Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
18ª edizione - (2015)

In caduta libera

Ormai lui se n’era andato. Più nulla. Più nulla era rimasto di lui. Solo un vago ricordo che con il tempo stava andando scomparendo. Il suo viso non era ben chiaro e definito nella mia mente, ma gli occhi, gli occhi, di certo, non li avrei mai scordati. Erano semplicemente perfetti, di quella perfezione che fai fatica a trovare nelle altre persone, nei comuni mortali. Sì, nei comuni mortali, perché lui non era un semplice e banale umano, lui era molto di più. Certo, non raggiungeva la soglia di perfezione, ma ne era vicino.
L’unico posto in cui ero libera di dar sfogo ai miei pensieri e di far partorire ricordi ormai dimenticati, era la terrazza sopra l’enorme palazzo di casa sua. Ci andavamo lì, io e lui, per passare i nostri pomeriggi. Niente di entusiasmante o così divertente, ma era perfetto. L’aria fresca in un giorno di settembre, sdraiati sopra un telo steso sul pavimento e noi. Noi due vicini, con le braccia che si sfioravano e gli occhi che guardavano il cielo. Noi che eravamo contenti così, a fissare quell’enorme distesa di azzurro sopra i nostri nasi e a chiederci come poteva esistere qualcosa di tanto spaventoso ma allo stesso tempo affascinante e… perfetto. Ci venivano alla mente domande esistenziali alle quali non sapevamo rispondere, nessuno sapeva rispondere. Nemmeno quegli scienziati che sanno ogni minima particella che vola nell’aria sapevano come poteva essere che il cielo, di notte e di giorno, poteva essere così grande ma al tempo stesso così piccolo. Perché quel cielo non c’era dappertutto. Quel cielo finiva nel momento esatto in cui noi decidevamo dove farlo finire. Noi eravamo finiti.
Mi sdraia su quel telo color celeste che mi aveva regalato e mi godei il crepuscolo lasciando che i ricordi riaffiorassero senza forzarli. Tutto era perfetto. Tutto. Il suo viso incastrato negli occhi, il suo sorriso incatenato nel mio e quel senso di libertà che lui mi aveva insegnato semplicemente sperando che ci sarebbe stato un altro giorno, un’altra vita, perché noi eravamo finiti, lì, ma dentro avevamo ancora vita. Vita che non si sarebbe esaurita mai. Due auricolari sbattuti nelle orecchie e tutto tornava a prendere colore. Tutto, ora, aveva un senso, per me, per noi, perché quel senso di vita era ancora intenso come quando lui era lì, su quella terrazza, sdraiato con me, accettando la nostra realtà.
Mi alzai, velocemente, senza saperne il motivo, ma il motivo c’era eccome.
Camminai fino a quella bassissima e insignificante ringhiera della nostra mansarda aperta e guardai in basso. Tutto era perfetto. Tutti i palazzi attorno a me avevano già preso luce, come ogni sera, come se, inconsapevolmente, avessero paura del buio. Ma l’oscurità non faceva paura, era solo la parte del giorno che il Sole abbandonava puntualmente. Scavalcai l’insignificante ringhiera e mi sedetti su un rialzo di cemento con le gambe ancorate al suolo. Guardavo giù stupita. Era tutto magnifico.
Mi tornò alla mente lui. Non so come e il perché, ma sorrisi. Forse il suo pensiero tornato alla mente aveva esploso in me una sensazione di estasi che non avrebbe avuto fine. “Niente ha una fine” diceva lui. E aveva ragione. Tutto è infinito, se lo si vuole. Sorrisi. Sorrisi con uno di quei sorrisi che credevo non sarebbero mai comparsi sul mio volto. Capii, in quel momento, che ero felice. Felice come mai prima. Avevo raggiunto l’estasi totale. Niente più aveva un senso o una ragione, ma io era infinita, lo sentivo fin dentro le vene.
Mi alzai e aprii le braccia per sentire il vento scorrermi su tutto il corpo. Risi, risi forte. Chiusi gli occhi per godermi ancora un po’ quella sensazione. Volevo raggiungere lo stato massimo di infinità e me ne impossessai non appena mi accorsi che mi aveva impadronito.
Stando con le braccia aperte avevo come la sensazione che sarei stata anche capace di volare talmente era tanta l’infinità nel mio corpo. Ero felice. Ero un uccello libero, adesso. Potevo volare, adesso. E così… saltai.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010