Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
18ª edizione - (2015)

Schiavo del mondo

Tutti desideriamo diventare qualcuno nella vita, essere riconosciuti per quello che facciamo e amati per ciò che siamo. È un sogno disegnato nel cuore di ogni essere umano, persino nel mio. E rincorriamo tutti quel sogno, ci facciamo a pezzi pur di raggiungerlo. Ma quel sogno è veloce e questo mondo è così ingiusto, tanto ingiusto da donarci un paio di scarpe per raggiungere quel sogno… Ma non sempre quelle scarpe sono della misura giusta per i nostri piedi.
Ecco come la pensavo, fino a quando pochi giorni fa, errante in questo cammino che è la vita, ho incontrato te.
Il giorno del nostro incontro era un giorno di tempesta. La pioggia si fondeva col freddo ostile di quel solitario giorno d’inverno. Era un freddo penetrante, tanto da perforare la pelle e l’anima; bruciava con la stessa intensità di quella triste atmosfera corrosa dalle lacrime del cielo. È un ricordo così nitido che a volte temo diventi così intenso da accecarmi.
Tuttavia, né il freddo né la la pioggia m’impedirono di trovarti.
Te ne stavi nascosto tra le camelie bianche, dormivi nonostante il cielo sopra di te si squarciasse in un pianto isterico… Ricordo con tristezza tutta l’invidia che provai dinanzi alla tua ingenua tranquillità.
Ti osservai a lungo, senza curarmi della pioggia fredda che lentamente si andava calmando, finché mosso dal vento sei sbocciato come una camelia. Furono appena dei secondi, piccoli e interminabili secondi terroristi che salvarono la mia vita.
Dimmi, avrei potuto reagire diversamente quella volta? Impossibile, semplicemente impossibile. Nel quieto mare d’ambra riflesso in quelle tue pupille, non potevo che affondare. Terra e ambra si fusero creando il primo contatto. Il primo contatto, sapendoci estranei, o forse, sapendoci nulla. Dopo ciò, il vuoto mi avvolse e mi risvegliai qua, dove siamo tutt’ora, fianco a fianco.
Ora, con le labbra impiastricciate di polvere e fallimento, sdraiato su questo letto, in questa stanza impregnata dal rumore dei lamenti, non faccio che pensare a questo. Rivivo quel momento inconsciamente e cerco con disperazione la tua mano, per afferrarmi con tutto me stesso. Ripeto il tuo nome.
«Bambi» sussurro.
Me lo chiedo spesso come tu riesca a sentire quel sussurro ogni notte, perché nonostante la mia voce sia spezzata dai singhiozzi… Non hai mai permesso che il tormento angosciante assorbisse il mio animo.
Lo sai Bambi? Non sono ancora in grado di capire molte cose sul tuo conto: perché non ti sei mai arrabbiato pur sapendo che il tuo vero nome non è Bambi? Forse anche tu sei consapevole che assomigli proprio a quel cerbiatto? Forse non vuoi dare troppo peso alle mie sciocchezze? O forse, sono io l’unico a non aver capito che tu non conosci Bambi?
In questo momento il tuo sguardo, riflesso nel mio, urla che è così.
Puoi chiedermi chi è se ti fa piacere. Puoi chiedermi tutto ciò che desideri, se questo ti rende almeno un po’ felice.
Dimmi Bambi, tu sai che cos’è la felicità?
Non devi nascondere il tuo viso se non lo sai, non te ne devi vergognare.
La felicità, secondo il dizionario, è la compiuta esperienza di ogni appagamento; godere e assaporare. Secondo il vecchio nonno, è quel sentimento che affiora quando il tuo cuore è in pace. Secondo i miei coetanei, è una barretta di cioccolato dopo una giornata di scuola. La felicità, secondo la mia mamma, non è altro che una menzogna, una falsa speranza alla quale non devi mai afferrarti. Un veleno che uccide senza che tu nemmeno te ne accorga. Come vedi Bambi, la felicità neppure io so cos’è. Essa è troppo complicata anche per un bambino di otto anni come me. Forse, nel mondo di cui facciamo parte, la felicità è solo un agente segreto che cambia identità a ogni occasione, per ingannare le persone.
Tu però non devi mai ingannare le persone. Capito?
Un inganno è una bugia, una spina che ferisce nel profondo del cuore.
La mia mamma lo diceva sempre. Diceva che mio padre l’aveva ferita, che le aveva rubato la tranquillità.
Non devi spaventarti, non tutti i padri sono così. In ugual modo, non tutte le madri nuotano nel mare senza più emergere, come la mia.
Ogni volta, quando osservavo il mare, ci pensavo. Cercavo di indovinare che cos’è mia madre. Una sirena? Forse un pesce. La verità è che qualunque cosa lei sia, spero solamente che sia riuscita a ritrovare la tranquillità. Quando era con me riusciva a ritrovarla solo quando preparava i biscotti. Era veramente bellissima quando, fingendosi la presentatrice di un programma di cucina, me li offriva con il suo sorriso primaverile. Lo ricordo bene, amavo quel suo sorriso.
Amore… Questo sentimento l’hai mai provato, Bambi?
Una volta una bambina della mia classe si avvicinò a me e stampò un bacio sulla mia guancia.
Disse di amarmi e di voler restare con me sempre. Io rimasi immobile e sorrisi, sapevo che scherzava. Le lacrime che versò, però, mi sembrarono dolorosamente reali.
Quello stesso giorno feci un disegno, per dimostrare il mio amore. Lo regalai alla mia mamma. Piangeva anche lei e stringeva il mio disegno, ma io fissavo la macchia violacea che risaltava sulla sua bianca pelle.
Mi sussurrò che l’amore non esiste con la voce rotta. Come il mio disegno.
Il giorno dopo la bambina che mi aveva così tanto amato riposava sulla spalla di un altro.
Con questo voglio solo dirti che l’amore è un sentimento effimero, Bambi, ma non per questo devi sfuggirgli. Sono sicuro che la mamma ha solo dimenticato che una ferita aperta dall’amore può essere solo ricucita dal filo di un nuovo amore.
L’errore non è amare, Bambi. L’errore è aspettarsi di essere amati.
Essere amati è un privilegio che non ti verrà concesso sempre, ma non dovrai piangere se non riuscirai a comprendere il perché. Il perché non esiste. È un piccolo difetto di questo mondo e cercare un perché equivale a concentrare la tua vita in un fantasma che si burlerà di te.
Dovrai accettarlo, dovrai perdonarlo e una volta fatto… Quel fantasma sparirà, lascerà un vuoto dentro di te. E sai che cosa dovrai fare con quel vuoto? Lo riempirai. Non più con tristezze, non più con rancore e rimpianti. Lo riempirai con la vera bellezza di questo mondo.
Ci sono così tante cose belle in questo mondo, Bambi. Devi solo togliere la benda dai tuoi occhi per poterle vedere.
L’alba, per esempio. Hai mai visto l’alba, Bambi? Ti sei mai svegliato solo per attendere quello spettacolo che offre la vita? L’alba è la rinascita del sole.
Lo sai? Sotto la luce del sole accadono molte tragedie e lui è costretto a osservarle tutte. Per questo, quando si fa tardi, se ne va distrutto a piangere sul suo letto per poi, all’alba, rinascere con un sorriso. Sono sicuro che anche il sole ha un Bambi che lo protegge dall’oscurità.
Ho deciso. Oggi aspetteremo svegli l’alba e nell’attesa continuerò a parlarti delle meraviglie della vita, perché di tristezze non si dovrebbe mai parlare quando le si può evitare.
Li senti gli uccellini, Bambi? Li vedi i fiori? Senti la gioia che essi trasmettono? La vista è un senso magnifico, così come il tatto, l’udito, il gusto e l’olfatto.
La vista ti consente di ammirare eventi, occasioni e persone che illumineranno la tua vita con la loro sola presenza. L’udito ti permette di ascoltare canzoni, suoni e voci che scalderanno il tuo cuore ogni volta che le riascolterai. L’olfatto ti concede di sentire i profumi e i fetori, è la prima distinzione tra Bene e Male che vivi nella vita. Il gusto lo usi per assaporare la vita con la bocca, con il gusto puoi assaporare i frutti del mondo. Il tatto, invece, ti permette di afferrarti a ciò che ritieni importante. E una volta afferrato, dovrai lottare per non dover più separarti da ciò che custodisci tra le tue mani.
La vita, Bambi, è uno spettacolo i cui atti sembrano perfetti, ma gli intervalli asfissianti.
Durante il ciclo vitale di una persona accadono una successione di eventi che aiutano a formare il carattere di ogni individuo: eventi tristi, eventi magnifici, eventi da incubo, eventi quali i sogni. È solo importante ricordare che nessuno di questi deve influenzare il tuo amore per la vita.
Dio non ci sottopone a prove che non possiamo sopportare, Bambi. Tutto quello che Dio permette che accada ha un motivo che non riusciamo a comprendere ed è per questo che arriviamo a negare la sua esistenza. Io ci credo in Dio, ma non pensare che questo significhi che io riesca a capire il motivo della sua volontà. Io ci credo perché, dopo lunghi giorni di tempesta, ho visto la sua luce riflettersi sul mio cammino, attraverso i tuoi occhi.
Me lo chiedo spesso Bambi, quando osservo intensamente il cielo. Mi chiedo se le persone saranno mai in grado di capire che, definitivamente, i momenti belli non potranno mai essere sopraffatti da quelli tristi. Per quanto siano grandi le preoccupazioni, esisteranno sempre quei ricordi e quei momenti che ti ricorderanno la bellezza della tua esistenza.
Per questo motivo, se la vita decide di essere clemente e ti dona una seconda opportunità, devi afferrarti a essa e proteggerla a qualunque costo.
Mi chiedo Bambi, se è per questo motivo che mi afferro così tanto a te.
Ho sbagliato così tanto in questi otto anni di vita, Bambi, perché non ho fatto altro che inseguire un sogno inesistente: volevo essere qualcuno importante, riconosciuto ovunque io andassi, volevo essere l’uomo che la mamma non aveva mai potuto conoscere. Mi sono impegnato duramente per raggiungere quell’obiettivo, credevo davvero che quello fosse l’unico motivo per cui vivere, ma mi sbagliavo. Ero solo schiavo di ciò che il mondo voleva che io fossi e, come tale, non mi accorgevo che le cose davvero importanti, quelle di cui ti ho appena parlato, stavano silenziosamente sfuggendo da me. Ma quando me ne sono reso conto, quando i miei occhi hanno visto per la prima volta il vero mondo… Era troppo tardi. Tu e mamma… eravate spariti dalla mia vista, nel mare.
«Michael non c’è più, Stefano».
Insistevano tutti, come se davvero credessero che hai smesso di vivere senza nemmeno averci provato.
«È morto».
Parlavano tutti alle tue spalle.
«Devi lasciarlo andare» sussurravano mentre seppellivano la tua esistenza nell’umida terra.
Sbagliavano, si sbagliavano tutti, perché tu non te ne sei mai andato. E ora, dopo averti ritrovato, ora che ho tolto la benda che copriva i miei occhi, ora che le tue mani hanno rotto la catena di questa schiavitù, sento un piccolo dolore tanto desiderato. È l’inizio della nostra fine.
Non devi piangere piccolo Bambi. Sorridi. Se non abbiamo potuto vivere serenamente in questa vita, lo faremo in un’altra. E questa volta, le mie mani non afferreranno più quell’illusione di felicità disegnata nel cuore.
Questa volta afferreranno per sempre le tue.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010