Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
12ª edizione - (2009)

Un'esperienza di lettura da "Desolazione del povero poeta sentimentale" di Sergio Corazzini

Io sono un poeta.
Avere questa consapevolezza mi lascia affannata e tremante. Avere vent'anni e sapere di essere l'oggetto della violenza inaudita della bellezza del mondo e godere dello spiegarsi della realtà. Subire inerme i tormenti delle elucubrazioni che si susseguono senza fine nelle ore di veglia e dormire a fatica, rincorsa anche nei sogni dall'estasi e dal turbamento di vivere.
Le mie rime, i miei versi, le mie parole in libertà sono la mia essenza, il fiore soave del mio pensiero e non posso esistere, come un essere umano esiste, se non trovo carta e matita per dare forma e valore al logorio della mia testa. Ciò che conta è il tremolio della mano stretta alla penna, il foglio non più immacolato, il frastuono delle parole impigliate fra lingua e mente.
Scrivo per ore e non mi importa se la mano mi duole e il corpo ha fame e sonno. Scrivere è la mia ascesi. Non ho pace se non metto in parole la vertigine che mi accompagna dal primo giorno della mia vita.
Io sono un poeta e nessuno lo sa, ma gli altri non contano. Le notti e i giorni si confondono, gli avvenimenti non sono altro che un perpetuarsi di declini e splendori e resto ferma, impavida, in mezzo a quella massa informe e confusa, qual è la mia generazione. Sono altrove, io, lontana dai loro sogni scintillanti e dalle loro fughe senza fine. La mia mente vaga, a volte è nelle vallate nebbiose, dove ancora i rami dei salici piangenti servono per legare le viti e la terra ha il colore marrone del cacao, a volte vicino al mare, tanto da sentirne il rumore che fa un controcanto a quello dei bambini che giocano. Qualche volta invece sono lì in quella moltitudine chiassosa e mi sento inquieta perché la poesia ha bisogno di silenzio e ascolto.
Eppure io non sono che un piccolo fanciullo che piange. E ammutolisco se mi si chiede più del necessario, mi si arrossano le guance all'indugiare dell'occhio altrui, ho gli impeti e gli slanci di chi ancora si domanda il perché di tutto.
Quando cammino tengo il capo basso, rasento i muri e la falcata veloce scandisce il ritmo del battito del mio cuore sfuggente. Mi pare però d'avere negli occhi tutta la bellezza del cosmo. I primi boccioli della primavera, l'emiciclo a scuola, lo stato della mia anima alle ore nove del 12 giugno, il vuoto ultrastellare sono gli ambiti della mia indagine. Mi voglio disinteressare del trionfo degli audaci e delle loro parate gloriose.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010