Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
2ª edizione - (1999)

Tony

Non ne aveva proprio voglia, ogni sera era la stessa storia, lo stesso discorso. Ma si sa, i genitori vogliono fare i dittatori e allora Tony prese il corto guinzaglio, legò il possente boxer e uscì.
Subito la solita brezza lo fece trasalire, Bob tirava e Tony non riusciva ad allacciarsi la giacca a vento gialla e nera che ormai lo aveva scaldato per molto tempo.
Con un possente strattone fece fermare e acquietare il grosso cane. Bob gli fu regalato qualche anno addietro dalla sua zia che ormai non si faceva più vedere e la mamma aveva accettato il regalo a condizione che lo stesso Tony se ne prendesse cura.
Tony voleva un mondo di bene a Bob, ma non sopportava doverlo portare fuori a scadenza serale. Ma ormai si era rassegnato, si era rassegnato su molte cose, allora si tirò sino al volto la grigia lampo e riprese il cammino.
Ogni sera faceva la stessa strada, d'altronde il piccolo paese di mare non gli consentiva molte scelte. Ecco davanti al viso il solito incrocio, i suoi piedi comandavano la sua traiettoria, mentre la sua testa era altrove, viaggiava fra il cielo e il mare, si perdeva negli spazi, non era più nello squallido paesino ma era nel suo mondo.
Una macchina lo fece trasalire e tornare con la testa sulle spalle, una grossa fuoriserie rosso fuoco gli sfrecciò accanto suonando le sue potenti trombe.
Si accorse di essere quasi arrivato al faro, Bob scodinzolava allegramente aspettando quei pochi attimi di libertà che Tony gli concedeva ogni sera al faro, punto di riferimento di navi, di Tony e di Bob.
La possente costruzione si erigeva in una punta di spiaggia frastagliata, dominava i mari e sembrava che fosse lì dalla notte dei tempi, nessuno poteva spostarla, le grosse onde non la sfagliavano e Tony si lasciò andare sul gradino più basso che puntava verso l'infinito e con un gesto meccanico liberò il cane che dopo due veloci ringraziamenti si lanciò in una corsa sfrenata. Il sole stava calando, sembrava una palla di cannone incandescente che il mare stava inghiottendo. I riflessi si perdevano nella profondità degli abissi, il cielo sembrava stregato e la luna debole e timida stava iniziando il suo lungo viaggio nel cielo.
Le onde si infrangevano calme e superbe a pochi metri da Tony.
Il sole calava piano, scompariva fuggiasco e stanco dagli occhi di Tony, la notte saliva, le stelle e la luna iniziarono il loro lavoro e le tenebre iniziarono ad avvolgere Tony.
Niente aveva più colore, le illuminazioni tardarono ad accendersi e Tony, guardando il suo orologio, valutò che era anch'egli in ritardo.
Chiamò Bob. Tony, ancora inebriato dallo spettacolo che Dio gli aveva concesso di vedere, vacillò e con una luce di speranza negli occhi si avviò verso casa.
Tony crebbe, diventò un critico d'arte, d'altronde cosa poteva fare se non seguire i passi della sua vecchia madre. Visitò migliaia di posti, vide centinaia di opere d'arte e mai si preoccupò di sapere cosa ci fosse di più bello di quello che aveva potuto vedere nella sua lunga vita o quale fosse la cosa più bella che avesse visto.
Ma quel giorno se lo chiedeva, sdraiato su quel letto di ospedale, mentre il sole tramontava ed il mare urlava la sua rabbia, Tony se lo chiedeva. Allora lo capì, mentre la sua vita gli passava davanti, solo un particolare si distinse fra gli altri, quel giorno con il suo cane nella sua città.
Quel tramonto, quei pochi secondi.
E mentre davanti a lui il sole tramontava e si spegneva come ogni giorno, i suoi occhi si chiudevano, un lume leggero usci dalle sue pupille e si disperse nell'aria.
Il sole tramontò e Tony cadde nell'oblio, preso dalla tenera mano della sorella morte.
Le tenebre ripresero il loro posto ed il sole scomparve fuggiasco come ogni giorno, mentre le stelle e la luna si accingevano a percorrere il loro inesorabile viaggio.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010