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5ª edizione - (2002)

Le mie emozioni sulla lettura dell' "Apologia di Socrate"

Dopo aver letto questo libro, l' Apologia di Socrate, ho imparato il valore della convinzione personale in una difesa appassionata, quale riferisce "l'apologia" e ho apprezzato le idee di Socrate, inoltre ho imparato anche a rispettare gli ideali degli altri, se si vuole mantenere un clima di pace e di tranquillità con le altre persone.
Molta gente manifesta apertamente i suoi principi ideologici, (forse esagerando un po', perché in certi casi si soffocano quelli degli altri), ma bisogna essere in grado di non seguire sempre la massa, e non ci si deve vergognare di ciò in cui si crede, e quindi delle proprie idee, inoltre si deve essere in grado di riflettere con la propria testa, grazie alla propria intelligenza. Socrate stesso fu condannato a morte per i principi che insegnava, l'arte del ragionamento, attraverso la comunicazione, in altre parole si deve riflettere e giudicare con la propria testa i fatti che avvengono, senza seguire la massa, dando ragione ai principi portati in risalto da molte persone, pur non essendo principi veri, messi in discussione, ma soprattutto per la quantità di chi li appoggia.
Un fatto che mi ha meravigliato molto è stata la correttezza e la sincerità di Socrate, quando all'inizio del libro, mentre si sta recando in tribunale per il processo, spiega che nel corso della sua lunga vita questa era la prima volta, perché lui è stato sempre rispettoso e amante delle leggi, che resero grande e famosa la sua amata Atene.
Si evidenzia bene la sua integrità nella scelta di non presentare in tribunale la famiglia, perché affermava che non era corretto portare davanti ai giudici i propri cari, cercando di impietosirli col sentimento, anzi durante il corso del suo processo ha avuto modo di dire che si deve punire chi, trovandosi nelle sue stesse circostanze, o in circostanze meno critiche delle sue (da ricordare che Socrate era stato condannato a. morte), pur di migliorare la sua condizione, presentava i propri cari per impietosire i giudici, e questo, secondo Socrate, vuol dire andare contro i principi morali e della giustizia che vuole la ricerca della verità, e man mano che questi principi verranno a mancare, si inizierà a tralasciare anche la serietà, la celebrità, l'ordine, il rispetto per le leggi, i principi più grandi che caratterizzavano e distinguevano la città di Atene dalle altre, causando così il disordine e l'anarchia, e tutto questo andrà a discapito della popolazione, che aveva conosciuto fino allora il benessere di una vita sana e democratica.
Si può affermare che Socrate sia stato condannato ingiustamente, perché egli insegnava principi giusti e validi, ma evidentemente questi principi davano così tanto fastidio, che il modo più semplice e più sbrigativo per mettere fine alla scomoda verità, fu quello di condannarlo: o all'esilio per tutta la vita, o alla pena di morte, con l'accusa di empietà.
Per dimostrare che il filosofo era realmente colpevole si è iniziato a dire che Socrate era un corruttore dei giovani, che speculava sugli affari dell'aldilà, che insegnava cose demoniache, che parlava male degli dei e che soprattutto si dava tanto da fare per istruire il più possibile numero di giovani per prendere molti denari, di conseguenza tutti gli andarono contro dopo aver ascoltato queste presunte "verità", così fu più facile condannarlo.
A suo modo, durante il processo Socrate spiegò che le accuse erano solo calunnie, un pretesto per recargli danno e male, tant'è vero che affermò che se si provava a domandare ad uno degli accusatori: Meleto, Anito e Licone, cosa realmente insegnava questo Socrate, sicuramente egli preso da un enorme imbarazzo e da grande paura, non avrebbe saputo rispondere, e quindi diceva che questo insegnante era un corruttore dei giovani, e che insegnava l'amore per il male; il fatto che Socrate insegnava a molti giovani per ricevere più denari non era per niente vero, era una grande bugia, perché egli, a differenza degli altri sofisti, insegnava gratis, non aveva ricchezze, ma insegnava per il suo piacere d'istruire i giovani, sensibilizzandoli a riflettere con la propria testa, imparando a conoscere se stessi.
In altre parole avrebbe affermato che insegnava i principi che in quel momento mancavano a quelle persone che lo accusavano e che lo credevano colpevole, accettando le calunnie raccontate in giro sul suo conto.
Durante il periodo nel quale si svolse il processo, per dimostrare la propria innocenza, Socrate racconta le numerose fatiche, per cercare la verità della circostanza in cui si trovava, come l'interrogazione dell'oracolo di Delfi, che venne interrogato per avere il parere del dio, come suo testimone, infatti fu l'oracolo a dire che Socrate era il più colto, queste erano parole inconfutabili. Un'altra fatica furono gli esami alle categorie dei politici, dei poeti e degli artigiani, per sapere se è vero che era lui il più sapiente di tutti, e dopo questa ricerca scoprì che molta gente, pur pensando di essere la più colta, si dimostrava invece il contrario, e da questa esperienza Socrate dedusse la famosa conclusione: "io so di non sapere".
Socrate spiegò che le accuse erano veramente false con un valido ragionamento: se realmente insegnava cose demoniache, e non credeva negli dei, di conseguenza conosceva sicuramente la loro esistenza (mentre gli accusatori dicevano che egli non credeva nell'esistenza degli dei), e poi se realmente non credeva negli dei, non andava certamente dall'oracolo di Delfi per avere il parere del dio. Alla fine del processo Socrate venne ritenuto colpevole, condannato a morte, ma prima di andare incontro al suo destino, si rivolse agli accusatori, rispondendo che avevano commesso un grave errore, spiegando a loro che uccidendo una persona non si risolvono i problemi, perché le sue idee vivranno ancora; a chi lo reputava innocente, invece, disse che avrebbe accettato tranquillamente la pena di morte, perché così volevano gli dei, a cui non sarebbe mai andato contro, anche perché significava andare contro le leggi della amata Atene, commettendo ingiustizia, inoltre fece una grande raccomandazione ai cittadini: disse di punire i suoi figlioli, se in futuro si dimostreranno di essere amanti delle ricchezze, e non delle virtù, e se si presenteranno come persone colte ed intelligenti, pur non essendolo.
Detto questo Socrate se ne andò incontro alla pena di morte pur non essendo colpevole.
In conclusione questo libro mi è piaciuto perché descrive bene la strategia e la furbizia che può avere l'uomo in certe situazioni, e anche se è un libro scritto molti secoli fa, presenta argomenti validi ancora oggi e il personaggio centrale, Socrate, secondo me, dovrebbe essere preso come l'esempio di un uomo giusto che insegnava principi validi, e che a causa della cattiveria umana, venne condannato per i suoi ideali, ma egli accettò il suo destino, riconfermando sempre le sue idee. È giustissimo credere nei propri ideali e lottare per realizzarli, nel rispetto per quelli degli altri, senza imporsi con la persuasione occulta, come accade per le campagne pubblicitarie.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010