Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
11ª edizione - (2008)

Ho aspettato a lungo qualcosa che non c'è invece di guardare il sole sorgere - Elisa

“L'attesa è parte integrante della natura umana, dunque l'uomo è naturalmente portato ad aspettare ciò che molto probabilmente non arriverà mai. Un sogno, un progetto, un ideale, tutte cose che richiedono lunghi tempi di attesa. Sicuramente ci vuole meno tempo a raggiungerli rispetto al tempo che ho passato in questa sala d'attesa!” Questo pensava lei mentre faceva tamburellare nervosamente le dita sulla sedia. Era quasi un'ora che aspettava che il dottore la facesse entrare, sentiva lo sguardo dell'annoiata segretaria che la fissava. La musica suonava piano nelle orecchie e i pensieri volavano liberi. Non si sentiva molto bene fisicamente, ma con qualche ripercussione dal punto di vista psicologico.
 A casa le cose non andavano tanto bene, sua madre e sua sorella che litigavano e urlavano una contro l'altra in un tranquillo pranzo domenicale. La nonna, costretta a letto in casa sua per problemi di salute, e su di lei l'incarico di assisterla, ricordarle le medicine, farle provare la glicemia e, cosa più importante, nascondere completamente tutte le sue preoccupazioni o ansie per rassicurare la sorella e la nonna stessa. Farsi vedere forte senza poter cedere mai, neanche sola nella sua stanza per paura di non riuscire ad uscire dagli incubi. Tutto questo si aggiungeva al suo cuore, appesantito da tante piccole preoccupazioni quotidiane. È stanca di fingere a tutti che vada tutto bene, che lei è buona, che è cambiata dal suo passato nel quale è stata costretta a farsi le ossa a furia di cadere ed essere calpestata. Con il senno di poi si rende conto che tutto questo è stato l'attesa per qualcosa che è venuto dopo: la sicurezza. Grazie a quell'arena, quell'attesa, lei è quello che è ora, con il suo bagaglio di esperienze.
 L'attesa questa volta ha ripagato. Il filo dei suoi pensieri è interrotto dalla segretaria che le sta parlando, non l'ha sentita, si toglie gli auricolari e chiede gentilmente di ripetere. Stava riportando un messaggio del medico, aveva fatto tardi a causa di un'emergenza, si scusava per l'attesa e le chiedeva di essere paziente. Va bene, non c'è problema, tanto ho i pensieri a farmi compagnia, sono pesanti, ma quasi rassicuranti. La consapevolezza del suo ruolo a casa, in classe e nella vita in generale era arrivata con il tempo, lei è quello che è e non avrebbe permesso più a nessuno di cambiare qualcosa di lei. Il tempo è stato fondamentale quasi quanto inutile.
 Forse sarebbe stato meglio per lei una scottante rivelazione, scoprire di essere una rompiscatole, pignola, lunatica, maniaca, pettegola, che desidera tenere tutto sotto controllo, che detesta rimanere sola perché ormai il contatto umano le è indispensabile. Già, perché dopo aver provato sia la solitudine che la compagnia non avrebbe mai più voluto tornare indietro, le era impossibile e quasi inconcepibile pensare di rinunciare anche a una sola delle sue relazioni umane. Consapevolezze fuori dal tempo e dallo spazio, perché nei momenti come quello, in cui riusciva a vedere se stessa fuori dal suo corpo, i suoi comportamenti e le sue reazioni dall'altro, oggettivamente riusciva a rendersi conto di quello che avevano sempre sostenuto gli altri. Non era facile.
 Non era facile incassare per indole tutto e tutti, era come una droga e lei non ne poteva fare a meno. Giusto la sera prima aveva dovuto dimostrarsi forte e chiudere il cuore ai sentimenti, quando suo cugino di appena nove anni era stato male, come lo è stato ripetutamente durante la settimana, sua madre a casa di sua zia per l'urgenza e lei aveva dovuto essere forte per la sorella e per la nonna, preoccupate e ansiose. Il panico in queste situazioni è inutile, un sorriso e un comportamento sereno sono la chiave (di questo ringrazia sua madre che si è sempre mostrata forte per tutti quando ce n'era bisogno). Ma ora è più comodo così, per non affrontare difficili sentimenti, da cui è sempre stata terrorizzata.
 I pensieri si rincorrono uno dietro l'altro, mentre lo sguardo vaga sulle piastrelle bianche della sala d'attesa. A un tratto un sorriso guizza sulle sue labbra, la canzone in riproduzione le ricorda dei raggi di luce solare che ogni tanto risollevano il suo cuore, spazzando via per un po' le preoccupazioni. L'alba completa non è ancora arrivata, l'insieme di tutti questi raggi non c'è ancora, ma lei sa che il tempo è la chiave. Non il tempo materiale e inutile, ma quello che tutto può. L'attesa avrebbe ripagato anche questa volta e lei ne è convinta, per andare avanti deve esserne convinta. Il cellulare vibra, lei sa già chi è, è uno di quei raggi che le chiede com'è andata la visita, che a quest'ora avrebbe già dovuto essere conclusa; il sorriso si allarga. Certezza confermata.
 È lui, che come tante altre volte l'aveva risollevata da quella notte senza luna né stelle. Il meccanismo è innescato, le cose positive stanno illuminando la sua notte buia, si ritrova a sorridere come un'ebete pensando alla sua migliore amica, nonostante le grandi difficoltà di relazione; alle sue amiche più care, nonostante i frequenti commenti acidi, le battute pesanti e qualche volta inopportune; alla sua famiglia, nonostante i problemi.
 Nonostante tutto l'alba le dà pace e serenità. La segretaria ebbe un tempismo perfetto, alla fine di questo ragionamento, la fece accomodare nello studio del dottore e la sua visita iniziò, con il sorriso sulle labbra e un'alba in mente.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010