Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
16ª edizione - (2013)

Incerto divenire

Lasci che le dita lievi disegnino brevi e invisibili spirali su quella ruvida superficie.
Accoccolato accanto alla parete, speri di perderti in quegli infiniti arabeschi che impercettibilmente si dipanano dal movimento lento e convulso delle tue mani.
Non percepisci il tuo corpo, quell’eterno silenzio ti opprime, ti rende insensibile a qualsiasi sensazione.
Senti il vuoto di quel luogo schiacciarti tanto da lasciare segni simili a solchi arrossati contro la tua pelle nuda e bianca.
Vorresti avere paura, ma un’orrenda tranquillità inonda la tua anima malata.
Non era così che pensavi di trascorrere il tuo ultimo giorno.
Angoscia per l’imminenza dell’esecuzione, tristezza e dolore al pensiero dell’abbandono e della violenza dello strappo con cui il futuro ti sarebbe stato vietato.
E invece, quell’assonnata calma ti accompagna nell’infinito ripetersi dei tuoi gesti nell’irreale quotidianità di condannato a morte. È strano come la vita lenta si allontani dai tuoi occhi, dalla tua mente prima ancora che dal tuo corpo.
Osservi quel dito che senza fermarsi cerca un senso, un nesso logico che colleghi i segni lasciati anni prima su quel muro.
Ti stupisci nel ritrovarti a pensare agli ultimi istanti di chi, prima di te, ha sfiorato quella stessa porzione di parete, ha posato i suoi piedi su quelle stesse fredde piastrelle su cui ora sono posati i tuoi.
Pensi alla paura che potrebbero aver provato, al desiderio di attaccarsi a quell’ultimo briciolo di esistenza, di succhiarne l’estrema essenza sperando di riuscire a scorgervi qualcosa di nuovo, di mai visto né percepito.
Pensi alle lacrime che potrebbero aver versato, all’ultimo respiro che potrebbero aver lasciato interrotto, a metà tra naso e bocca, tra vita e morte.
Quel torpore, più letale del veleno che lento scivolerà nel tuo corpo, uccide la tua forza di volontà, ti rende apatico, riempie di ragnatele la tua testa.
Quella stessa mente che, frenetica, elaborava progetti e piani, ora giace inutilizzata.
Inutile pensare se nessuno mai approverà o confuterà ciò che elabori, superfluo sforzare il ragionamento se nessuno mai potrà trarne profitto, vano cercare soluzioni e scovare gli intoppi tra gli ingranaggi di un problema se il frutto del tuo pensiero non raggiungerà l’alba.
Per inerzia i tuoi pensieri continuano a turbinare, ma non c’è più una logica che li ordini.
Immagini di un antico passato si incastrano tra formule mandate a memoria, filastrocche e preghiere che chissà dove avevi imparato.
Il rosso del fuoco e la violenza del sangue accompagnano le severe parole di una donna che enuncia il principio di Archimede.
Ricordi il biondo dei capelli di un bambino e la canzoncina che increspava le sue labbra, ma non trovi più il collegamento che lo lega alle urla di una folla unita e battagliera.
Nel tuo inerme delirio si rincorrono le lapidarie frasi che decretarono la tua condanna e la pallida reminiscenza del desiderio di cambiamento che aveva esortato il tuo animo alla ribellione.
Uno sbiadito passato, un freddo presente, un inesistente futuro davanti a te si intrecciano in una danza che, sfuggente, ti conduce verso quell’agghiacciante sonno che, sottraendoti alla vita, porta al tuo incerto divenire.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010