Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
5ª edizione - (2002)

Un'esperienza di lettura

Personalmente ritengo che la lettura di un'opera letteraria, ed in particolare di un romanzo, rappresenti il modo più completo per permettere al lettore di penetrare l'animo dello scrittore e di cogliere, in tutte le sue sfumature, gli stati d'animo, le emozioni e le motivazioni che lo hanno ispirato alla stesura del libro stesso.
Sono anche convinto però che non debba essere un contatto a senso unico ma che, come un boomerang, debba avere un ritorno rappresentato dalle suggestioni, dalle emozioni e dalle riflessioni che l'opera può far scaturire nell'animo del lettore. Non importa se queste non vanno nella stessa direzione di quelle dello scrittore, possono essere anche in antagonismo ma l'importante è che ci siano, perché nel momento in cui si verificano, la lettura diventa indubbiamente uno strumento di arricchimento e crescita personale o, meglio ancora, rappresenta un input che, per un attimo ci isola dall'ambiente esterno e ci permette di ascoltare noi stessi.
Tra i molti libri letti durante il percorso scolastico, non sono molti quelli che non hanno fatto scattare l'input di cui dicevo prima; la maggior parte di essi mi hanno portato a riflettere sull'amore, sulla sofferenza, sul passato che non ho vissuto ma che, inevitabilmente, ha influito sul passato e sul presente che sto vivendo e, tra questi, il libro che indubbiamente sento mi appartiene maggiormente è un romanzo di Italo Calvino: "Le città invisibili".
Non farò un riassunto, sia perché la tecnica narrativa usata dallo scrittore non lo permette, sia perché non è questo l'obiettivo del tema trattato, ma cercherò di spiegare perché ho condiviso il "sentire" dell'autore.
La prima cosa che ho fatto leggendo il libro è stata quella di chiedermi il motivo per cui questo scrittore ha sentito il bisogno di parlarci di città non segnate sulla mappa geografica: città idealizzate che a volte appartengono ai ricordi del passato, altre volte, invece, potrebbero nascere all'interno di quelle già esistenti.
Probabilmente è lo stato d'animo di un uomo che non riesce a trovare una collocazione all'interno di nuove moderne metropoli e che si sente imprigionato in un labirinto del quale non trova la via d'uscita.
Le città sono caotiche, invivibili e non offrono alcuna certezza perché, in esse, la realtà cambia continuamente travolgendo l'individuo che non riesce ad individuare nessun punto di riferimento.
Ed è a questo punto che mi sono fermato a riflettere e ho pensato che Calvino è stato un uomo attento, ha saputo fermarsi per un attimo a guardare intorno a sé e capire che ciò che vedeva con gli occhi non era ciò che vedeva con la ragione, immaginando, con la fantasia, ciò che invece avrebbe voluto vedere.
Ma quanti di noi si fermano per un attimo e si guardano attorno? Che cosa potremmo vedere se lo facessimo?
Un giovane che come me ha appena compiuto diciotto anni si lascia travolgere da tutto ciò che l'ambiente in cui vive gli offre, cercando di prendere quello che gli fa piacere, che lo fa star bene, allontanando situazioni, stati d'animo ed emozioni che lo potrebbero far soffrire. Forse è giusto cercare di vivere la propria gioventù senza pensieri; prima o poi si cresce e ai problemi che si presenteranno non potremo sfuggire. Forse però, è altrettanto giusto pensare che noi facciamo parte di uno stesso pianeta, che gli uomini di oggi sono stati i ragazzi di ieri e dovremmo chiederci che cosa hanno fatto per migliorare la società e cosa dovremmo fare noi per migliorarla ulteriormente.
La risposta che ho trovato non è certamente negativa: la tecnica, la scienza e la medicina hanno fatto passi da gigante, mettendo a disposizione dell'uomo strutture sempre più avanzate, scoperte scientifiche in grado di migliorare la qualità della vita e leggi che dovrebbero tutelare gli individui in uguale misura.
Ma se mi fermo e guardo attentamente intorno a me, vedo che non è esattamente così: dentro le nostre città, dove tutto sembra apparentemente migliorato rispetto al passato, si nascondono quotidiane ingiustizie, intolleranze e sofferenze causate dall'egoismo umano. Basti pensare alle guerre in atto sul pianeta, agli uomini che muoiono ancora oggi perché hanno fame e alle scoperte scientifiche che, potrebbero essere utilizzate per guarire determinate malattie ma che, nelle mani di persone senza scrupoli, potrebbero trasformarsi in un'arma a doppio taglio.

L'uomo forse pensa troppo a se stesso, ad aumentare ciò che possiede anche a danno degli altri e non si accorge che, così facendo, rischia di rimanere solo e di perdersi tra i suoi simili.
Queste riflessioni, comunque, non mi hanno spinto a pensare che l'uomo sia solo un essere negativo perché, comunque, in ognuno di noi c'è il bene ed il male e solo noi, che siamo la vera anima della società, possiamo scegliere da quale parte stare. Se faremo la scelta giusta e utilizzeremo al meglio ciò che di positivo ci hanno lasciato gli uomini che sono passati prima di noi, potremo realizzare quelle città perfette che abbiamo sempre sognato e non penseremo più, come fece Voltaire nel suo romanzo "Candido" che il luogo dove l'umanità viveva felice era l'Eldorado, un paese però lontano e impossibile da raggiungere. Ma tra Voltaire e Calvino sono passati circa due secoli e ancora oggi, io mi trovo a riflettere su questo sogno; l'importante è crederci e tenerlo sempre vivo nella speranza che un giorno si possa realizzare.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010