur essendo obbligata alla monacazione, non abbia colto l’occasione per conoscere il conforto che deriva dalla vicinanza con Dio. Essa è persa nel proprio astio, e tutti questi elementi la porteranno a tradire Lucia.
La donna ricerca affetto e prova odio per non averlo ricevuto; quand’è immobile si può pensare che sia solo svogliata, ma c’è la possibilità di pensare in lei il dolore di una tragedia. La sua immobilità è però in antitesi con i movimenti repentini che compiono i suoi occhi e la sua fronte, che si corruccia e si distende spesso.
Nella sua vita Gertrude ha subìto sempre il volere degli altri, eppure non è mai stata capace di opporre resistenza con il passare del tempo; anzi essa nel corso della sua vita cede progressivamente ai condizionamenti altrui a causa della sua fragilità interiore. Questa è accentuata dalla sua propensione a distaccarsi dalla realtà, perdendo di vista il vero valore morale.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010