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12ª edizione - (2009)

La sera del riscatto

Ero a Berlino quella sera, la più speciale della mia vita. Non lo dimenticherò mai quel giorno, era domenica, per l'esattezza domenica 9 luglio 2006. Quella sera io e i miei compagni tornammo in albergo piuttosto tardi, avevamo festeggiato fino a notte fonda la nostra grande impresa. E anche la nostra rivincita.
Arrivavamo da una situazione alquanto complicata e compromettente. Ci eravamo andati di mezzo noi, noi che non avevamo alcuna colpa, e volevamo dimostrare a tutti che non eravamo scorretti, che potevamo costruire qualcosa d'importante. Per raggiungere il nostro obiettivo dovevamo compiere un lungo cammino e, punto fondamentale, non dovevamo sbagliare mai. Ebbene quella domenica, un po' prima dei festeggiamenti, io ero in piedi su quel prato verde, abbracciato ai i miei compagni che, uno a uno, si staccavano dal gruppo, avanzavano e sentivano il loro nome scandito a gran voce da una grande folla. Io ero immobile, con la pelle d'oca.
Andrea, Marco, Daniele, Alex. E dopo è toccato a me. Abbasso le braccia, mi stacco dai miei compagni e, camminando lentamente, raggiungo la mia posizione, mentre sento gridare: Fabio, Fabio. Prendo in mano il pallone, lo sistemo sul dischetto, indietreggio senza voltarmi, appoggio le mani sui fianchi, fisso un attimo quella palla bianca che ora mi sembra piccolissima, quasi impossibile da colpire; mi bagno con la lingua le labbra secche per l'emozione, chiudo piano gli occhi e guardo il cielo.
Mentre chiudo gli occhi mi tornano alla mente tutte le difficoltà e i momenti di gioia vissuti con i miei compagni di squadra in quei giorni. I flash illuminano il cielo nero che si staglia imponente sopra di noi. Sono preoccupato, eccome. Preoccupato e pressoché paralizzato, rimango fermo un'eternità mentre tutto mi sembra come dilatarsi, la distanza tra me e il portiere è infinita e la palla è così distante che mi sembra impossibile raggiungerla e colpirla.
Ma desidero farlo con tutto me stesso. Ripenso alla fatica spesa da tutti noi per arrivare fino a questo punto e la voglia di reagire aumenta, non voglio deludere nessuno, neanche me stesso: ho dato tanto, ho speso tutto me stesso per raggiungere un sogno e per realizzarlo non devo far altro che infondermi coraggio, correre, calciare quel pallone e piazzarlo dove voglio io, nel punto più lontano dal portiere, là dove nessuno può prenderlo.
Il pallone è il mio sogno e devo metterlo al sicuro, fare in modo che nessuno lo rovini. Sono pronto. Abbasso lo sguardo, guardo il pallone, che ora è tornato vicino a me, prendo la rincorsa e calcio con tutte le mie forze. Lo piazzo nel punto più lontano, lì proprio all'incrocio, alla sinistra del portiere che, confuso si tuffa dal lato opposto e poi cade, come colpito da un improvviso dolore. Io scatto verso i miei compagni e loro verso di me. Ci abbracciamo. Non ci credo, ma è fatta, abbiamo agguantato il sogno più ambito, il più desiderato, il più acclamato: la Coppa del mondo è nelle nostre mani!
E intorno era un trionfo, tutti esultavano e applaudivano contenti, l'Italia era riuscita a dimostrare che i calciatori non vengono pagati solo per tirare quattro calci al pallone: eravamo stati in grado di risollevarci, di collaborare per inseguire un sogno e permettere ad altri di sognare. Fino a quel momento non credevo che fosse possibile vivere trenta secondi di vita così intensamente, eppure l'ho fatto, è successo proprio a me: ho provato a raccontarlo perché bisogna ricordare che è bene andare a caccia di sogni.

Rilettura di un evento che per molti italiani ha segnato un traguardo o, meglio ancora, un sogno. Ho provato a descrivere quel momento così ricco di emozioni per i tutti i tifosi degli azzurri attraverso le parole di uno dei protagonisti di quella serata, forse quello che ci ha fatto provare le emozioni più forti, quel Fabio Grosso che, come un bambino, è corso a esultare con i suoi compagni, felice di poter condividere insieme a loro l'istante in cui il nostro capitano avrebbe alzato la coppa dritta a illuminare il mondo.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010