Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
12ª edizione - (2009)

Rigida, nera e ruvida

Polvere ricopre il grosso libro nero sul televisore; mentre penso che la mania del passato colpisca tutti indistintamente dal sesso o dall'età allungo una mano ad afferrare il libro per riporlo di fronte a me: pesante non è l'aggettivo più adatto. Il pensiero che mi occupa la mente non è un pensiero cattivo, anzi è più un'osservazione su come molti, sostenitori accaniti del famigerato Carpe diem, pur consigliando agli altri di vivere costantemente il presente, non potranno mai abbandonare il passato. Il passato è una vita già vissuta ma dimenticarlo per vivere nell'adesso sarebbe come smettere di osservare un quadro perché si è già visto, smettere di sentire una canzone o di leggere una poesia, tutte cose che comunque non diventeranno mai motivo di ossessione in una mente che riesca a goderle pienamente, così come il passato. Ripongo il libro proprio sotto la mia testa e subito lo accarezzo con una mano, per togliervi la polvere, almeno questo è quello che voglio farmi credere, in realtà cerco di rassicurarlo e di rassicurarmi perché non sai mai cosa ti aspetta dietro la copertina di un libro, fosse anche un libro che hai letto e sfogliato cento volte. Faccio scorrere la mano fino al bordo superiore della copertina rigida, nera e ruvida, poi comincio a scorrere le pagine con il dito fino a che il libro si apre quasi da solo: in mezzo a due fogli salta fuori un segnalibro tutto rosso che lacera il bianco della carta. Tolgo il segnalibro, afferro la pagina di destra con due dita e comincio a sfregarla delicatamente, quasi sfiorandola, mentre le parole si specchiano nell'iride dei miei occhi e quel filo nero stampato sulla carta si perde nel più ghiotto gomitolo mai visto. La carta ruvida delle pagine a contatto con la pelle mi provoca un senso indescrivibile di leggerezza e il voltar pagina si trasforma ogni volta nella meravigliosa alba di un nuovo giorno. Ho sempre pensato che i libri fossero mondi secondari, creati da menti folli, con porte di servizio in cui puoi rifugiarti quando fuori piove o fa troppo freddo per guardare le stelle.
Rimasi seduto a voltare pagine per circa un'ora godendo appieno di quella lettura che mi aveva trasportato in un altro universo, vissuto da persone che ormai, nella mia fantasia, avevano acquisito una forma tanto concreta da poterle vivere realmente e immaginarle mentre svolgevano le azioni più comuni come cucinare, portar fuori il cane, scrivere un appunto su un post-it o aggiustare una bicicletta. Il mio occhio abbandonato alle parole sembra perso in un oceano, il mio occhio meditabondo fisso sulle pagine di un libro come un chiodo tiene appeso un quadro alla parete, senza distrazioni e con il solo fine di portare a termine la sua vita di chiodo. Il pensare si fa più lento, come un vivere la lettura, i personaggi sono più reali, più concreti; il pensare si fa più lento, come vivere le sensazioni umane più da vicino, le sensazioni dei personaggi, i luoghi, i tempi, le pause, i punti. Tutto si confonde. Non alzo la testa. Tutto gira intorno a me e al libro, più niente è reale. Solo con le mie parole in testa e quelle di un altro su carta ma niente, neanche le parole sono reali ora.
Smetto di sfregare tra due dita la pagina di destra e la accarezzo dolcemente, come la carezza di un'amante; avvicino il libro aperto al mio viso e inspiro: l'inchiostro stampato sulla carta, le mani che hanno voltato quelle pagine, i mille sguardi che hanno navigato quelle onde nere, tutto quello che ha vissuto il libro ora entra nella mia testa e m'invade come un'esplosione. Avvicino ancora il libro al mio viso, ansimando leggermente; le mie guance sfregano sulla carta ruvida, il libro si chiude lentamente sotto il mio mento pizzicandolo delicatamente. Io lo accarezzo con le mani e con le labbra, poi spalanco la bocca e gli incisivi bianchi come carta tagliente affondano nella copertina rigida e nera squartando un angolo del libro. Dopo il primo un altro morso, e un altro ancora fino a che del libro non rimangono che brandelli di carta e cartoncino rigido, nero e ruvido, quello che poco prima era la copertina.
Dopo poco più di un ora alzo la testa dal libro in cui ero assorto, il mio occhio socchiuso vaga per la stanza ancora immerso nella fantasia dell'altro mondo. Un ultimo sguardo fuggevole, chiudo il libro e rimango solo, una copertina rigida, nera e ruvida tra le mani.


»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni

Copyright © 1999 - Comitato per Sofia - Tutti i diritti riservati.
Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010