Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
19ª edizione - (2016)

Mirabilitas

Tempo fa, assistetti a una scena che cambiò la mia visione del valore della vita e del peso che gli innamorati, cui è stato negato l’amore, si portano sulle spalle.Era stata una giornata dal clima mutevole e refoli di vento mi accarezzavano le spalle nude, portandomi i capelli sul viso, davanti agli occhi, forse per impedirmi di vedere.La ragazza dalla treccia lunga e bruna camminava lentamente. Il movimento delle sue gambe mi portò a pensare a quando in estate potevi entrare nell’abbraccio con cui ti aspetta il mare, e cerchi di compiere dei passi ma le onde ti rallentano, ti mettono alla prova, come se volessero testare quant’è ostinata la voglia che hai di farti accogliere dalle acque.La ragazza dalla treccia lunga e bruna camminava; mi sembrava che quel leggero vento che spostava i miei capelli, cercasse invece di abbattere quell’esile figura, soffiandole sul viso e sul corpo tentando di fermarla e spezzarla.Camminava a testa bassa la ragazza, posando gli occhi sullo sterrato sotto i suoi piedi, vedendo senza osservare. Pensai che, probabilmente, la sua mente fosse lontana da quel luogo, da quegli istanti di quel giorno.La ragazza indossava un lungo vestito di leggero lino di un bianco così puro, il cui orlo le sfiorava le sottili caviglie.Le domande e gli intricati pensieri che le vorticavano in mente proiettavano sul suo viso un’espressione particolare: gli occhi erano infinitamente tristi, obbligati a non incrociare mai più lo sguardo dell’amato. Le labbra sottili, chiuse in un linea dura, e gli angoli della bocca parevano tendere verso il basso, come il suo capo.Davanti a una simile visione di disperata tristezza indossata da una meraviglia di ragazza, la malinconia venne a trovare anche me. Mi sentii quasi in colpa, quasi come se fossi io la causa del suo dispiacere immenso, come se fossi stata io a privarla dell’amato, dell’amore.La ragazza camminava, apparentemente senza meta, e io la seguii. Forse non avrei dovuto, forse ero di troppo in quella situazione, ma c’era un qualcosa in quell’esile figura che m’incuriosiva e mi portava a seguirne i passi.Osservavo come ondeggiavano i fianchi, come la lunga treccia bruna si muoveva a ogni suo passo.Quando si fermò, a qualche passo dalla riva del mare, coi piedi nudi posati sui sassi della battigia, mi accorsi che le mani, fino allora tenute strette al petto, reggevano qualcosa: una semplice margherita privata della vita, dai petali bianchi come la sua veste, dal centro giallo come il sole che quel giorno si nascondeva dietro le grigie nubi.Un passo dopo l’altro, una straziante passeggiata verso l’abbraccio delle acque, che la aspettavano, fiere della forza di volontà che l’aveva portata fino a lì.Il mare le sommerse le caviglie, fino alle ginocchia e poi la vita, impegnando il lino bianco d’acqua salata. La osservai scomparire sotto la superficie dell’acqua, e la guardai nuotare finché la curva della terra non la inghiottì.Il vuoto che lasciò dietro di sé fu colmato dalla pioggia che iniziò a precipitare ogni dove: su me stessa, sui sassi, nelle acque, sul paese alle mie spalle. Il mio sguardo non si spostò dal punto in cui era scomparsa la ragazza qualche minuto prima, o ore.I miei pensieri vagarono, alla ricerca della ragione per la quale quella meravigliosa creatura dalla bianca pelle e dalla lunga treccia bruna, potesse aver deciso di trascriversi il destino da sé. La mia creatività viaggiò per le case e per le piccole foreste che circondavano il luogo in cui avevamo entrambe abitato, senza incontrarci mai prima d’ora. Viaggiò creando la storia dei due innamorati, della prematura morte di lui e della disperazione che portò lei nello stesso luogo, pensai.Pensai anche alla margherita, che immaginai potesse essere il loro simbolo d’amore eterno e fedele. Immaginai il suo amato ad aspettarla con l’accoglienza migliore di quella che ti presentava il mare; lo immaginai in attesa della sua donna dalla lunga treccia bruna e ora con la testa alta, gli occhi splendenti e un sorriso abbagliante più del sole.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010