Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
16ª edizione - (2013)

Questo è un vano tentativo di dare un titolo a ciò che per me è il futuro

Futuro? Ok aspetta, chiaritevi. E, per favore, non mettetemi ansia. Allora, cosa intendete voi per futuro? Per me il futuro non esiste. Esistono alcuni tipi di futuro che hanno varie possibilità e modi di realizzarsi. Chiaro, no? No.
Lo sapevo. È complicato da spiegare così, su due piedi. Ora tenterò di essere breve. Ma conoscendomi, non sarò né breve né illuminante. Forse però, leggendomi, a qualcuno scapperà un sorriso e questa per me sarebbe già una bella vittoria.

Ho individuato quattro tipologie di futuro. Il primo che mi viene in mente è il futuro che scandisce le nostre giornate e ci fa da calendario. “Domani c’è la verifica”, “Tra un mese siamo in vacanza”, “Ancora un’ora e poi posso rimettermi ad ascoltare la musica”. Questi sono i pensieri che riguardano il futuro di questo tipo. E, inconsciamente ci pensiamo tutti. Per mia nonna saranno le partite a bridge con le amiche, per mio padre le riunioni, per me le verifiche e le uscite. Pensando solo ed esclusivamente nei termini di questo futuro, se mi è andata bene l’ultima verifica di matematica, a giugno il mondo potrebbe anche finire perché dopo è tutto racchiuso in una parola, che penso piaccia anche a voi: vacanze. Questo futuro è rassicurante e a suo modo prevedibile anche negli imprevisti che potrebbero ostacolare il suo compimento. So che domani c’è la verifica di arte. Ho poche chanches che la verifica salti ma se così fosse, sarebbe perché la prof. non c’è.

Futuro numero due: quello che penso debba essere il futuro che intendete voi, il futuro classico. Quello per cui tento di farmi il mazzo a scuola, quello che alla mia generazione non è garantito.
È il futuro più meramente legato a una cosa: soldi. Perché chiedere «qual è il tuo sogno nel cassetto?» e «qual è il tuo modo ideale per guadagnare soldi?» è la stessa cosa. Molti non condivideranno quest’idea, ma per me è così. È quel futuro per il quale la società mi sta stressando in maniera inimmaginabile «Fai questo!», «Sii come la signora Tale». È il futuro più noto, quello a cui si pensa consciamente. Il mio in questo caso è - ma guarda un po’! - diventare scrittrice.
Ma non perdiamoci in questo, ve ne devo parlare dopo.

Ora c’è un futuro che mi sta particolarmente a cuore. Preparino i fazzoletti le signore che qui rischio di diventare peggio degli Harmony. Eh, sì perché sarò solo quindicenne, sarò solo in seconda ma ci sto già pensando. A cosa? Be’ a cosa succederà fra me e lui. Ok, siamo la coppia collaudata della classe e bene o male secondo i pronostici, finiremo le superiori facendo ancora i piccioncini. E lo so, che mi sto facendo troppe menate, ma è decisamente da me farle. Io voglio andare a studiare per lo meno in Francia se non in Canada, lui da qui, dall’Italia non se ne vuole andare. Come faremo? E se ci lasciassimo? E se durante la nostra ipotetica relazione a distanza mi tradisse? Ora devo smetterla. E se comunque trovasse un’altra, anche subito senza aspettare il Canada? No, ok ora smetto, è che il suo pensiero è leggermente deconcentrante. Comunque, per chi non l’avesse capito è il futuro legato all’amore, all’affetto, ai legami (e qui intendo sia parenti e amici ma anche fidanzati & Co.).

Ora c’è il futuro più complicato, quello dal quale si può capire che sono completamente pazza. Quello a cui penso guardando fuori dalla finestra o fissando gli occhi del mio poster di George Harrison. Quello in cui non si deve incappare con la mente quando il prof. spiega il piano cartesiano o la relazione tra PdR e gli altri poteri. Quello che mette tristezza, ansia, ma anche una certa curiosità. È quello di cui parlano le religioni, quello che ci attende tutti. Piante, animali, galassie. È la morte, detto chiaro e tondo. Ma non è la morte in sé bensì ciò che c’è dopo. Per alcuni c’è la divisione Inferno/Paradiso/Purgatorio, per altri la reincarnazione, per altri ancora il nulla.
Apriamo una piccola parentesi sulla mia religione (a me non piace chiamarla così, perché non penso sia una religione bensì un modo di parlare con Dio). Teoricamente sarei atea. Ma per me un Dio c’è. Ha diversi nomi, diverse forme. Gesù, Krishna, Allah. E tutti lo venerano in modi diversi. Alcuni lo ignorano, altri ne fanno oggetto di un fanatismo insano. È sempre presente ed è accanto a me per ascoltarmi e aiutarmi a scegliere le decisioni. Ma non è che mi dica “Fa’ così o sarai dannata”, è più come un qualcuno che durante l’interrogazione di storia mentre stai sbagliando una data, ti assesta una gomitata e ti fa dire quella giusta, quella che comunque era già nella tua testa. Anche se è onnipresente gli parlo quando mi va e in questo (come con la musica) vado a periodi. Un periodo gli parlo ogni sera, un altro una volta al mese. Comunico con lui in inglese, perché francamente è una lingua più semplice e con la quale riesco a esprimere meglio quello che provo. Di solito parlo con Dio al buio, chiamandolo un po’ coi nomi che mi capitano: Vishnu, Ciccio… Molto spesso, anche se vorrei parlargli a voce alta, le mie conversazioni con lui avvengono tutte nella mia testa, perché se gli parlassi a voce alta chiunque potrebbe darmi della pazza, senza avere alcun torto.
Detto ciò secondo me dopo la morte l’anima sopravvive. Non so bene in che luogo vada, ma rimaniamo noi stessi. Sarà un posto dove non ci sarà più male, spero. Spero che sia anche un posto dove io potrò incontrare persone che qui non ho avuto modo di conoscere bene, o che non ho conosciuto affatto. Il nonno, il cane di famiglia, Jim Morrison…

Un’altra precisazione sul futuro. La vita si divide in due modi di vivere e io li mischio molto: l’essere presente con la mente (quello che per i buddhisti è la via per il Nirvana) e il non esserci. Il non esserci, badate bene, non è vivere in modo irresponsabile, è non pensare al futuro perché onestamente t’importa solo dell’attimo che stai vivendo. Quando si bacia qualcuno, quando si piange, quando si sta guardando un film emozionante.
Per me include anche le seguenti situazioni:
leggere
scrivere
suonare la chitarra
assistere a un concerto
guardare una partita di rugby
passare la notte in bianco
mangiare qualunque cosa contenga cioccolato
studiare storia dell’arte.

I momenti in cui si è presenti invece sono per la maggior parte momenti di serietà o tristezza. Immaginate la situazione, mettetevi nei miei panni in una delle mie giornate più nere. Ho appena preso quattro in matematica e domani c’è il test di lessico di francese e io non mi ricordo il lessico della stazione. Sto tornando a casa in metro. Sento che ogni centimetro del mio corpo è a contatto con qualcosa: con il sedile della metro, con la tela delle Converse, con il braccio flaccido della vecchietta che spettegola con l’amica, con l’aria. E fissando intensamente ciò che ho davanti a me, senza vederlo inizio a pensare: “E se domani prendessi un’altra insufficienza?”, “Se diventassi una scrittrice fallita costretta a ripiegare con sdegno sull’insegnamento?”, “E se saltasse fuori che sono bravissima nel suonare la chitarra e diventassi musicista?”, “Se partissi come fecero Everett Ruess e Christopher McCandless?”, “Se mandassi tutto a f*****o?”

E ora, il mio futuro, i miei piani/sogni. Vorrei diventare scrittrice. Sorpresi? Non penso. Ma prima di fare ciò devo fare un sacco di cose. Devo tornare in Irlanda, devo prendere quel maledetto pezzo di carta chiamato diploma, devo andare in Canada all’università, devo vincere la mia timidezza, devo imparare a mettermi le ciglia finte e voglio imparare a memoria altre poesie che mi piacciono. Devo far assaggiare a qualcuno che mi chiede perché mai sono vegetariana un piatto di hummus e falafel, devo finire quella sciarpa che sto lavorando a maglia. Devo imparare a riconoscere un paio di costellazioni e iniziare a studiare filosofia. Devo iniziare a fare recitazione, devo ricominciare a nuotare e devo imparare a non andare in ansia per un esame di solfeggio.
Sono piccoli obiettivi che mi pongo, che quando raggiungo danno tanta soddisfazione. Se non li raggiungo, be’ la vita va avanti.

Penso che questo sia tutto.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010