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3ª edizione - (2000)

Lettera all'Italia da parte della Lira

Cara Italia,
ormai sono vecchia e ho visto tante cose nella mia vita che non mi sembra vero di aver appena centotrentotto anni. Ti scrivo perché mi sento stanca e penso di aver quasi esaurito il mio compito e il mio patto di alleanza con te. Le mie memorie sono storia e la mia cultura è la tua cultura. Ho assistito a molti avvenimenti stando accanto a te giorno per giorno: ho guardato gente nascere e morire, lottare e combattere, lavorare e oziare, amare e odiare. L'ho accompagnata nel destino restando impotente davanti al dolore e alla sofferenza. A volte l'ho aiutata a sopravvivere, a volte l'ho ostacolata, ma sono sicura di essere stata una buona amica.
Da quando sono nata, mi sono resa conto di fare parte della tua vita, dei tuoi ricordi, dei tuoi sentimenti.(So che mi hai accettata come un'amica).Sono nata, ed ero già grande: un simbolo di unità e di forza indivisibili. Ricordo che ragazzi in divisa con bei cappelli, correvano verso una porta al suono di fanfara. Si udivano botti e urla. I pennacchi sui cappelli tremolavano e sembrava danzassero. Poi udii un grande boato: il muro di una casa si squarciò e i ragazzi entrarono furtivamente. Si sentirono ancora botti e ancora urla, ma differenti da quelle che avevo udito prima.
Erano gridi di gioia, di compiacimento, di soddisfazione. So che non solo quei ragazzi, ma anche tu provasti questi sentimenti.
Passarono molti anni tra instabilità politica e proposte di alleanza. Ricordo che ne accettasti una. ma in seguito la ripudiasti. Eri decisa ad ampliarti e ti armasti di macchine volanti: rumorose e gigantesche. Colonizzasti una terra chiamata Libia, ma te ne lamentasti: dicevi che era solo una "distesa di sabbia". E me ne portasti un ricordo. Rammento che rimanesti sgomenta quando altra gente trovò il petrolio. E pensare che spendesti così tanto!
Un uomo. Un piccolo, grande uomo, mi valorizzò a tal punto che diventai potentissima. Si chiamava Giovanni e per sempre rimarrà impresso nella mia mente. Neanche il metallo giallo era potente quanto me. Peccato che questo sogno durò poco!
Dopo questa grande soddisfazione, tu, Italia, cadesti in disgrazia. Anzi, tutto il mondo cadde in disgrazia. Quanta gente vidi cadere, quanta gente vidi piangere, quanta gente soffrire. E tu cadevi, piangevi, soffrivi. Era terribile. C'era rumore di scoppi ovunque. C'era rumore di grida ovunque, ovunque c'era odore di morte. C'era puzza di gas. Un gas mortale, terrificante. Ho provato tanto timore per te e per la gente.
Poi l'inferno passò e ne incominciò un altro. Ancora più truce e drammatico. Non bastavano i ragazzi armati, non bastavano gli oggetti rumorosi che bruciavano quando cadevano dalle macchine volanti, non bastavano le palle vaganti, ora morivano anche gli innocenti. Ricordo due personaggi : Benito e Adolf. mi sembra si chiamassero. Adolf era contro un gruppo di persone che portavano un piccolo, buffo cappellino. Le metteva su treni e poi li mandava in posti bui, dove aleggiava la paura e la morte. Poi li divideva in base al sesso e all'età. Li faceva lavorare duramente. Li spediva in casermoni da dove non uscivano più. Mi sono sempre chiesta dove andassero a finire. C'era puzza di gas. Un gas mortale, terrificante. Vedevo le tue lacrime scendere. Tu, Italia, che non hai mai pianto per la gente. Ora piangevi, distrutta dal dolore di possedere solo UNO di quei posti bui e pieni di paura. Piangevi per l'infanzia bruciata, piangevi per l'innocenza sprecata e piangevi, piangevi per la gente. Per quella gente per cui non avevi mai pianto. Per la gente che piangeva e soffriva.
Ora tutto questo è passato. Ora non devi più piangere, Italia. Ora non devi piangere più.
Mi sento stanca e ho quasi esaurito il mio compito, ma non devi essere triste perché me ne vado.
Devi essere felice per me perché, comunque vada, sarò nel tuo cuore e nel cuore della gente, che NON MI DIMENTICHERÀ . Io ho passato con voi la mia vita e la mia vita non è stata sprecata. Addio Italia, addio italiani, sarò con voi per sempre.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010