Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
7ª edizione - (2004)

Un'esperienza di lettura

"Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane né corsieri come una pagina di poesia che s'impenna. Questa traversata può farla anche il povero senza oppressione di pedaggio tanto è frugale il carro dell'anima".

E. Dickinson

 

"Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane..."
Così scrive Emily Dickinson nella sua casa del Massachusetts, dando ragione al vecchio detto secondo cui "La vita o si vive o si scrive".
Lei ha scelto di scriverla, viaggiando sulle ali dei libri verso terre lontane e cavalcando poesie impetuose; per paura o per dolori dell'anima. Non si sente, tuttavia, rimpianto nei suoi versi, solo una calma serenità.
Non per tutti la scelta è stata così facile, la solitudine così quieta.
Non è stato così per H.P. Lovecraft, uno dei maggiori creatori d'incubi del nostro secolo.
Dai suoi racconti, raccolti nel libro "Il richiamo di Cthulhu", traspare una visione della vita cupa e senza speranze: i "Grandi Antichi", le entità extraterrestri che minacciano di invadere la terra, sono onnipresenti e immortali, potentissime e dotate di una malvagità impossibile da concepire.
Il libro di Lovecraft fa paura, suscita repulsione, ma più per la figura tormentata dello scrittore che si disegna dietro le parole che per le storie, così inverosimili da apparire quasi comiche.
Egli usa una prosa ridondante e bizantina, antiquata, oppure un frasario scientifico raggelante; i dialoghi sono rari e inverosimili, perché Lovecraft era un solitario, un omofobico.
I suoi racconti traboccano di contadini ignoranti e degenerati fino ad essere di poco superiori agli animali, di infidi meticci e di ebrei cospiratori, perché lui era uno snob razzista, perennemente disgustato da un'umanità che riteneva inferiore.
Ciò che spaventa nelle storie di Lovecraft è l'uomo che c'è dietro, un uomo tormentato da incubi ricorrenti, povero, cresciuto senza una vera istruzione da una madre iperprotettiva e squilibrata, che non aveva saputo né voluto prepararlo per il mondo reale.
La cosa che fa paura, nei mostri immondi di Lovecraft, è che ci sia stato qualcuno capace di crearli. Eppure milioni di persone al mondo amano i suoi racconti, così come li amo io. E questo perché è sincero, mortalmente sincero; non c'è una paura che cerchi di suscitare che non abbia sperimentato, nessun incubo che non lo abbia terrorizzato prima che lui lo trasportasse sulla carta.
È questo il suo segreto: come "l'arabo pazzo" Abdul Alhazred s'introduce nel covo dei mostri per descriverne le orrende abitudini, così Lovecraft penetra nei propri incubi e dà loro un nome alieno, li allontana e li osserva, li combatte. Nyarlathotep, Yog-Sothoth, Cthulhu, sono rappresentazioni immonde, allegorie piene di terrore delle paure di un uomo incapace di rapportarsi con gli altri, emarginato, infelice.
Non ci sono morali nel libro di Lovecraft, non c'è altra emozione che la paura; ma, proprio per questo, esso è un inno al potere taumaturgico della scrittura, perché senza di essa sarebbe impazzito. Se non avesse potuto chiamare il suo desiderio sessuale represso Yog-Sothoth, la sua sete morbosa di conoscenza Nyarlathotep, la sua paura della morte come del vuoto infinito Azathoth, sarebbe finito in un manicomio con una camicia di forza, e questo egli lo sapeva fin troppo bene.
Il libro di Lovecraft non insegna niente, perché lui non scrive per insegnare: scrive per sopravvivere. L'unica riflessione che può suscitare, l'unica che lui si augurerebbe di poter suscitare, è la risposta a una domanda che spesso la gente si pone di fronte ai suoi racconti: "Perché scriveva roba del genere"?
Non perché era pazzo o deviato, ma perché lo sarebbe stato se non avesse scritto.
Un libro è il suo scrittore, ed è anche l'unica e più efficace medicina che egli abbia a disposizione; è questo, a ben guardare, che Lovecraft urla da ogni sua pagina, ed è questo che ha indotto me e milioni di altri ad amarlo.


»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni

Copyright © 1999 - Comitato per Sofia - Tutti i diritti riservati.
Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010