Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
16ª edizione - (2013)

Il futuro che vorrei

«Hei Peeta… Cosa sarà di noi, delle nostre famiglie, della nostra città, dell’intero mondo: come sarà il nostro futuro?» dico io tremante dal freddo.
Lui si avvicina a me, sistema il telo su cui siamo sdraiati e mette un braccio sotto la mia testa, ottima mossa, le tegole del tetto iniziavano a essere molto fastidiose; dà una veloce occhiata alle stelle, mi bacia dolcemente, come per tranquillizzarmi e mi sussurra «Come vuoi che sia il tuo futuro?».
Lo guardo negli occhi, sorpresa dalla sua domanda, distolgo il mio sguardo, fisso la Luna e senza che me ne accorga i pensieri nella mia mente si tramutano in parole che straripano dalla mia bocca come un fiume in piena.
«Oh, Peeta, io vorrei avere una famiglia, come quella che ho ora, non mi dispiacerebbe che fossi tu l’uomo della mia vita, ma abbiamo solo sedici anni e sai che potrebbe accadere di tutto. Se questo mondo ce lo permetterà, vorrei vivere in mezzo al verde, in un casolare in campagna o anche in una casa su un albero» faccio una breve pausa per pensare, forse la casa sull’albero è un po’ troppo fantasiosa, poi continuo «se ce lo permetterà perché con tutte queste industrie stiamo distruggendo ogni minima parte di natura, per non parlare dell’inquinamento, ci stiamo uccidendo da soli; e ho paura di questo, tutto sarà grigio e irrespirabile, ci saranno soltanto uno o due esemplari di alcune specie animali, per di più chiusi in uno zoo, terribile».
Peeta mi interrompe «non essere così pessimista, però sul fatto della natura hai ragione, ho sempre amato gli animali e fare passeggiate in campagna, spero smetteranno di trasformare la bellezza della natura in noiosi palazzi bui».
L’aria si sta facendo fredda, ci stringiamo un po’ e ricomincio a parlare «Ultimamente sono un po’ irrequieta, sai mio papà è in cassa integrazione, il lavoro manca, sempre più gente costretta a cercare un lavoro perché è stata licenziata… anche questo mi fa paura cosa faremo noi giovani? Finita la scuola, l’università, come faremo a comprarci una casa e mantenere una fami…».
Peeta irrompe nella conversazione urlando «Rivoluzione!» iniziamo a ridere entrambi, stava imitando un nostro amico per cui una rivolta è la soluzione per qualsiasi cosa.
Magari è davvero così, magari davvero c’è bisogno di una rivoluzione per far capire a quelle persone che sono lassù, e “cercano di gestire” l’Italia, che qua, nei bassifondi, non prendiamo i milioni e ogni giorno facciamo il possibile per portare avanti la famiglia.
A loro non frega nulla di noi, dobbiamo farglielo capire con le rivolte come stiamo male così dice il caro Sem.
«Forse una rivoluzione è eccessiva, prima di arrivare a quello una soluzione si troverà, o almeno spero» dico molto perplessa.
Peeta, con aria scocciata, interviene «Gea! Basta parlare di governo, politica e tutto quanto, pensiamo ai nostri sogni; sognare è l’unica cosa che ci resta da fare» sorridiamo entrambi.
Peeta ha pienamente ragione, non possiamo polemizzare e rattristarci nella nostra ultima notte d’estate. Mi siedo a gambe incrociate rivolta verso di lui, lo guardo sorridendo con gli occhi, mi avvicino e gli sfioro il naso con le labbra, poi gli sussurro «Qual è il tuo sogno?».
I suoi occhioni azzurri che riflettono la luce della Luna, assumono un’aria sognante. Amo quando si lascia prendere dalle emozioni; è come un riccio, ha una corazza che lo fa sembrare un vero duro, ma sotto quella corazza beh! sotto quella corazza c’è il Peeta che pochi conoscono, un ragazzo fragile che ama sognare e che sa amare.
Chiude gli occhi e le sue labbra iniziano a muoversi «Il futuro che vorrei è dipinto su una tela; vorrei diventare un arista, sto studiando per questo, ma la società schiaccia proprio noi artisti. Lotterò a tutti i costi per poter vivere della mia arte. Poi ovviamente vorrei avere una famiglia e vivere in un luogo tranquillo, ma vorrei sempre avere un luogo nascosto, come questo, in cui rifugiarmi per pensare… E sono sicuro che adotterò dei cuccioli, sai che amo gli animali!».
Gli sorrido e lo guardo con aria sognante, lo capisco, so cosa significa per lui dipingere e, come se mi stesse leggendo nel pensiero, mi dice «Sai Gea, è bello essere capiti, è bello avere qualcuno che ti sostiene, mio papà fa parte di coloro che pensano che l’arte sia una perdita di tempo… io cerco di fargli cambiare idea, ma lui non capisce che nelle mie opere c’è la mia anima…».
Gli bacio la fronte, lui mi guarda e in quello sguardo vedo la tristezza, l’amarezza; so che parlare della disapprovazione di suo padre gli fa male. Per un momento restiamo in silenzio, ma è il silenzio più rumoroso che abbia mai percepito, vagano per la nostra mente tanti pensieri quante le stelle che illuminano la notte.
Peeta interrompe il silenzio «E il tuo sogno qual è? Scommetto che nel tuo futuro ci sarà un cavallo!» a entrambi scappa una risatina che scioglie la tensione di quel breve silenzio che sembrava non finire più.
Con aria sognante inizio a parlare «Il futuro che vorrei è nella libertà. Come ti ho detto prima, vorrei vivere in un casolare immerso nel verde, ma vorrei ancora di più un cavallo; sì, hai vinto la scommessa» entrambi sorridiamo.
Peeta mi conosce davvero bene, sono pochi quelli che sanno del mio amore per gli animali, ma soprattutto per i cavalli.
Riprendo: «Galoppare tra i prati, con il vento che mi fa volare i capelli, mi fa sentire libera; in quel momento non esistiamo altro che io e il mio fedele purosangue, siamo in sintonia, una cosa sola. Ovviamente vorrei una famiglia e poter trasmettere la mia passione anche ai miei figli. Non ho idea di che lavoro farò, ora sto studiando Scienze Umane, vorrei continuare a studiare psicologia, ma la società pesa sulle mie scelte e trovare lavoro nel campo della psicologia è molto difficile…».
«Guarda una stella cadente! Esprimiamo un desiderio» dice lui con enfasi, interrompendomi bruscamente.
«Cosa hai espresso?» chiedo io curiosa.
Lui si siede a gambe incrociate come me, siamo uno di fronte all’altro; ci guardiamo, non c’è bisogno che nessuno dei due dica nulla per intenderci, abbiamo espresso la stessa cosa.
«Vorrei… il futuro che vorrei!».
I suoi occhi sembrano persi, capisco che è molto pensieroso; abbasso lo sguardo, cerco le sue mani, le nostre dita si intrecciano. Ci guardiamo ancora, ha un’aria perplessa, non capisce cosa intendo fare.
Io con aria sicura gli sussurro «Ehi, siamo io e te, io e te contro il mondo» stringo le mie dita tra le sue «fino a che tu sei al mio fianco, tutto è possibile».
La sua espressione è indescrivibile, i suoi occhi trasmettono gioia, amore, sicurezza, dolcezza, resta immobile per un momento, poi mi abbraccia, quasi da togliermi il fiato e, senza staccarsi da me, mi sussurra nell’orecchio «D’accordo, io e te contro il mondo».


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010