Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
8ª edizione - (2005)

L'attualitą del "divertissement" di Pascal al XXI secolo

 

"Divertissement": è così che Blaise Pascal definì nel XVII secolo tutte le occupazioni quotidiane e gli intrattenimenti sociali che portavano l'uomo all'oblio e allo stordimento di sé.
Potremmo tradurre questa parola con i termini "distrazione", "divertimento" e altri simili, ma il concetto non cambierebbe: ci riferiremmo comunque a tutte quelle attività, lavorative o ricreative, che portano l'uomo alla fuga dalla realtà, dal proprio essere, dagli interrogativi sulla vita e sulla morte che lo spaventano.
È una cosa vera anche per una ragazza di 17 anni. Hai ricevuto una delusione da un ragazzo o hai litigato con un'amica con la quale hai un rapporto davvero profondo e ci stai male? Il segreto è non pensarci e, per non pensarci, buttarsi su 1000 attività: il nuovo corso proposto dalla scuola, l'uscita con la compagnia, lo studio, una festa alla quale in un altro momento non saresti mai andata, il corso di danza frequentato da una tua compagna... Qualunque cosa pur di non ritrovarsi soli con se stessi in camera a pensare e starci male, piangersi su. Così si reprimono brutte emozioni, sensazioni di malessere che accumulate portano davvero a sentirsi infelici e insoddisfatti della propria vita e a fingere di stare bene. Intanto però quei turbamenti rimangono dentro, perché non sono stati affrontati e risolti, si tenta sempre più di evitarli finché a un certo punto non si resiste più e bisogna prendere coscienza della propria situazione per risolverla e stare bene con se stessi e con gli altri.
Analogamente a tutto ciò, come si fugge da un problema, l'uomo sfugge a se stesso, alla propria condizione. È insopportabile per lui ritrovarsi senza passioni, senza cose da fare, senza divertimento, perché sente il suo abbandono, la sua dipendenza da qualcosa per essere soddisfatto almeno in apparenza, il suo vuoto interiore. Quest'ultimo è colmabile solo vivendo a pieno la propria vita, dedicandosi completamente a ciò che si fa, compresa la mente, non sfuggendo ai richiami del proprio animo, ai propri sentimenti. La vita umana è bella proprio perché proviamo emozioni di ogni genere, basti pensare all'amore: una ragazza innamorata è felice, perché questa sua condizione le fa provare tante emozioni, positive, talvolta anche negative, che le permettono comunque di sentirsi viva; una ragazza non innamorata non ha la stessa luce negli occhi, la stessa vitalità e ha dentro un vuoto, anche se si illude dicendo a se stessa che non è così.
È per questo che le emozioni vanno vissute, perché permettono all'uomo di vivere pienamente, nel bene e nel male; esse non vanno represse. Una ragazza innamorata non corrisposta, ma che si è dichiarata è più contenta di un'altra che, pur innamorata, ha deciso di non dichiararsi, di reprimere un sentimento, perché ha seguito il suo cuore o meglio ciò che veniva dal suo essere, così come uno che è stato ferito da una persona cara, ma ha deciso di perdonare, in virtù del sentimento che nutre, si sente meglio di uno che, pur nutrendo lo stesso sentimento, che presuppone un perdono, non perdona per orgoglio.
Le sensazioni vanno comunque riconosciute, analizzate, capite e ciò non è possibile se dinanzi vi si sfugge, cercando di occupare la mente con altro e se le si reprime. Solo così si può raggiungere la felicità e si potranno aiutare gli altri .
Se tutti gli uomini della nostra società pensassero alla loro esistenza, alla loro condizione, si accorgerebbero che c'è di peggio che far fronte ai problemi di lavoro, di scuola e probabilmente si riterrebbero fortunati perché si accorgerebbero che tutto sommato non hanno di che lamentarsi, rispetto a gente che non ha niente. Da questo scaturirebbe inevitabilmente, per la capacità dell'uomo di provare emozioni, un sentimento di compassione, pietà verso le popolazioni sfortunate, un desiderio di aiutarle e forse nel mondo cambierebbe qualcosa. È che siamo sempre presi da ciò che Pascal definiva "divertissement" e non ci rendiamo conto né di noi stessi, né di ciò che ci circonda, forse perché ci fa comodo, perché non vogliamo vedere quanto la nostra esistenza è effettivamente insignificante se reprimiamo i nostri sentimenti e se non facciamo quello che di buono potremmo fare. Il percorso da fare parte tuttavia dalle piccole cose. Dovremmo incominciare a dedicare un po' più di tempo a noi stessi, a isolarci per qualche momento fuori dalle città, senza le solite distrazioni, davanti a uno dei tanti bei paesaggi che ci offre la natura, un po' come il protagonista del Viandante sul mare di nebbia del pittore del romanticismo Caspar David Friedrich, che non ha paura nell'affrontare la natura immensa che ha di fronte. Nel nostro caso, la paura da superare è quella di affrontare noi stessi, la nostra realtà e i nostri interrogativi, evitando di nasconderci dietro al "divertissement".


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010