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17ª edizione - (2014)

L’importanza dei classici… se

Cerco nei libri la lettera, anche solo la frase, che è stata scritta per me e che perciò sottolineo, ricopio, estraggo e porto via. Non mi basta che il libro sia avvincente, celebrato, né che sia un classico: se non sono anch’io un pezzo dell’idiota di Dostoevskij, la mia lettura è vana. (Erri De Luca)

Un classico lo leggi perché ne hai sentito parlare.
Un classico lo leggi perché ti è stato consigliato, o perché ti è stato imposto.
Un classico lo leggi semplicemente per poter dire «Io l’ho letto».
Ma non dovrebbe essere solo cosa di cui potersi vantare nel mezzo di una conversazione, da un classico devi poter portar via quella frase da ricordare per sempre; in fondo questo è lo scopo di ogni storia degna di essere sentita, che sia una delle più conosciute o che sia quella che ti ha raccontato un vecchio zio quando eri bambino. Per questo non mi piace parlare dell’importanza di leggere i classici, è troppo limitato; è l’importanza di leggere, piuttosto.
Per scappare, per viaggiare, per scoprire o semplicemente per vivere più vite.
I classici sono fatti per i curiosi, per quelli che hanno fame di trovare risposte alle domande più intime, avidi di confrontare il proprio pensiero.
Ti sei ma chiesto cos’è che dà la vita al corpo umano? Se lo è chiesto Victor di Frankenstein, e quello che ha creato ti risponde che l’assidua ricerca di un cosa non è sempre la giusta strada da seguire; alcune cose sono semplicemente da lasciare così come sono.
Hai mai provato ad andare alla ricerca del vero significato della bellezza? Potresti trovare un buon, seppur discutibile, compagno in Dorian Gray. Domande, in fondo, che riguardano il nostro io, e che possono avere risposta in storie che hanno tanto da dare, tanto che in secoli ancora non si sono esaurite e il loro contenuto non è diventato vecchio, bensì addirittura basilare. Perché parla dell’uomo e di quello che si porta dentro, e quello non cambia mai.
Detto ciò, sono però contro a chi esalta la lettura come emblema di intelligenza superiore.
Leggere vale solo se dalla storia riesci a trarne piacere: l’obbligo di lettura è una delle cose che può risultare più sofferta a chi odia i libri; e se lo scopo è quello di farlo affezionare alle pagine si può star certi che dopo quella tortura non ne prenderà più in mano mezzo.
Siamo ossessionati dall’idea che leggere sia una delle cose che più ci arricchisce che ci ostiniamo a convincere i non amanti a iniziare, convinti di far loro un favore. Quello che non capiamo è che non per forza leggere un libro basta per aumentare di colpo la propria sensibilità, scommetto che in ben pochi hanno carpito tutte le sfumature dei grandi classici.
La lettura non ha gli stessi effetti su tutti, e spesso è proprio questo l’aspetto più interessante. Sarebbe come se una ristretta cerchia di amanti dei broccoli volesse convincere il mondo che la mancanza di questi nella propria alimentazione porti a un totale squilibrio fisico.
Siamo fortunatamente consci però che quello che ci danno i broccoli ce lo possono dare altri cibi a noi più graditi. Così come per essere una persona con un fine intelletto non è sufficiente fare lo sforzo di leggersi le più grandi narrazioni se poi ci si limita a quello.
Ma forse per insegnarlo alla gente ci vorrebbe un bel libro.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010