Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
17ª edizione - (2014)

La cittą ideale

C’era una volta, in un regno molto lontano, il Dio del vento che un giorno fece un respiro talmente forte, che lo sentirono anche le stelle. Queste ultime, sfiorate da questa leggera brezza, lasciarono cadere una scia splendente.
Fu così che, dai sospiri del vento e dalla polvere di stelle, nacque Shakespeareland, una piccola città dove tutti i sogni possono avverarsi. Anche quelli chiuse con sette lucchetti e rimasti nel cassetto per molti anni, forse troppi. Tutti gli abitanti erano fatti «della stessa materia di cui sono fatti i sogni»: la meraviglia.
Non era una semplice città, era ben altro. Un luogo-non-luogo. Di quelli che non esistono sulle cartine. Dove riprendere fiato e perdere la testa. Dove togliersi le scarpe, a piedi nudi sentire la terra e indossare un sogno. Dove tutto è concesso: anche essere leggere. Dove tira sempre il vento: con la pioggia e con il sole.
Un luogo-non-luogo che profuma di pane caldo, cipria e rose rosa. Un luogo-non-luogo che è come una casa, da cui vedi sempre il mare. Di quelli che entrano nel cuore e si portano con sé. Ovunque ci si trovi e ovunque si voglia andare.
Costruita su un’isola, Shakespeareland ha tutte le caratteristiche ideali per viverci e magari anche costruirci una famiglia. Per poterla immaginare dovete pensare a Londra: questa città infatti ricorda molto le bellezze della capitale inglese. Ha una buona reputazione e di lei si dice che «quando un uomo è stanco di Shakespeareland, è stanco della vita, perché a Shakespeareland si trova tutto ciò che la vita possa offrire» (Samuel Johnson, parlando di Londra).
Non vi ho ancora detto perché la città porta questo nome. Shakespeareland, come avrete senz’altro capito tutti, si ispira a William Shakespeare, il celebre poeta inglese della seconda metà del cinquecento. Il nome le fu attribuito per decisione del Dio del vento e delle stelle, grandi amanti dell’Amleto e di questa sua frase in particolare: «dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore».
Alle porte del mio luogo-non-luogo, insieme ad alberi di ciliegio in fiore e negozi traboccanti di scarpe scintillanti, c’è un cartello con la scritta: «Chi semina amore, raccoglie felicità».
Attraversato il parco, molto somigliante a un incrocio fra Hyde e Regent’s Park, si comincia a sentir sciogliere le tensioni, sfumare i pensieri e abbandonarsi senza avere fretta alcuna di ritrovarsi.
Proseguendo per le vie della città, a piedi, in carrozza, in metropolitana o con qualunque altro mezzo, si arriva alla zona dedicata allo shopping, perché non esiste «la città ideale di Vittoria», senza shopping.
Nei negozi di scarpe, di borse, di cosmetici e vestiti si intravedono persone che prestano attenzione ai dettagli, che fanno le cose – anche le più piccole – con cura.
Perché prendersi cura è la più dolce delle forme d’amore. Shakespeareland è anche conosciuta come luogo di culto del fashion. I negozi di scarpe e di borse, da Manolo Blahnik a Louboutin e Roger Vivier, sono il paradiso delle fashion addicted.
Perché è così difficile stare dentro le scarpe di una donna, che ne servono di veramente speciali.
Per camminare un po’ più allegramente.
Tutti gli abitanti hanno lo stesso capitale, non esistono ricchi o poveri, poiché tutti abbiamo delle ricchezze, anche se diverse. C’è chi ha una ricchezza materiale, chi una ricchezza intellettuale e chi una ricchezza d’animo, la più bella di tutte.
Il sistema economico è basato sulla solidarietà nei confronti degli altri. Se qualcuno produce di più, lo dà a chi ha di meno. Quest’ultimo, in cambio, fa capire al donatore che lui ci sarà sempre nel momento del bisogno, perché è così che si fa tra amici.
Le relazioni umane non sono basate sul prendere o sul dare, ma sul saper condividere. Colui che ha donato qualcosa, anche solo un sorriso, diventa automaticamente un amico.
Una delle cose più belle di Shakespeareland è la sua luce. Una luce come quella delle prime ore del mattino, che filtra timida tra le fasce delle persiane, che si infrange su un cristallo decomponendosi e moltiplicandosi. La luce negli occhi in un istante di inaspettata felicità, perché è sempre così che ti prende la felicità. All’improvviso. La luce delle stelle. La luce che non si vede ma c’è. La luce del tramonto che segna una fine ed un inizio. La luce racchiusa in un brillante.
Come vi ho detto all’inizio, Shakespeareland è costruita su un’isola. Sulle sue spiagge si vedono i tramonti più incredibili, di quelli in cui non riesci neanche a riconoscere i colori, tanti ce ne sono.
Ci sono cose scritte bene o scritte male, cose che rimangono impresse nella memoria e cose che si dimenticano subito dopo averle lette…
Io, spero che in questa mezz’ora non vi abbia annoiato e sia riuscita a farvi condividere un po’ di ciò che mi passa per la testa e che ho nel cuore.
God save my City.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010