Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
20ª edizione - (2017)

L’universo trova spazio dentro me

E poi arriva quel giorno, intorno ai diciassette o diciotto anni, in cui scopri quel libro, con le pagine un po’ ingiallite, ma con parole limpide che ti cambiano per sempre. Quasi lo riconosci per le dolci frasi che ti sussurra durante la notte dal comodino, lo sfogli per mantenere viva l’antica fiamma che scalda il cuore, vorresti portarlo sempre con te, nello zaino, nel caso servisse un po’ di coraggio in più e alla fine semplicemente arrivi a considerarlo inseparabile amico, fidato fratello.
Ci sono stati tanti e diversi scrittori che si sono rivelati invisibili insegnanti, scacciando, quasi con prepotenza, dai miei occhi le distrazioni della televisione e la vanità del mondo virtuale. Sono loro a essere giunti fino a qui, nel mio piccolo mondo, per farmi scoprire un sentimento, incuriosirmi con un pensiero ardito o permettermi di compiere un piccolo passo in più nella lunga strada verso la consapevolezza.
Fin da bambino, i libri mi hanno fatto un certo effetto: è sempre così edificante leggere parole che appaiono come perle riaffiorate dagli abissi dell’animo per risplendere tutto intorno. Ancora inesperto del mondo, è rassicurante saper che uomini e donne, giovani e meno giovani, già prima di me, hanno attraversato quello stesso mare tempestoso, ricolmo di dolori, sacrifici, speranze e amori che si scopre pian piano. Avere la certezza che qualcuno, un tempo lontano, abbia provato la stessa emozione e, cercando di far un po’ d’ordine, sia riuscito a trasformare quel fugace pensiero in un’indelebile riga di foglio bianco. Ma per chi scrivere poi? Per tutte quelle persone che ancora appartengono alla rara categoria che crede nei piccoli sogni di un petto sempre giovane.
Perché se finora non l’avete intuito, un ragazzo alla mia età non vuole né successo né gloria, né soldi né feste. Un ragazzo, alla mia età, desidera solo un po’ di fiducia e compagnia, un po’ di silenzio e speranza in un mondo che sembra fuggirgli dalle mani come una farfalla appena sfiorata.
Ci vuole delicatezza con chi è felice.
Ciò che mi spinge a scrivere sono i sentimenti trasmessi da un giovane spettinato come me. È stata proprio una di quelle storie che arriva da lontano, ma che ha saputo gentilmente toccarmi nel profondo. Ha precisamente raccontato a me stesso ciò che stavo vivendo, ha provato a difendermi dalla nube di colori e profumi che animano la giovinezza.
Questo libro è rimasto sul mio comodino per il tempo necessario, senza giudicarmi e correggermi. Ovviamente il tutto è accaduto senza che me ne rendessi immediatamente conto: si sa che i ragazzi, a differenza del mare, realizzano sempre in ritardo i cambiamenti che si agitano nel loro spirito guerriero.
Quale straordinario e incredibile avvenimento avrà mai segnato la mia tardo-adolescenza? Beh, quello che succede a tutti noi giovani. E che sicuramente è successo a voi genitori, non altro che spensierati ragazzi che forse hanno solo dimenticato di esserlo stati – parafrasando quel Piccolo Principe che non so dove sia fuggito adesso, ma che mi ha regalato tante e tante parole d’amore.
Io, un normale ragazzo che nel bel mezzo di un’estate, tutta corse e fiato corto, si è ritrovato a ruotare intorno alle orbite dell’Universo. Per una manciata di settimane, con leggerezza, avevo sfrecciato, senza pesi, a mente un po’ errante e cuore aperto, attraverso le soleggiate vie del centro, i verdi boschi e i profumati campi. Salivo in sella alla bicicletta e cominciavo a pedalare, pedalare e pedalare su per candide salite di nuvole, tra un raggio di sole e uno scintillio di vivide stelle.
È così che succede con le emozioni: si è felici, il sentimento sorpassa il pensiero e ci si dimentica di frenare.
In un certo senso avevo dimenticato tutto il resto. Avevo dimenticato di esistere con il pilota automatico e avevo iniziato a vivere, sul serio. Giorno dopo giorno, scendevo sempre più giù nelle infinite vie del cuore, così misteriose e appassionate che nessuno è mai riuscito a resistere loro e sottrarvisi.
È stata una storia di libertà guidata dall’istante, di folli fughe a rincorrere ombre e sorrisi misti a gocce brillanti sul viso. Ho vissuto una storia di desiderio raggiunto e mai afferrato con certezza.
Avevo capito come provare a eludere la solitudine. Quella cupa bestia per cui tanto si vuole lottare e vincere, trovando il senso all’esistenza. Ognuno si sente la metà di qualcosa e non è contento finché non si completa.
Anch’io ho desiderato questa completezza, ho avuto coraggio, tuffandomi a capofitto. E vi assicuro che è stato davvero bello. Credere di essere arrivati al limite universale, non aver avuto bisogno di nessun altrove a cui tendere. Cantare quell’unico verso della Vita, per convincersi di essere solido sogno e non soltanto fumosa illusione. Prendere una fresca boccata d’aria al risveglio di una mattina in cui sbocciano i fiori e subito immergersi nell’anima calda del dolce mare.
Per un’estate il mio unico orologio è stato l’incessante battito del cuore. Le lancette non avevano importanza, nessun impegno da tenere stretto e termini da definire. Non contavano più le ore perché per me, uomo libero, ogni istante era un piacere.
Non posso nascondere che appena conclusa l’ultima pagina, alle prime luci dell’aurora di settembre, iniziavo a intuire che, come per Alex, anche il mio racconto, così immensamente vivo, fosse giunto al traguardo.
In ogni storia c’è la fine e, per quanto possa sembrare deludente, la fine è solo una parte dell’avventura. Non pensate che sia stata una storia a lieto fine. Ho voluto rischiare l’intera mia anima nel lancio di un dado. Ho perso, ma grazie alle pagine coraggiose di questo libro ho saputo risollevarmi dal caldo asfalto, riprendere in spalla lo zaino e ricominciare tutto da capo.
È stato proprio grazie a uno di quei libri che trovi nella libreria di casa, forse un tempo amato da qualcuno e dimenticato poi come un soprammobile qualunque.
Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe successo proprio quel che succede a diciott’anni nei sogni. Tutto ciò significa stravolgere le aspettative; rubare la palla all’Uomo dei pronostici sicuri, sfidare le scommesse certe che ti promette il mondo e smettere di fantasticare tanto intorno a mere illusioni che finiranno presto in un buio seduttore.
Lettori, compagni di viaggio, in queste poche battute ho voluto raccontarvi me stesso, tutto intero, senza imbrogli. Adesso vi chiedo solamente di crederci a quel semidio alato che, bendato, scocca dardi da un estremo all’altro. Siate coraggiosi, rischiate, non lasciatevi convincere dai professionisti della serietà, campioni della serenità a pagamento. Gridate al mondo la vostra emozione più nascosta. Non si smette di osare perché si invecchia, ma si invecchia perché si smette di sognare.
Non dimenticate mai di arrampicarvi o pedalare in salita: c’è chi sostiene che la felicità sia un oggetto da comprare o una persona da aver al fianco, ma vi posso garantire che la felicità è un luogo in cui vivere, anzi meglio la felicità è un tempo in cui essere.
Ringrazio Enrico Brizzi e la sua storia. Senza Jack Frusciante è uscito dal gruppo, mai avrei scoperto un’ulteriore parte di quell’universo che ogni mattina nasce dentro me. I giorni, già di per sé lunghi e ripetitivi, sono, in assenza di una storia da vivere un insormontabile macigno.
Forse proprio così ho capito che certe cose, nella vita di un uomo, accadono una volta sola e tutto quello per cui ci si affanna, si lotta, si cade e si piange non è altro che un favoloso passo in più verso il nobile desiderio che non ci aspetta alla fine della corsa, ma corre a perdifiato verso di noi. E noi non lo sappiamo, ma lui vorrebbe tanto farsi conoscere. Vorrebbe chiamarci da lontano, indicarci la via, senza che l’indifferenza getti tutto al vento. Sì perché, quel desiderio, sa che riuscirebbe a condensare il valore di un’intera vita in un gesto, salvandoci dal caos.
Mai nulla è perduto finché il rosso nel petto ci batte e ci muove. I sentimenti sono davvero un dono per chi ogni giorno decide di dire sì, di insistere, di crederci, a costo di sbagliarsi, rischiando di smarrirsi e perdere le tracce dei cari compagni.

Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta, non andartene docile in quella buona notte. Infuriati, infuriati contro il morire della luce.
                                                                            Dylan Thomas


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010