Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
16ª edizione - (2013)

La speranza č l’ultima a morire

Bianco. Tutto bianco. Pareti bianche, luci bianche, letto e lenzuola bianchi. Eppure non era il Paradiso.
A pensarci bene il ticchettio dell’elettrocardiogramma rendeva l’atmosfera molto più verde. Come uno scenario alieno per intenderci. Eppure non era né il Paradiso né un altro pianeta.
Era una stanza d’ospedale, un po’ bianca e un po’ verde: bianca di tranquillità e verde di speranza, la stessa che i familiari del ragazzo sdraiato sulla barella portavano nel loro cuore. Tutto quel candore sembrava aver immobilizzato la situazione, sospendendo le particelle a mezz’aria con lo stesso equilibrio di un respiro. Apparentemente era tutto bloccato, un’attesa di un minimo cenno di ripresa che non fosse gli ansimi affannati amplificati dalla maschera che il primario gli aveva posto accuratamente sul viso.
All’improvviso la porta si mosse, venne socchiusa con leggerezza e poi riaccompagnata. Entrò con passo impercettibile, con il suo solito stile ombroso e avvolto da un alone di malinconia: il Passato. Mantenendo le particelle come le aveva trovate, immobili e stabili, sedette a lato del letto su una sedia, anch’essa bianca. Con una certa eleganza, forse dettata dal rispetto dovuto all’occasione, si tolse il cappello e lo pose sulle sue gambe. Per qualche minuto stette in silenzio, scrutò la saletta e pensò a quanto fosse strano il fatto che in quel posto, malato di albinismo, nessuno l’avrebbe mai potuto vedere, nonostante il completo scuro. Ovvio, nessuno eccetto il ragazzo e un altro individuo, del quale da tempo non osava rimembrare né il nome né l’aspetto.
Infatti in tutta quella confusione di pensieri non si era accorto che, senza dare nell’occhio, nella stanza era arrivato anche l’indesiderato: il Futuro. Questi, con un’aria parecchio sospettosa, girò con rigidità il capo per intuire la situazione. Quando gli cadde l’occhio su Passato, sospirò e voltò gli occhi al cielo. Fece qualche passo avanti, si fermò alla ringhiera del letto e focalizzò lo sguardo sul ragazzo: le bende che gli coprivano il capo nascondevano cicatrici tracciate con chirurgica e quasi fatale precisione dalle lamiere impazzite e dall’asfalto grezzo che non aveva di certo aiutato ad attutire l’impatto. Il motorino da una parte, lui dall’altra, e nel frattempo l’auto con la quale era avvenuto l’impatto aveva continuato il suo tragitto con il conducente ubriaco che sbandava a tutta velocità. Una fugace lacrima scivolò lungo il volto liscio di Futuro per poi infrangersi in mille cristalli al suolo, rimbombando come l’urlo della madre del ferito al momento della chiamata dell’ospedale. Con il dorso della mano si asciugò la guancia e gli occhi lucidi guardarono Passato, che aveva assistito compiaciuto e disgustato alla scena.
«Bello, bravo. Molto commovente. Tanti complimenti per l’ottima interpretazione. Ma ora, cosa hai concluso?» chiese quest’ultimo.
«Cos’hai concluso tu, invece?» ribatté Futuro indicando il ragazzo.
«Io? Io sto solo facendo il mio lavoro, lo sai. Ora aspetto».
«Aspetti cosa? Che muoia?».
«In un certo senso… più che altro aspetto di riprendermi quello che mi è stato negato qualche ora fa».
«Quindi, secondo te, riprendersi la vita ha lo stesso significato di morire? Sei un essere spregevole».
«Primo: io sto solo correggendo i tuoi errori. Secondo: non sono io quello spregevole qui, semmai sarai tu. Non lasci che la vita segua il suo corso e modifichi gli eventi».
«Aspetta un attimo… forse dimentichi che Io Sono il corso della vita. Tutto va avanti grazie a me. Tu sei stato e io sarò».
«
Allora lo vedi? Ti brucia ancora il fatto che tu non sia ancora nato. Ciò che differenzia me da te è che la gente mi ricorda per quello che ero e questo continua a condizionarla. Non credere di avere tutto il potere: tutto ciò che sarai, e quindi che avverrà, un giorno sarà anch’esso passato. Vedi di non fare errori o ne pagherai le conseguenze».
A Futuro parve che Passato avesse la risposta pronta a ogni controbattuta, pertanto rifletté parecchio prima di replicare. Poi esordì: «Vedrò di stare a bada… ma in fondo non sono io che decido. Io mostro a ogni singolo il suo destino, e nel caso in cui non lo seguisse vedo di riequilibrare i piani».
«Nel caso contrario, altrimenti, entro in scena io e lì mi diverto. Proprio come ora».
«Ti sbagli».
«Come?».
«Ti stai sbagliando. Questo è un errore, una sbavatura».
«In che senso?».
«L’incidente e tutto il resto, è uno sbaglio che non doveva accadere. E non è né colpa mia né colpa tua».
«Allora di chi è?».
«È colpa della forza vitale di questo ragazzo. Quando se ne ha troppa è pericoloso conviverci».
«Nessun problema, ci penso io a toglierne un po’. Anzi, un bel po’».
«Non osare… è giovane e innocente, ed è ciò che più conta. Ha una vita davanti e la sua età gli sta offrendo novità e crescita, in una parola: Speranza».
«Novità, crescitaSperanza… Gne, gne, gne. Tutti vocaboli che mi danno la nausea».
«Non c’è nulla di che meravigliarsi. Fa parte della tua vile natura».
Passato socchiuse gli occhi e digrignò i denti.
«Lascia che ti spieghi» sbottò «alcuni motivi per i quali io conto più di te. Il primo è che Io Sono le persone, il modo in cui sono cresciute, la loro memoria, nella quale cercano i momenti migliori, gli attimi sfuggiti di mano e i sogni. L’altro consiste nel fatto che Io Sono ciò che di più prezioso e dolce conservano nelle menti e nei cuori, un modo per confrontarsi con loro stessi».
Futuro rimase spiazzato dalla violenza con la quale Passato aveva scandito quelle motivazioni, come se gli stesse sparando con un fucile.
«Quindi? Non dici nulla?» ricominciò l’arrogante.
«Caspita, sembra che il tuo ragionamento non faccia una piega. Eppure, nella linearità di tutto ciò, sei stato in grado di contraddirti ingenuamente e senza accorgertene. E ora permettimi di spiegarti pure perché: innanzitutto, comincio a chiarire che sono Io a decretare a grandi linee come le persone devono crescere. Ogni istante contiene un cambiamento e, se ragioni bene, questo implica che la vita è una continua evoluzione. Il presente non esiste concretamente: è soltanto la somma di ciò che noi due siamo. Il concetto di Ora prima è futuro, poi è passato. Con questo chiudo la prima parentesi. Tuttavia, mi costa darti ragione quando dici che Tu sei quello grazie al quale la gente matura. Ma sono Io che ti ho creato. È grazie a me che esisti, se ritorni al concetto precedente. Il futuro diventa passato, non viceversa. Tu sei parte di me, e se volessi avrei la facoltà di cancellarti, però per coerenza non lo farò. Non mi permetterò di eliminare il trascorso di un essere innocente, che ha diritto a vivere, e ha diritto di avere nuove speranze. Ricordati che la speranza è l’ultima a morire».
Queste parole risuonarono nella testa di Passato come uno sparo secco e diretto. Rimase immobile per un poco, poi sbatté le palpebre con espressione incredula.
“Tutte quelle frasi che ha pronunciato così naturalmente…” pensò “sono la pura realtà”. Si era finalmente arreso a un’evidenza troppo forte, che non voleva accettare e che l’aveva colto alla sprovvista.
Più passavano i secondi, più sembrava che quel concetto gli scivolasse giù, per le vene e per la trachea, bloccandogli le corde vocali e impedendogli di emettere suoni. Quella consapevolezza si mescolò con la malinconia che lo assalì di getto, e ne uscirono due gocce amare ai lati degli occhi. Per qualche istante si rivide nella stessa situazione che aveva coinvolto Futuro parecchi minuti prima: le lacrime solcarono le guance secche di Passato seguendo il percorso tormentato delle profonde rughe sotto gli zigomi. Poi caddero, e s’infransero sulle sue scarpe nere e malconce.
Bastarono pochi istanti per cambiare l’atmosfera: i due vennero pervasi da una reciproca compassione, e assunsero un atteggiamento quasi complice. Futuro fece qualche passo avanti in direzione della sedia sulla quale stava la sagoma rigida di Passato, con la schiena curva, le mani sul mento e sulle gambe i gomiti che avevano spodestato il cappello dal suo posto.
Ogni tanto capita di compiere gesti le cui conseguenze rischiano di essere inaspettate o irreparabili, e quella volta ciò che compì Futuro causò ambedue gli effetti. Quell’atto dirottò la faccenda, che si faceva sempre più complicata, verso un destino diverso da ciò che ci si sarebbe potuto attendere.
Futuro toccò Passato. O meglio, lo sfiorò, sulla spalla per essere precisi.
Con la stessa velocità di quel gesto, Passato cominciò a dissolversi partendo dal basso: prima i piedi, poi le gambe, busto e resto a seguire.
Quando anche il collo scomparve, i due si fissarono negli occhi dai quali si leggeva il loro stupore. Quello sguardo fu un addio degno del loro travagliato rapporto basato sul contrasto e sul dibattito.
Seguirono alcuni attimi di silenzio. Improvvisamente Futuro provò un senso di vuoto dentro al petto: un bagliore rosso pulsava con ritmo costante nei pressi del cuore, sopra ogni indumento. Con fare preoccupato tentò di scacciarlo con la manica della camicia, con scarsi risultati. Poi la luce vorticò velocemente risucchiando l’animo di Futuro. Quel turbine coinvolse anche il suo corpo che venne inghiottito, ma con delicatezza.
Ciò che rimase fu solo una sfera color carminio raggiante di calore che fluttuò per la stanza, come in cerca di un sostegno. Dopo aver ispezionato il perimetro rettangolare, vagò nei pressi del ragazzo e si fermò sopra il cuscino. A mano a mano che si avvicinava alla testa del giovane l’intensità della luce si affievoliva, e infine scomparve quando penetrò senza dolore nel corpo del ragazzo.
Passarono secondi interminabili, lunghi e piatti, alla fine interrotti dall’elettrocardiogramma che ora risuonava più regolare. Gli ansimi affannati diventarono normali respiri, e il ragazzo accennò piccoli movimenti con le braccia e le gambe.
Le particelle immobilizzate ripresero a scontrarsi tra di loro, mentre il primario apriva la porta con un sorriso speranzoso che illuminava il suo volto e in parte anche quella stanza tutta bianca, un po’ verde e ora anche un po’ rosa.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010