Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
15ª edizione - (2012)

Statue of Liberty

Parigi, ottobre 1884.
Una donna attende assieme a migliaia d’altri individui d’essere imbarcata. Non è una donna come tutte le altre, è molto alta e bella, ma non è il suo aspetto fisico che la rende tanto speciale. Lei sicuramente non lo sa, ma è destinata a diventare molto, molto famosa, più di qualunque divo di Hollywood o musicista blues o jazz.
Non beve nulla, non mangia nulla: del resto come potrebbe? La sua situazione è paragonabile a quelle di milioni di persone che da quel periodo in poi cercheranno fortuna dal vecchio zio Tom. E sanno che per arrivare dove sperano solcheranno un oceano, un oceano tutto particolare fatto di paure e superstizioni, ma anche di speranza e voglia di ricominciare una nuova emozionante vita. Che mi crediate o meno, per tutte quelle persone la nostra donna, così insignificante all’inizio, diventerà un punto di forza, un simbolo, ecco.
Perché la nostra signora, nonostante stia partendo verso l’ignoto, raccoglie dentro di sé l’ideale di accoglienza tanto bramato da chi, al termine di un viaggio senza fine, avvista la tanto agognata terra narratagli come l’Eden celeste per tanti anni: l’America.
Non c’è una ragione assoluta del perché debba essere così, né gli è stato impartito un ordine in tal senso: diciamo che sa solo cosa deve fare, non conosce il motivo per cui è stata generata, ma il destino che la attende, quello sì.
Ma attenzione, finalmente tutte le attese sono placate: la stanno imbarcando. Come a tutti le viene assegnato un posto sulla barca, non troppo comodo né lussuoso. Non che sia povera o bisognosa, certo: lei i senzatetto li accoglie, non li emula.
Tutti sulla nave la guardano, sussurrano: «L’hai vista? Non è quella che sul giornale…».
Sulla nave non c’è nessuno che non ne abbia sentito parlare, eppure fino a quel momento lei ha fatto poco o niente. Tutti però ripongono in lei la fiducia di un cambiamento della propria vita.
Ormai la nave è salpata, siamo in pieno oceano. Il mare è burrascoso tanto da rendere il ponte impercorribile. Tutti stanno male, eppure lei, la nostra donna, non si scompone. Forse pensa piuttosto al suo avvenire, cerca di immaginare altre persone come lei, portatrici di tali valori. Non sa quante come lei ne nasceranno veramente, non può conoscere come nel futuro si guarderà faccia a faccia con sua sorella da una parte all’altra dell’oceano, quasi a unire due mondi che appaiono divisi da lotte, intolleranza, diffidenza. Lei, come la sua corrispettiva, sarà lì per abbatterli, questi muri di pensieri maligni. Ma ancora non lo sa.
Attenzione! Attenzione! Scampato pericolo. La nave stava per capovolgersi, ma è troppo importante ciò che trasporta perché i flutti se la prendano. Troppo importante per gli americani, che la attendono a braccia aperte, ma anche per i suoi conterranei, perché per molti lei, così timida da non muovere un muscolo, è il simbolo di un’unione tra due nazioni che fanno della democrazia un dogma inscindibile. Forse non tutti la pensano così, alcuni si occupano solo del lato politico dell’affare, ma non sono costoro che contano. Credono che le cose possano essere fatte per compiacere qualcuno o per meri interessi economici, ma per milioni di persone queste cose non sono importanti, serve loro solo qualcosa in cui credere.
Quando le cose si mettono male tutti gli uomini si rifugiano sempre in un pensiero positivo, come l’amore, l’amicizia o la fede, ma nessuno tra essi li medita come semplici concetti: così per l’amore ognuno vede l’amato o l’amata, un cuore, un regalo e così via. Occorre un simbolo che rimandi a ciò che è troppo grande per l’intelletto umano.
«Terra, terra!», «L’America!» gridano i passeggeri alla vista dell’agognata meta.
Tutti sorridono e gioiscono, eppure molti di loro non hanno famiglia che li aspetta, moglie o marito che li attende. Per fortuna la nostra donna è ben attesa. Appena scesa, subito le si accalcano attorno diverse persone, l’accoglienza è calorosa. Sembra che la città di New York sia più in subbuglio per una singola donna che per le milioni che sono sbarcate e sbarcheranno.
Dopotutto gli emigranti sono il motore della potenza statunitense, perché non accoglierli come eroi? Semplice, i cittadini li ritengono quasi delinquenti, venuti a far fortuna nel nuovo continente. Non vi sono ancora la tolleranza e l’accoglienza che sarà inaugurata in quella terra proprio dalla nostra signorina, il futuro simbolo di questi sentimenti fraterni.
Viene condotta in una dimora temporanea, la sua abitazione non è ancora stata scelta o è in via di costruzione. È una dei pochi che ha una casa ma una dei tanti che deve aspettare il momento. Comincia ad abitarci, ma la casa non è finita, inoltre è una persona importante e la gente che conta si aspetta almeno un’inaugurazione.

New York, 28 ottobre 1886.
Il giorno fatidico è arrivato. Ci sono tutti quanti, persino il presidente si è mobilitato, aspettano di accogliere con sfarzo un personaggio di tale peso. Quel giorno, a Bedloe’s Island, New York, proprio di fronte al porto, nessuno vuole mancare, forse perché ci si accorge che potrebbe cambiare il mondo tale evento, forse perché sanno che quella donna diverrà un simbolo dell’America nel mondo, un simbolo di accoglienza, perché proprio come lei, straniera, sarà amorevolmente accolta, lei stessa accoglierà i viandanti del mare con la sua luce, quasi a dire: Benvenuti, l’America vi accoglie. La costruzione è ultimata, anche lei è stata vestita e ornata con minuziosità, i preparativi sono stati studiati nei minimi dettagli. Porta una corona, la corona di mari e continenti, e una torcia, che possa gettare la luce della libertà su chi arriva dall’oceano.
È il momento. Il presidente legge il suo discorso, spiega le scritte: 4 Luglio 1776, perché è quello il giorno in cui la nostra nazione nacque e perché quel giorno un piccolo scritto rese gloria alla libertà e alla Repubblica, con la speranza che questi valori non muoiano mai. Tutti applaudono a un discorso tanto altisonante eppure denso di verità. Il momento della commozione invece viene dopo.
Una signora, anche lei immigrata, ha dedicato una poesia a questa donna, che recita: Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste a me, e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.
Da quel momento la nostra donna non fu più la stessa, perché cominciò a fare ciò che la poesia recita, e tuttora di sicuro lo fa, il suo nome è una garanzia di ciò: Statue of Liberty.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010