Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
17ª edizione - (2014)

Siamo pezzi di un puzzle

Un terrazzo, la brezza e una sigaretta erano ciò che di meglio c’era per Serena, che amava passare i suoi pomeriggi immersa in battaglie, tragedie e storie di amore non corrisposto.
Ogni giorno, tornata da scuola, mangiava qualcosa in fretta e furia e si rintanava nel mondo dei libri: essi la allontanavano da quella difficile realtà che le rendeva quasi impossibile dormire di notte. Sua madre non era mai in casa, a volte non tornava nemmeno a dormire e non si preoccupava minimamente di far sapere ciò che facesse. Ogni volta che tornava a casa portava con sé una manciata di banconote, che assicuravano loro di arrivare a fine mese, ma non di pagare interamente gli studi classici della ragazza. Serena infatti doveva fare molti lavori per poter continuare ad andare a scuola, dove si sentiva importante e non fatta per la vita che ora era costretta a sopportare: una mamma assente e un papà che aveva deciso di andare via per cambiare vita.
Tuttavia Serena aveva un sogno: diventare una famosa scrittrice e far palpitare i cuori dei suoi lettori come palpitava il suo quando leggeva.
Ogni mattina si alzava, si vestiva, prendeva lo zaino, il libro e usciva.
Leggeva per tutto il tragitto da casa a scuola, sia nell’autobus troppo affollato sia mentre camminava per raggiungere il grigio edificio in piazzale Loreto, Milano.
Solo una volta entrata a scuola chiudeva il libro e si preparava ad affrontare la giornata.
Amava le materie che le erano insegnate, ma anche per lei, come per tutti i ragazzi della sua età, stare a scuola era una fatica.
Nella sua classe era amica di una ragazza che, come lei, amava la lettura. Insieme ne parlavano moltissimo, ma non era questo il loro unico argomento: erano l’una il sostegno dell’altra, il punto solido in quella realtà sbriciolata intorno a loro.
Nel pomeriggio, tornata a casa, Serena si immergeva nelle fantastiche vicende dei suoi libri; quando leggeva la sua fantasia viaggiava e la faceva entrare completamente nella narrazione.
Da qualche tempo stava leggendo un romanzo di avventure, che parlava di una ragazza molto coraggiosa, a cui era stato assegnato il compito di salvare il suo regno da un uomo oscuro. Penserete che sia la solita storia in cui i buoni trionfano sui cattivi e l’eroina viene premiata con grandi cerimonie, lo pensava anche Serena e così era. Ma c’era qualcosa in quelle vicende, nel modo in cui erano narrate, che le faceva divorare intere pagine in poco tempo: qualcosa in quel libro l’aveva stregata e non riusciva più a separarsene. Però alle cinque in punto, tutti i pomeriggi, metteva il segnalibro giallo con su scritto il suo nome nel punto dove era arrivata, prendeva lo zaino e iniziava a studiare.

Durante una delle sua tante sere solitarie, stava cenando con davanti il libro; a un certo punto sentì la serratura girare e la porta di casa aprirsi. Si allarmò e prese in mano un coltello per difendersi, poi si avvicinò cautamente all’uscio della cucina che dava sul corridoio. Le si parò davanti sua madre, con la faccia di chi aveva preso una decisione importante.
Serena si spaventò, ma appurato che non fosse nessun criminale, ripose il coltello e le chiese: «Cosa ci fai qui? Non devi lavorare? Non dirmi che hai perso il lavoro, ti prego!».
Serena era spaventata e sperava che la madre la smentisse.
La donna la guardò con uno sguardo nuovo, che Serena non riusciva a decifrare e le disse: «Serena, so di non essere mai a casa e di non sapere cosa stai facendo della tua vita, ma ho deciso di cambiare; oggi il mio capo mi ha rimproverata facendomi sentire una nullità, ma quegli insulti mi hanno aperto gli occhi, mi hanno fatto vedere la terribile situazione in cui mi trovo; ho capito che sto gettando all’aria il tuo e il mio futuro. Mi sono licenziata e ho deciso di trovare un altro lavoro, che mi lasci più tempo per stare con te».
Serena rimase a bocca aperta senza sapere cosa risponderle: era contenta di poter riavere finalmente una mamma, ma era anche furiosa, perché pensava che non sarebbe riuscita a trovare un nuovo impiego. La madre, come leggendole nel pensiero, le disse: «Serena, fidati di me. Ti prego!».
La ragazza abbozzò un sorriso e andò in camera sua senza dire una parola.

La mattina dopo la sveglia suonò puntuale alla stessa ora di sempre, ma Serena non dormiva: se ne stava lì, vestita, pronta per la scuola, con gli occhi sbarrati che fissavano il soffitto e il pensiero della conversazione con sua madre inciso nella mente.
Si alzò dal letto e andò a fare colazione; in cucina vide sua madre. Serena si sedette al tavolo non sapendo che fare. C’era silenzio e si sentiva in imbarazzo, così decise di iniziare a parlare della cosa che più le era familiare: la lettura.
Cominciò a parlarne in generale, poi vide che sua mamma era interessata alle sue parole e anche colpita dalla sua loquacità, perciò continuò e presto, senza nemmeno accorgersene, aveva preso a parlare del libro che stava leggendo. Ma non come chi ne vuole fare un riassunto; lei, mentre raccontava, veniva trasportata dai fatti, dalle emozioni e sembrava essere implicata nei drammi, nelle decisioni che la protagonista era costretta a prendere.
La madre rimase affascinata dal discorso: non conosceva quel lato di Serena, anzi, forse non conosceva Serena.
Dopo quella lunga conversazione, o meglio monologo, Serena uscì di casa soddisfatta pronta ad affrontare un’altra giornata.
A scuola incontrò la sua amica, ma oggi le sembrava di avere meno bisogno dell’appoggio della ragazza. Sentiva che dopo tutto la sua vita non era esattamente come se l’era figurata: una precaria e altissima pila di bicchieri che oscillano e minacciano di cadere al primo soffio di vento.
Decise di raccontare alla sua amica Caterina ciò che le era successo quella mattina e la sera precedente: iniziò a narrare l’accaduto e, nuovamente, si accorse che le sue parole rapivano l’ascoltatore, lo trascinavano dentro alla storia e lei amava vedere le facce degli altri mentre la ascoltavano.
Alla fine del racconto Caterina rimase in silenzio, pensò a cosa dire, per non sbagliare, era un argomento difficile da trattare e perciò si prese un attimo di riflessione; Serena aspettò comprensiva.
Caterina alla fine le disse: «I miracoli non sempre avvengono e di certo i lavori non crescono sugli alberi, sarà dura, ma sono felice per te».
Serena rimase un po’ delusa da quelle parole, forse si aspettava qualcosa di più, non sapeva nemmeno lei cosa, ma di certo quella risposta non l’aveva soddisfatta. Per la prima volta da quando si conoscevano non era felice del risultato della loro conversazione, ma non disse nulla a Caterina.
La sera di quel giorno, tornata a casa, si stupì di trovare sua mamma a casa: non era ancora abituata a quella nuova vita. Le raccontò per la prima volta la sua giornata, cosa aveva fatto, che voti aveva preso e cosa non le era piaciuto.
Scoprì che era bello parlare con sua mamma: non solo lei la ascoltava, ma dava il suo parere su ciò che diceva Serena.
Dopo un’ora intera che parlavano era arrivato il momento di preparare il materiale per la giornata seguente e di andare a letto; così diede la buona notte a sua mamma e andò in camera sua.
Il giorno seguente Caterina non era a scuola: Serena era scocciata da questo fatto: voleva parlarle, farle presente che la sua risposta non le era piaciuta e che non poteva avere una visione così chiusa delle cose che accadevano. Ma Caterina non c’era, così Serena decise di non far fruttare quella giornata di scuola e si mise a leggere il suo libro; ma qualcosa scompigliò i suoi programmi: un ragazzo della sua classe, con cui in cinque anni non aveva mai parlato, la vide leggere durante l’ora di greco e allora le si avvicinò e le disse: «Ascolta, è bello, non sai che ti perdi!».
Serena rimase stupita e ascoltò il consiglio.
Le settimane successive furono felici, aveva parlato con Caterina che non si era arrabbiata, anzi si era scusata per come le aveva risposto e si era interessata alla nuova vita dell’amica.
Serena era diventata amica del ragazzo che le aveva consigliato di ascoltare e lo aveva presentato anche a Caterina. Intanto il desiderio di fare la scrittrice diventava sempre più preponderante nella sua mente. Lei non sapeva cosa fare: si chiedeva se ascoltarlo oppure lasciarlo perdere. Era molto combattuta, ma non voleva parlarne con nessuno, non aveva il coraggio di esporsi così tanto; nemmeno Caterina sapeva che quello era il sogno della ragazza. Serena non era mai riuscita a parlarne seriamente con nessuno, ma ora il diventare scrittrice non poteva più rimanere solo una fantasia, bisognava scegliere.
Una mattina si svegliò e sua mamma non era in casa. Andò in cucina dove trovò un biglietto con una scritta: «Serena non ti preoccupare non ti ho né abbandonato né sono tornata alla vita di prima».
Sul viso di Serena si dipinse un sorriso tranquillo.
«Ho semplicemente trovato un impiego come segretaria in un ufficio. Non te lo avevo detto perché non ero sicura che mi avessero assunto e non volevo deluderti, ma stamattina mi hanno chiamato dicendomi di precipitarmi allo studio. Sono davvero soddisfatta di me e di te soprattutto. Buona giornata, il pranzo è nel forno».
Serena si sedette al tavolo mangiò felice e la giornata iniziò al massimo.
Ormai la sua vita era diventata piena, bella e divertente e i libri che leggeva non la estraniavano più dalla realtà anzi, erano una guida ad affrontare ciò che le succedeva: la lettura non le era mai stata così amica.
Un giorno, mentre leggeva sul balcone sotto il caldo sole di maggio, prese la decisione: l’anno successivo sarebbe andata a fare lettere, avrebbe seguito il suo sogno di scrittrice e sarebbe diventata famosa. I suoi libri sarebbero stati tradotti almeno in 3 lingue e sapeva già quali: inglese, indiano e tedesco. Tutto d’un tratto il suo sogno sembrava avere le speranze di diventare realtà, la sua vita non la schiacciava più facendola sentire inadeguata. No, tutto era bello, anche le cose apparentemente tristi avevano un significato, ne era un esempio sua mamma.
Quando la madre rincasò, Serena le corse incontro dicendo: «Mamma ho deciso, sarò una scrittrice, ed è tutto grazie ai libri che ho letto e certamente grazie a te, che mi hai insegnato che bisogna prendere una decisione!».
La madre si commosse e la abbracciò, felice che i suo errori non avessero rovinato anche la vita della figlia.
Il giorno seguente Serena andò a scuola e disse agli amici della scelta fatta; era certa: scrivere sarebbe stato il suo destino.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010