Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
7ª edizione - (2004)

Un'esperienza di lettura

Mi è tornata in mente un'altra volta. Ormai non se ne può quasi più. In qualsiasi momento della giornata e in ogni luogo, le parole, le immagini, le note di quella storia compaiono improvvisamente nella mia testa. Prendi stamattina per esempio. Camminavo percorrendo automaticamente la solita strada che tutti i giorni mi conduce a scuola. Avevo la mente vuota e dagli auricolari giungeva alle mie orecchie una canzone non meglio identificata che aveva il solo scopo di provare a svegliarmi; tenevo la testa bassa, perché a quell'ora del mattino il movimento delle gambe è il massimo che mi si può chiedere. Ma a un tratto, in quel panorama fatto di asfalto bucherellato e pneumatici, compaiono due collant fucsia e un paio di scarpe decolletes a punta. Appaiono, mi superano veloci e scompaiono. È un lampo e subito la mia mente scova il ricordo tra il velo di nebbia che ancora stende il sonno: ho visto quella scena un paio di sere fa al cinema, e quel film mi è rimasto lì. Due gambe magre e sgraziate, sullo sfondo una casa fatiscente e un cavalcavia. Così ho cominciato a riflettere, il torpore si è dileguato e attraversando l'ultimo incrocio prima del liceo, ho deciso che era giunto il momento di scrivere.
Ora sono in classe e tutto questo è successo solo dieci minuti fa. C'è lezione, ma non potevo aspettare di più. Già troppe volte ho avvertito la presenza di quella storia intorno a me, nel mondo. Troppe volte ci ho ripensato assorta, perché ha lasciato qualcosa a ronzare nella mia testa. Buttare giù qualche riga sarà per me una specie di catarsi: mi libererò di questo pensiero diventato ingombrante e potrò guardarlo, ordinato nero su bianco, a una giusta distanza. Ricominciamo dunque dall'inizio.
Il nostro amore è nato per caso. Ho incontrato il libro nel mio salotto, dimenticato lì distrattamente. La storia presentata "in quarta" non era di quelle che di solito prediligo: una ragazza in coma, un padre che si confessa per barattare una vita con quella della figlia. Io che da bambina avevo amato Salgari, lo iniziai per inerzia, in quel momento ero a corto di romanzi che mi incuriosissero. Poi le pagine hanno cominciato a scorrere ed ho scoperto di avere tra le mani uno dei libri più belli che avessi mai letto. Lo stile di scrittura era la sua carta vincente: riusciva a trasmettere tutto. Poi lo finii e lo appoggiai sullo scaffale, lasciando che con il passare del tempo il mio disordine lo sotterrasse per l'accumulo di altre cianfrusaglie.
Qualche mese dopo seppi che da quella storia era stato tratto un film. Di solito riluttante a fidarmi delle trasposizioni cinematografiche di capolavori letterari, vidi però che la scrittrice aveva steso la sceneggiatura e che la regia era stata un affare di famiglia. Così andai a vederlo e non me ne pentii. Gli ambienti e la fisionomia dei personaggi erano talmente uguali alle immagini che la mia mente aveva ricreato leggendo, che ne rimasi impressionata.
La canzone che accompagnava i titoli di coda era una nuova opera a sé stante. Ascoltandola, fui costretta ad accantonare i miei pregiudizi riguardo al suo autore e al contrario dovetti riconoscere in lui una persona che, come me, era rimasta colpita da quella storia e aveva voluto raccontarla a sua volta, dandole nuova forma.
È stato così che ho conosciuto e "letto" tre opere d'arte, intrecciate e al contempo distinte, nate per raccontare una sola storia e trasmettere la stessa emozione.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010