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18ª edizione - (2015)

Il ritmo delle parole - (storia di rap e musica)

C’è stato un tempo che sì, leggevo anch’io.
Parlo di quei bei libri con i buchi che mi comprava mia madre da piccola con la speranza recondita, credo, che mi appassionassi in qualche modo alla lettura.
Non mi appassionai così tanto alla lettura come forse ella sperava, ma certamente mi affezionai alle parole e alle rime.

Zero è ovale […]
Un ippopotamo ballerino
danzerà fino al mattino
Due serpenti affettuosi
son contenti di esser sposi
Tre festosi maialini
si rincorron birichini
(G. Crespi)

Ci infilavo le mie piccole dita in quei buchi, tastando il cartone rigido dal quale fuoriusciva l’odore nauseabondo di colla, mentre cantilenavo la mia bella filastrocca.
Poi riponevo il libro, soddisfatta, in bella fila, insieme agli altri, e con lo sguardo a mezz’aria, seduta sulla poltrona, sognavo serpenti affettuosi vestiti in tulle bianco, maialini rosa, con ghirlande in testa, correre felici per verdi prati in fiore.
Mi è rimasta quindi questa curiosità di infilare le parole facendone una rima, anche adesso che scrivo rap e ho vent’anni.
Un testo rap lo paragono alla poesia, per certi versi; un poeta deve trovare la parola giusta per la sua strofa, altrimenti il più delle volte, infastidito, fa finire il suo lavoro, appallottolato, dentro a un cestino.
Il rapper deve dare un senso a ciò che scrive, le parole più semplici devono avere l’impatto giusto.
È un problema di metrica e di rima: A deve stare ad A, B deve stare a B, poi ancora A B, ma non solo, anche CD, CD. Non è una formula matematica, è rap!
Vuol dire mettere il ritmo alle parole, non è solo una questione di rime baciate o alternate, è una questione di cuore.
Detto così sembra un lavoro certosino, e sapete una cosa?
È peggio di quanto vi possiate immaginare.
Perché poi, dopo che hai fatto l’esperienza del poeta, quella di aver scritto le tue belle rime in monosillabi, bisillabi o novenari ( a te la scelta), devi fare la controprova dell’ascoltatore al quale piaccia ciò che hai scritto.
Il lettore di musica rap, però, non è né un insegnante di liceo classico né un esperto dell’Accademia della Crusca, tanto per capirci.
Bene che vada è un semplice ragazzino che trascorre i suoi pomeriggi al parchetto sotto casa, fumando erba e ascoltandosi i Busta Rhymes dall’ipod.
Questo non significa che qualsiasi cazzata se l’ascolti. È un ascoltatore indisciplinato e viziato. Non lo puoi fregare. Ascolta musica rap, non Vivaldi.
E quindi tu trascorri le notti, cercando ispirazioni, per capire come coinvolgerlo dentro i tuoi pensieri e le tue sensazioni, iniziando a parlare del sole, per finire a parlare di guerra.
Poi ricorreggi e forse, rileggendo, capisci che la parola guerra non c’entra granché con la parola stella, per dire cosa, poi? Che sei una star?
Ricominci a leggere e capisci che così non va proprio, non si può parlare di sole, guerra e stelle per poi parlare di amici, alcol e ragazzi.
O certo, l’ex che ora ti sta venendo in mente faceva l’amore divinamente, ed ecco una rima in “mente”. Non ci voleva, troppo ovvia. E l’ovvietà non è roba da rapper.
Fa niente se alla fine manca la metrica giusta, non stai nemmeno scrivendo il M’illumino d’immenso, per Dio!
Devi avere il concetto forte, che sta in due parole, come riuscì a fare il grande, ma “piccolo”, Ungaretti.
La grande confusione mentale che hanno i rap è questa. Concetti che si fondono tra il sentirsi grandi, ma l’essere, di fatto, piccoli:

Cercare l’amore nei fondi del bicchiere,
Perché in questo mondo di numeri, zio,
devi essere il numero uno
Milano è low rider per sempre,
più punti sulla pelle che sulla patente
(Jake La Furia)

Viviamo di altre forme di comunicazione fatte di slang, di linguaggio di strada, di proletariato del semantico lessicale, di sudore, emozioni e amore.
E se poi riesce comunque a convincerti, è il ritmo che tutto questo deve avere che alla fine, come sullo spartito di un pianista, deve funzionare.
Ti viene in mente il pad che suonavi da piccola; inizi a ricordare i battiti che ci facevi sopra… tum, tutum… tum, tutum… la musica ci sta dentro finalmente, fonde perfettamente con le parole. Questo è rap!
Il rapper è un contaminato, uno che si fa un viaggio a ritroso dentro se stesso, torna bambino per sentirsi più adulto, oppure si fa più vecchio per sentirsi più bambino, incollando lemmi da tutto il mondo, creando il suo beat, il suo battito, il suo tamburo, colorato da mille sensazioni.

Non discrimina, non mente.
Il rapper non ha niente
Ma ti tiene in alto,
la rima è il suo vanto.

Come un poeta struggente,
racconta tutto e niente

Cade e si rialza,
aggiustando i cocci rotti,
storti, meschini,
li risolve ad alcool e vini

E dall’alto della sua mente,
lui non giudica e non mente
(Lily McGregor)


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010