Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
9ª edizione - (2006)

Un Personaggio

Mohandas Karmchand Gandhi, nato nel 1869, era un indiano che, alla fine della Prima Guerra Mondiale, basandosi sulla non-violenza e sulla disobbedienza civile, fu l'organizzatore del grande movimento che lottava per liberare l'India dall'occupazione inglese, che egli considerava una disgrazia perché aveva gettato nella miseria milioni di persone.
Gandhi faceva parte di una ricca famiglia indiana; compì gli studi di legge e, per perfezionarli, visse per qualche anno a Londra: in seguito si trasferì in Sud-Africa, dove cominciò ad occuparsi dei diritti civili dei suoi connazionali emigrati. Una volta tornato in India fu incarcerato più volte dagli inglesi, acquisendo ad ogni incarcerazione sempre più fama e prestigio.
Gandhi non ricoprì né cariche politiche né religiose: l'unico titolo che gli fu riconosciuto fu quello di Mahatma (Grande Anima) perché era considerato la maggior autorità morale e spirituale del suo Paese.
Gandhi basava le sue idee, le sue teorie e le sue azioni sull'amore per gli altri; si ispirava e praticava la nonviolenza, alla quale era abituato fin da bambino, e la disobbedienza civile. La nonviolenza consiste nel comportarsi in modo da non fare violenza a nessuno anche quando la si subisce e si dovrebbe reagire, rispondendo alle offese, alle provocazioni e agli attacchi, anche morali ma più spesso fisici, con la ragione. La disobbedienza civile è un altro metodo di lotta passiva che consiste nel non obbedire coscientemente ad alcune leggi o regole imposte, in modo da danneggiare sia l'economia che l'immagine delle istituzioni.
Questi due strumenti furono utilizzati da Gandhi e dai suoi seguaci nel 1928, durante la "battaglia del sale", sostenuta da più di 60 mila persone guidate dal Mahatma. In quel periodo l'India viveva momenti di estrema tensione; in aria c'era moltissima violenza. Gandhi, dopo aver marciato e pregato per quasi un mese, percorrendo chilometri e chilometri, assieme ai suoi "discepoli", infranse la legge inglese, secondo cui possedere sale non acquistato presso il monopolio statale era considerato reato, procurandosi il sale direttamente dalle acque del mare.
Questo fenomeno ebbe ripercussione su tutte le spiagge dell'India: in ogni zona costiera del Paese, i contadini iniziarono a procurarsi il sale in modo illegale. Moltissime persone furono picchiate, bastonate e arrestate; anche il Mahatma fu arrestato e rinchiuso in carcere. Questa lotta servì a dimostrare a tutto il mondo che non è mai necessario ricorrere a metodi violenti per far valere le proprie idee, i propri diritti e le proprie ragioni:
Tuttavia Gandhi non si limitò ad individuare forme di lotta che colpivano economicamente il nemico, ma anche correzioni e modifiche agli usi e costumi locali per rendere la società indiana più giusta ed equa quali, ad esempio, la rinuncia all'usanza di combinare matrimoni tra bambini in tenera età e l'eliminazione dell'uso di oppio e alcool.
Una volta ottenuta l'indipendenza dell'India dall'Inghilterra, mentre era impegnato a combattere i sanguinosi contrasti interni tra indiani di fede islamica e indiani di fede induista, Gandhi fu assassinato da un fanatico indù, vittima di quella stessa violenza che egli aveva tanto a lungo e con tanto impegno combattuto.
Se Gandhi avesse avuto a disposizione più tempo e mezzi di comunicazione più moderni, possiamo solo immaginare cosa altro avrebbe potuto ancora fare per noi e per migliorare questo nostro mondo, dalla cui faccia è stata comunque cancellata, grazie a lui, una buona parte di violenza.
Per quanto riguarda la nonviolenza, penso che chiunque venga "attaccato", subisca una provocazione o un'offesa, abbia la tendenza a reagire allo stesso modo, cioè vendicandosi per mezzo della violenza fisica; ci vuole sicuramente una grande forza di volontà e parecchio autocontrollo per avere o mantenere costantemente un atteggiamento nonviolento.
Inoltre mi sento di dire che difficilmente mi batterei da sola per ottenere il riconoscimento dei miei diritti o per qualsiasi altro motivo, mentre se ci fosse un numero consistente di persone che condivide la mia stessa situazione, qualunque essa sia, che mi appoggia e mi sostiene, avrei di sicuro più coraggio, più stimoli e più voglia di lottare e di andare avanti: penso infatti che siano l'uguaglianza degli ideali, degli scopi e il modo di agire per ottenerli che facciano la forza.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010