Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
16ª edizione - (2013)

Storia n°1

C’è un foglio bianco e troppe storie che potrei raccontare. Di queste, ciascuna è una finzione. Di queste, ognuna è più reale di me che le guardo sfiorire.
Nella prima due sagome arrancano lungo la strada sbagliata di una città del sud della Scozia, per fermarsi in una casa che ha un nome. Una domestica li accoglie. Tengono discorsi formali con una terza sagoma in una lingua non loro. Siedono su divani preziosi. Pochi giorni dopo ritornano in taxi a quella casa. Sono ancora in tre, ubriachi ridono insieme.
Nella seconda si ride ancora. È ancora sera. Da qualche altra parte Barbara Schmidt passa in bicicletta sotto una galleria che attraversa la strada. È piena d’acqua. Rimane sul lato, esce. Un giovane che l’accompagna passa al centro della conca d’acqua. Ne esce fradicio. Poco più tardi entra a piedi nudi in un grande negozio.
Le successive storie si articolano secondo una serie di figure che seguono la progressione geometrica di ragione 15/4. Per n=12 un cane devasta una casa, conquista con la lingua uno spicchio di mandarino incastrato in una porta scorrevole, abbaia al suo riflesso nella finestra che dà sulla strada. Attraversa i poligoni dei successivi valori di n che corrispondono al legno, alla neve, alla fuga inspiegabile dei pennuti.
Della storia numero 437 relativa a n=29 è del tutto ignaro. Questa si svolge in un giorno vicino al solstizio d’inverno e dura molto oltre il tramonto. Seamus Marnfold lavora in un bar. La porta si spalanca di colpo, entra un ragazzo. Scruta i pochi tavoli, esce. Tra le montagne il tramonto è repentino. Entra lo stesso ragazzo con altre due giovani. Sono preoccupati. Seamus porta loro della cioccolata calda.
A n=29 corrisponde una rete di ettagoni regolari. Le storie si diramano lungo i lati, alcune tagliano per un apotema qualsiasi. Nella 286 Camille Bourgeon non riesce a decidere se sia peggio per la sua nausea osservare i tornanti che la corriera percorre o cercare di prendere sonno. Trova straniante il buio che circonda la strada, le sembra di attraversare un fondale oceanico. Questo non fa che peggiorare l’effetto delle sue sensazioni. Quando ormai riesce a lasciarsi cullare dal viaggio, un telefono squilla e la scuote. La sconosciuta Marianne Kreyder risponde allegra; Camille coglie solo un’immagine sfocata, sente crescere l’apprensione della ragazza che per lo più tace. Come in un sogno, non si rende conto di stare ascoltando. I due si salutano: può tornare a dormire. Ma pochi secondi più tardi Marianne in lacrime riconvoca l’altro ed esige risposte.
La 169 precede ulteriormente sulla contorta linea del tempo: per comodità i numeri sono assegnati secondo la successione degli inizi degli episodi. Isabel scrive all’amico di non suonare il citofono. Eppure la madre non avrebbe niente da dire se sapesse che è lui e non Ferdinand Cole; ignara guida fino alla casa minuscola in montagna, portando, tra le altre cose, due tavole pressoché identiche da sci.
Sette linee tratteggiate proiettano i vertici di uno degli ettagoni su sette incroci tra le linee ausiliarie di un piano prospettico accidentale: Anita Costa riporta il racconto che una sua paziente le ha fatto riguardo ai fatti delle storie numero 435 e 436 di n=29.
Nella prima Acevedo Buendia e Santo Garay lavorano alla base di un pilone della funivia. Garay sospetta di sua moglie e dell’altro. Lo osserva alle prese con il nemico acciaio, assorto, lo vede violare il suo letto. Un giovane passa sotto una rete di protezione per procedere lungo il versante brullo e coperto di neve fresca. I richiami tonanti dei due sono ignorati. Inseguirlo appare inutile.
Nella seconda Aurora e Carlos Hortega, che procedono su un sentiero muniti di ciaspole, incontrano il giovane che si dichiara smarrito e chiede loro la strada. Per alcuni minuti li segue, poi li lascia: scenderà da solo fino al paese, sciando. Perplessi lo lasciano andare, tornano a parlare dell’eredità che lascerà loro il padre.
L’avanzare di n è progredito fino a descrivere un rametto coperto di piccoli fiori bianchi. La sua complessità ha raggiunto la dimensione del profumo. Mi interrogo senza capire, nel terrore che il mio quesito appassisca e senza consolazione osservo che tuttavia la voragine nel mio respiro ha un asintoto ben al di sopra di zero. Ho creato un labirinto da cui non riesco a uscire, che ogni giorno aumenta il numero dei suoi corridoi, cambia forma, mi illude alternativamente di vincere o di soccombere alla sua ragnatela. Percorrerlo vuol dire attraversare col ricordo sempre lo stesso giorno, che ormai mi accingo a chiamare il numero 1, o meglio la storia numero uno.
Io sono Seamus, o Rodrigo Garcia, o Kahled Rhadman, che passa per caso sulle vie un paese che si ripete a ogni valle. Io sono Camille Bourgeon e attraverso i suoi scruto gli occhi di lei, con cui allo stesso tempo parlavo al telefono, spiegandole che il suo amore non lo trovavamo più, ma di non preoccuparsi, aveva solo sbagliato sentiero. Sono sempre io, io conquisto via via i passi dei due camminatori, degli operai della funivia, io vedo la sua sagoma svolgersi nella continuità dell’ignoto, infrangere impronta dopo impronta il limite della stupidità umana e compiere un errore qualunque, come perdere un treno e d’improvviso mi accorgo che allora il sole era già tramontato e che lui forse non vedeva più niente. In una storia assisto a un destino, nei molti giorni dimenticati dentro la scuola; in un’altra alla mancanza totale di un dio; in una lo vedo bambino e nella peggiore di tutte io sono sua madre che accorre senza sapere. Ma in tutte io non conosco la numero uno, quella in cui solo taglia il versante e non visto da alcuno dei miei personaggi fittizi e sfuggendo al mio labirinto e così imprigionandomi, sancisce nell’eterno la propria caduta, scolpita nella domanda che attraversa il volto degli alpinisti saliti a raccoglierne i resti, a sentirne l’ultimo gemito poi detto alla radio. In ogni storia, io sono una finzione. E in ogni storia mi crolla addosso il peso del corpo steso e la sua immobilità glaciale e non posso sfuggirle nemmeno se diventa racconto. In ogni storia, la sua morte è reale.


»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni

Copyright © 1999 - Comitato per Sofia - Tutti i diritti riservati.
Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010