Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
11ª edizione - (2008)

Nella terra dei Ciclopi

Era notte, la fitta nebbia e le nuvole oscuravano la falce di luna nel cielo. Dopo il lungo viaggio per mare, finalmente Odisseo, dalla sua postazione rialzata, scorse un nastro di terra all'orizzonte.
 Il suo potente grido Terra rimbombò nel buio della notte. Subito fummo furono pronti a sbarcare, per poi raggiungere con alcune scialuppe la spiaggia. Dopo aver improvvisato un breve accampamento riposammo nei nostri giacigli sul litorale. Le prime luci dell'alba mi svegliarono. Odisseo era già in piedi da un pezzo e stava preparando un dono per gli eventuali abitanti della zona. Egli infatti voleva offrire loro un otre di vino per ingraziarseli. Il sole, rosso, poco alla volta spuntò dalle onde e man mano che saliva una luce sempre più chiara si diffondeva nel cielo. Ormai tutti erano pronti per andare in esplorazione nell'isola.
 Camminando nella foresta, Odisseo, acuto osservatore, notò la presenza di rami spezzati in alto, lungo tutto il sentiero. Ciò dimostrava che gli abitanti della zona dovevano essere molto alti e forse non necessariamente umani. Poco alla volta ci rendemmo conto di essere approdati nella terribile terra dei Ciclopi, esseri violenti, privi di leggi che abitano nelle spelonche.
 Salendo, non fu difficile imbattersi in una di queste lunghe caverne. Entrando, sugli scaffali, notammo una grande quantità di formaggi e prodotti della pastorizia, anche se del proprietario non c'era traccia.
 Avrei voluto rubare tutto il trasportabile e tornare per mare, ma Odisseo era curioso di vedere il Ciclope e metterne alla prova l'ospitalità. Sta di fatto che aspettammo nella grotta il suo arrivo, mangiando cacio e scaldandoci intorno a un piccolo fuocherello.
 Arrivò con la mandria poco dopo, e con un carico di legna per la cena. Lo gettò con molta forza nella caverna e il rimbombo fu tale che, spaventati, ci rifugiammo tutti in un angolo dell'antro. Intanto egli sistemò caproni e arieti in un recinto all'esterno, mentre tenne le capre femmine nella caverna, che poi chiuse con un masso a dir poco gigantesco. Mise a bollire parte del latte per la cagliata e poi, quando ci scorse, gridò: "Stranieri, chi siete? Vagate per mare per portar danno agli estranei?".
 La voce del Ciclope metteva paura anche ai più fieri uomini di Odisseo, me compreso. Ma Odisseo, senza timore, gli rispose: "Siamo Achei di ritorno da Troia, deviati dai venti del mare e bramosi di giungere a casa. Qui giunti ci gettiamo alle tue ginocchia, semmai ci ospitassi. Onora gli dei, o Potente."
 Nonostante il tentativo adulatorio di Odisseo, il Ciclope sembrava irritato, molto irritato. Rispose in malo modo a Odisseo, ricordandogli che i Ciclopi non temono l'ira divina di Zeus. Chiese poi a Odisseo dove avesse fermato la nave. Ma egli, con una bugia, gli raccontò che l'ira di Poseidone, durante una tempesta se l'era presa e, che gli uomini che aveva con sé erano i superstiti.
 Il Ciclope non rispose ma, con istinto animale, prese nelle sue mani due miei compagni, tra i migliori, e con stupore di tutti li lanciò a terra, fracassando loro la testa. Ancora non soddisfatto si cibò in modo estremamente violento della loro carne. Tutti noi piangevamo, per l'improvvisa e macabra morte dei nostri validi amici. Dopo la sua cena il Ciclope giacque nell'antro, disteso tra le sue capre.
 In un angolo della grande caverna ci coricammo per dormire; eravamo scossi dalla potenza del gigante, temevamo per la nostra stessa vita.
 La mattina seguente, il Ciclope diede ancora dimostrazione della sua crudele forza uccidendo altri due miei compagni. Poi, con la pesante pietra, chiuse l'ingresso della caverna. Per la prima volta Odisseo aveva veramente paura di morire. Ma non si scoraggiò.
 Vide un tronco di ulivo secco, abbastanza vecchio, abbandonato in un angolo dell'antro. Chiamò me a altri tre nel tentativo di estrarlo. Dopo non pochi sforzi e con l'aiuto di una fune recuperata sul posto riuscimmo a tirarlo fuori. Poi, con pietre affilate riuscimmo a dare una forma acuminata al bastone, e per finire il tutto, Odisseo lo temprò sul fuoco. Egli pensava di poter accecare il Ciclope che, per quanto grande, una volta persa la vista non poteva fare molto contro di noi. Era la nostra unica speranza di sopravvivere.
 La sera ritornò con le greggi. Mentre mungeva, Odisseo gli offrì in dono il vino scuro che avevamo trasportato. Il Ciclope apprezzò la bevanda e promise a Odisseo che sarebbe stato l'ultimo ad essere mangiato. Odisseo attese che il gigante si ubriacasse e quando gli chiese il suo nome, disse, con grande astuzia, di chiamarsi Nessuno.
 Poi, silenziosamente, utilizzammo il grande tronco per togliergli la vista. Noi tenevamo il tronco dritto e Odisseo, dall'alto, lo spingeva con tutta la sua forza nell'unico occhio del gigante.
 Egli urlò e tutta la caverna tremò. L'urlo si disperse nella notte e fu udito in tutta l'isola. Gli altri Ciclopi, improvvisamente svegliati, accorsero alla spelonca di Polifemo. Ma il Ciclope confuso e tremendamente dolorante disse loro che Nessuno lo aveva colpito con l'inganno. Gli altri Ciclopi, udendo tali parole, pensarono che nulla fosse accaduto e ritornarono nelle rispettive caverne.
 Odisseo, felice e compiaciuto per la riuscita dell'impresa, mise in atto la secondo parte del piano. Doveva infatti ancora uscire dalla caverna, e Polifemo non aveva spostato il gigantesco masso. Con lacci di vimini legò a gruppi di tre gli animali sotto e a quello centrale mise uno di noi. Dopo essersi legato al montone più grosso, attendemmo l'alba. Le prime luci filtravano dalla volta della caverna. Polifemo spostò la grande pietra e fece uscire gli animali, che belavano perché non erano ancora stati munti. Uscimmo così anche noi senza destare sospetti. Il montone più grosso, appesantito da Odisseo, uscì per ultimo dalla caverna. Polifemo lo accarezzò e lo lasciò uscire, senza aver notato la presenza di Odisseo. Tornammo così alla spiaggia, dopo aver abbandonato le greggi, e i nostri compagni ci accolsero con gioia perché sopravvissuti, ma piansero amaramente per la morte dei compagni.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010