Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
10ª edizione - (2007)

La Valle dei Templi

La Valle dei Templi; colossali si ergono in alto muti, ti pongono la soggezione del loro vissuto, della loro storia e come faceva a non voler scrivere Pirandello in un luogo dove anche la terra traspira sentimento?
Io non ero mai stata in Sicilia e qualcosa mi ha convinto che l'amore per una terra può valere anche più di quello per una persona e sicuramente non può deluderti come spesso fa la gente.
È stato indimenticabile, una di quelle esperienze che quando torni e la racconti agli altri; per quanto tu possa veder brillare i loro occhi sai di non saperla rendere a parole.
Era settembre, scalinate bianche e sudate, c'eravamo noi ragazzi del gruppo teatrale del Beccarla; arriva il prof. Capagna da lontano con stampato un sorriso smagliante non intenzionato a mutarlo per tutto il tragitto: eravamo stati presi, io non ci speravo neanche più, la gioia dilaga.
L'otto giugno avevamo recitato al resto della scuola La patente e qualche settimana prima avevamo spedito al convegno di Agrigento, sezione teatro, un nostro scrausissimo, umilissimo filmato quando eravamo ancora scoordinati e acerbi.
La rappresentazione era piaciuta ma ora dovevamo prepararci a una sfida vera e, care le mie muse sicule, come dice Virgilio, dovevamo davvero innalzare la nostra materia, per un vero pubblico, una giuria. Abbiamo aggiunto e riscritto delle parti, provato e riprovato fino alla nausea; il quattro dicembre voliamo in Sicilia, l'atterraggio preceduto da un sorvolo a pelo d'acqua, i venti gradi e il sole di Catania erano la genesi di un sogno.
Poi il giorno dello spettacolo, quella sera ho capito che avrei vissuto di pane e palco: prima senti una forza dentro, un bruciore allo stomaco, tutti in cerchio facciamo gli esercizi per riscaldarci: una atmosfera in cui l'aria vibrava di vittoria e insieme delle nostre insicurezze.
Eravamo arrivati a un punto in cui sembrava che nessuno contasse più di un altro e si voleva bene a tutti nello stesso modo, fuori dal tempo e dagli occhi cattivi della società, una sorta di stato primordiale in cui si è ignoranti persino di gelosia e rancore: i bacini, le risate un po' nervose degli altri mentre io cerco di rilassarmi facendo concentrazione shaolin.
Quell'impedito di Giò rompe il vassoio cinque minuti prima che si inizi, il brusio di là della gente che entra, dietro cantano e si truccano; disponiamo i vestiti di scena, di là dalla tenda sempre più brusio poi quel bruciorino di cui vi parlavo lo potete solo immaginare.
Francesco ha gli occhi sognanti e capisco dal suo labiale che sta ripassando la sua parte, oddio mi sta risalendo il cannolo, mannaggia la Benni! dov'è la Benni che si comincia? Pacche a tutti sul sedere, le mani tutte unite sudaticce e calde e in coro: "Merda merda merda!".
Poi il buio e sei sul palco e le preoccupazioni della vita avevano timore del pubblico e sono rimaste ad aspettarti nel camerino; smetti di tremare immersa nella luce dei riflettori che ti fa sudare e le parole ti escono dalla bocca con arte, non hai più paura e godi di quei momenti che non vivrai mai più, perché è questo il bello del teatro, che ne rimarrà un ricordo e basta e che ogni volta che lo rifai viene in modo nuovo.
Metà di noi erano "giudici": sfogliano delle carte in silenzio poi ecco noi, gli "iettatori", che irrompiamo sul palco; procediamo uniti, silenziosi, inquietanti, avvolti in mantelli scuri sotto una testuggine di ombrelli neri.
Uno dei giudici alza il capo seguito dagli altri : ma fatemi il piacere che storie sono queste, vergognatevi.
Due masse che sembravano due personaggi: questa la nostra trovata per portare in scena l'opera del geniale autore che ha dato vita a Chiàrchiaro.
Congelato in una soffocante figura che non dà più vita, che l'ignoranza della gente ti plasma addosso: questa l'ossessione di Pirandello nei suoi personaggi in cerca di identità che sono un uno nessuno e centomila ruoli che fanno di noi la moglie, l'amante o la professoressa acida a seconda di chi ci sta guardando; talmente incollato addosso che alla fine, solo e contro tutti, arrivi a un bivio e puoi fare solo due cose, o eliminarti o giungere all'amara ma eroica decisione di chi non ha più nulla da perdere di fare del tuo grottesco involucro una forza tremenda.
Ed ecco la comicità del Chiàrchiaro macchiarsi di pungente drammaticità quando dice: perché ho accumulato tanta bile e tanto odio io contro tutta questa schifosa umanità, che veramente credo signor giudice di avere qua in questi occhi la potenza di far crollare dalle fondamenta un'intera città si tocchi,si tocchi perdio.
Guardiamo i protagonisti di Pirandello e ci viene da sorridere, goffi e stravaganti, un sorriso che si spegne subito e diventa amaro quando questi si scoprono.
Al testo originale abbiamo aggiunto una parte scritta da noi: una carrellata di figure tutte emarginate dagli altri per un difetto: il superbo, il logorroico che parla un sacco e non capisce perché gli altri intanto se ne vanno, la fashion-victim che crede di essere mandata dal cielo per dare un'aggiustatina allo style degli altri … erano pezzi carini e comici, infine balliamo con i nostri "tic", simbolo dei nostri difetti, su L'ombelico del mondo.
Con questo intendevamo trasmettere di portare in luce il lato oscuro della nostra diversità e portando giù dal palco la nostra danza deforme, mischiati al pubblico, ci nutrivamo del calore umano mentre tutti ballavano e battevano le mani con noi… .indimenticabile.
La mattina al bar gli autoctoni ci dissero che avevamo portato un'allegria che ormai da tempo non si vedeva più in quel convegno troppo serio.
Quella sera ho visto cose che voi umani non potete immaginare, la felicità trasformarsi in follia… un andare e venire di ragazzi-attori siciliani e da tutta Italia e condividevo con loro il fuoco d'amore per Pirandello; che simpatici i siculi e che dispiacere lasciarli!
La serata si prolunga fino ad un'ultima partita a carte con un body-guard che ci racconta di come fosse uscito dal tunnel della droga a avesse trovato la via della luce, la stessa luce che aveva visto Ciaula (altra meravigliosa invenzione pirandelliana) appena uscito dall'oscurità della grotta: grande e grosso energumeno scemo, trattato come una bestia sotto il peso delle pietre; la pelle spessa divenuta insensibile al dolore, la scaletta ripida inghiottita nel buio della miniera che gli dà sicurezza come fosse la sua casa.
Sudato posa il sacco; la bocca spalancata in uno sguardo rapito dalla bellezza e gli occhi conoscono il pianto per la prima volta che l'aveva vista "la luna".
L'uomo solo immerso nella natura siciliana selvaggia e anche così crudele, sentirsi vicini all'animale, alla terra, seno che ci ha generato, parte integrante di una natura in cambiamento continuo e non sei più solo.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010