Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
17ª edizione - (2014)

Un groppo alla gola

Vi siete mai sentiti con un groppo alla gola? Uno di quelli che non ti fanno mandare giù nemmeno la pizza.
Lei si sentiva così, anzi, sentiva solo quello: quel groppo alla gola che non voleva andarsene, che non scendeva e non saliva. Stava lì, immobile, a ricordarle che c’era qualcosa che non andava.
Ma lei lo sapeva che c’era qualcosa che non andava, lo sentiva nell’aria, lo sentiva nel suo profumo. Il suo profumo che si era annullato nell’odore di sigaretta.
Groppo alla gola. Puzza di posacenere.
Lei guardava il sole che invadeva la piazza e cercava di risvegliare il proprio corpo, la propria anima. Ma tutto quello a cui riusciva a pensare era il caldo e il togliere la cenere in eccesso dalla sigaretta.
Vi siete mai sentiti completamente persi? Persi a tal punto che non potrebbero scovarvi neanche con il localizzatore radar. Ecco, secondo me lei si sentiva totalmente e inspiegabilmente persa, anche se stava seduta su quel gradino, in quell’esatto punto all’ingresso di quell’esatta chiesa. E fumava.
Si può fumare davanti a una chiesa? Un tempo questa domanda se la sarebbe posta. Anzi, un tempo proprio non lo avrebbe fatto, perché non si fa. Invece ora lo faceva, e non sentiva niente, ancora niente.
Cosa bisogna fare quando una persona è persa? Cercarla? Lasciare che si trovi da sola? E se non vuole essere trovata?
Lei voleva affogare nel suo mare, morire soffocata da quelle onde di dolore che si affacciavano al cuore ma venivano prontamente respinte dalla corazza che si era creata. Lei non piangeva più.
Non piangeva da tempo ormai, e l’ultima volta era stato per il dolore fisico. Allora era questo che cercava: dolore fisico per rompere quella dannata corazza che aveva attorno al cuore.
Il mondo le sembrava uguale, ogni mattina uguale, ogni faccia uguale. L’unica cosa che variava era il modo in cui si vestiva, sempre più scialbo, sempre più svogliato. E cambiava il colore degli occhi delle persone che le stavano affianco: sempre più neri, azzurri con le sfumature gialle, marroni con le pupille dilatate.
E lei era lì, e non aveva alcuna idea di se stessa, non esisteva, non sapeva com’era la sua faccia. Vedersi in foto era come vedere un’altra persona, una persona strana, sconosciuta. Perché lei non si conosceva.
Lei non sapeva di essere se stessa.
È fortunato chi si conosce: sa come combattere contro i propri demoni. Ma chi non si conosce, come fa? Chi ha sempre avuto un’inconsapevole capacità di dimenticare il passato, di avere ricordi confusi e rimuovere tutto il negativo, una persona che non sa cosa prova, come fa a combattere?
Era quello che si stava chiedendo: come fare a combattere.
E ora il sole si era alzato sempre di più, la sigaretta era finita. Al groppo alla gola si era aggiunto un altro male: la consapevolezza di non avere più la forza di combattere.

«Ti credi un grande elefante, ma la savana è molto più grande di te»

tradizione orale mandingo


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010