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3ª edizione - (2000)

La leggenda di un amore

Tutti conosciamo la leggenda che parla della storia d'amore tra Daniel e Cristin, ma come andarono veramente le cose?

Oramai era tardi ed il sole andava a coricarsi dietro l'orizzonte. La luna già si affacciava a quella notte appena iniziata e con la sua pallida luce rischiarava il volto di un giovane vagabondo che solo se ne stava seduto su di un enorme masso. Erano i primi giorni di un nuovo autunno ed il freddo, che tornava come tutti gli anni, circondava il nostro viandante stanco. Il suo respiro era caldo e a contatto con quell'aria fredda formava un intenso vapore grigio. Daniel era il suo nome, il suo corpo era completamente avvolto da un mantello nero corvino ed il suo volto era nascosto sotto un ampio cappuccio che lasciava visibili solo il naso e la bocca e quel suo oscuro aspetto incuteva un certo timore. Il masso su cui Daniel si era fermato era sul ciglio della strada principale appena fuori da Kàmenz, piccolo paese contadino della Zona Marginale Nord, che a quell'ora della sera era molto frequentata dai contadini che tornavano a casa dopo una lunga giornata di lavoro, ma nessuno notava Daniel, tutti lo ignoravano forse perché spaventati dal suo aspetto. Nessuno si fermava a parlare con lui o a chiedergli come si sentisse visto che era evidente che non stesse bene perché il suo fiato che prima era così ben distinguibile a causa del freddo ora si era fatto quasi impercettibile.

Daniel non respirava quasi più e cadde dal masso e rovinò al suolo, ma nonostante questo non si fermò nessuno tranne una piccola bambina dai capelli rosso fuoco che, dopo avergli porto da bere, lo aiutò a rialzarsi e a sedersi di nuovo su quell'enorme pietra.

"Ciao, mi chiamo Xenia, e tu come ti chiami?", disse con un sorriso dolcissimo la bambina. Daniel, da dietro il cappuccio sembrò scrutarla fino in fondo all'anima: "Daniel" rispose con una voce che sembrava provenire dall'oltretomba.

"Daniel che nome buffo. Come mai sei caduto? Sei malato?", chiese con aria innocente la bimba.

"È una storia lunga e piena di intrighi ed a una bambina della tua età non deve interessare.", rispose seccato il vagabondo. "Ora vattene e lasciami solo.".

"No!!! La mia mamma mi ha sempre detto di aiutare chi è meno fortunato e adesso tu vieni a casa con me!".

Daniel era troppo stanco e debilitato per controbattere, così lasciò che Xenia lo accompagnasse a casa sua. La bimba, dopo averlo aiutato ad andare a letto, uscì da casa e corse in contro al padre Merten che stava tornando a casa dai campi.

"Papà papà! Questa sera abbiamo ospiti!". Il padre a quest'affermazione rimase di sasso. Terrorizzato prese la falce e corse a casa per vedere chi vi fosse e dopo essere entrato in camera da letto con la falce innalzata sopra la testa vide Daniel che giaceva sul letto completamente inerme. Così abbassò "l'arma" e dopo essersi avvicinato al letto scostò il ciuffo di capelli che coprivano il viso dello sconosciuto. A questo gesto Daniel aprì gli occhi e Merten restò pietrificato dal terrore scoprendoli colore del ghiaccio (segno inconfondibile che distingueva gli stregoni dagli altri esseri umani). Sconvolto all'idea di quel che quello stregone avrebbe potuto fare alla figlia; urlando fece il gesto di colpirlo colla falce, ma davanti all'assenza di reazione umana o magica da parte di Daniel si fermò a pochi centimetri dal suo viso e con tono intimidatorio chiese: "Cosa ci fai in casa mia stregone?!". Daniel sempre con voce estremamente calma e profonda rispose: "Uomo non devi avere paura di me, i miei occhi sono simbolo di ciò che ero e che per amore non sono più. Vedi una volta non avrei esitato a rivoltare, con i miei poteri, la tua falce contro di te e sarei stato in grado di leggerti nel pensiero per sapere il tuo nome. Ora invece, come ogni comune mortale, devo chiedertelo: come ti chiami? Io sono Daniel l'ex stregone che quella che penso essere la tua dolcissima bambina, Xenia, ha aiutato quando si trovava in difficoltà." Merten visti i modi cordiali di Daniel scordò la paura avuta in precedenza e con voce tranquilla disse: "Mi chiamo Merten, sono un contadino e come tu hai detto sono il padre di Xenia."

Dopo essersi alzato Daniel guardò negli occhi Merten e chiese: "Scusa se sono invadente, ma Xenia mi ha parlato di sua madre, dov'è, vorrei ringraziarla per aver insegnato a sua figlia ad essere così gentile e premurosa.".

Il volto di Merten si fece di colpo buio e una lacrima gli segnò una guancia: "Giuxana, mia moglie è morta, è stata violentata e uccisa da quel cane del Generale Folken. Non hai idea di quanto sia felice che sia morto!", Daniel lo guardò con grande compassione e disse: "Sbagli, so quanto tu sia felice perché quello che tu provi ora sapendo che è morto, è quello che ho provato io quando la mia spada gli ha trapassato il petto.". Merten guardò sbigottito Daniel e con sguardo pieno di ammirazione disse: "Sei stato tu, sei tu colui che ha affrontato e sconfitto Folken! Oh Daniel, non sai quanto te ne siamo grati!".

Ora fu il viso di Daniel a incupirsi: "Sì, è vero ho affrontato e sconfitto Folken, ma a che prezzo, a prezzo della vita di colei che amavo più della vita che sto per perdere". Le parole di Daniel furono interrotte da Xenia che entrò nella stanza: "Come stai Daniel? Va un po' meglio ora?", Daniel non se la sentiva di deludere la bimba che si era così gentilmente presa cura di lui dicendole che oramai stava per morire, così rispose: "Sto meglio ora, grazie Xenia.". La bimba che però aveva ascoltato da dietro la porta non resistette alla curiosità e chiese a Daniel: "Chi era la tua fidanzata?". Daniel guardò teneramente la piccola e decise di raccontare a lei e a suo padre quanto gli era successo anche perché sapeva la triste sorte che lo attendeva, ben sapeva infatti che la perdita dei poteri gli avrebbe comportato la morte.

"Dovete sapere" iniziò Daniel "che quando avevo 15 anni decisi di diventare il più potente stregone della terra, così partii alla ricerca di un maestro.

Io provengo dalla Zona Marginale Est e siccome i più grandi stregoni sono tutti nel Nucleo decisi di raggiungere il territorio più pericoloso della nostra terra. Dopo un viaggio lungo ed estenuante che durò sei mesi, io e Golia, il mio stallone nero, raggiungemmo in fine il Nucleo e qui mi sistemai in una locanda della periferia. Lì cominciai a spargere la voce che cercavo qualcuno in grado di insegnarmi la magia nera, fatto che mi comportò non pochi problemi con gli altri avventori. Dopo un mese di attesa che sembrava non finire mai, un uomo completamente avvolto in un mantello uguale a quello che indosso io ora si presentò a me dicendo di chiamarsi Lyschko. Quando pronunciò il suo nome rimasi sconvolto".

Daniel non riuscì a finire la frase perché Merten lo interruppe dicendo: "Ho già sentito questo nome, Lyschko è il più grande stregone che sia mai esistito."

Daniel riprese e disse: "Hai ragione, infatti, fu per questo che io rimasi così sorpreso, anch'io ne avevo sentito parlare e non potevo credere che proprio lui avesse raccolto la mia richiesta. Oltre al suo nome non disse più una parola, ma mi fece capire che dovevo seguirlo, così uscii dalla locanda e andando a prendere Golia per seguire il mio nuovo maestro mi terrorizzai alla vista di un enorme drago alato con le squame colore del fuoco. Non ci feci caso subito, ma aveva le briglie ed il suo sguardo era docile e mansueto. Quando Lyschko mi raggiunse gli montò in groppa e quando gli disse di andare a casa, il drago gli rispose: "Sì padrone" e cominciò, con un'andatura maestosa a dirigersi verso il centro della città. Lo seguii fino a quando non arrivammo in un castello immenso. Lì studiai le arti della magia nera e appresi come far parlare Golia attraverso essa. Diventò il mio migliore amico e un validissimo aiutante.

Dopo cinque anni di intensa attività didattica affrontai l'ultima prova: avrei dovuto trasformare in maniera definitiva una creatura terrestre in una creatura magica il che si rivelò dover trasformare Golia in un nero drago alato. Superai brillantemente la prova e diventai così uno stregone a tutti gli effetti; infatti, i miei occhi cambiarono colore.

Ora che ero diventato un potente mago cominciai a girare per le province. Infine giunsi nei pressi del mio villaggio natale e lì rividi dopo sei anni Cristin, una ragazza del mio villaggio di cui ero stato sempre innamorato. Decisi che doveva essere mia e che se non lo avesse voluto l'avrei costretta con la magia. Ma quando le fui davanti non osai nemmeno parlarle, abbozzai soltanto un timidissimo "Ciao".

Dopo questo incontro cominciammo ad uscire, io l'aiutavo a fare le faccende e lei mi raccontava tutto quello che era successo nei sei anni in cui ero rimasto lontano dal villaggio. Giorno dopo giorno il mio amore per lei cresceva sempre di più e anche lei mi mostrava, se pur in modo molto velato, un grande affetto. Ma a me nessuno poteva nascondere niente perché grazie ai miei poteri ero in grado di leggerle la mente.

Così un giorno mentre passeggiavamo per il bosco, tirando fuori tutti il coraggio che avevo le confidai il mio amore e lei al settimo cielo confessò i suoi sentimenti.

Interruppi così il mio pellegrinare anche perché capii di aver trovato la vera felicità.

Tutto in lei era perfetto: era la ragazza più bella che la natura avesse mai concepito e, malgrado questo era modesta, dolce, sensibile e affettuosa. Anch'io con lei al mio fianco tiravo fuori il meglio di me. Eravamo fatti letteralmente l'uno per l'altra e in nessuna fiaba o romanzo, per quanto fantastico, è stato né mai sarà descritto un amore più vero e profondo del nostro.

Non discutevamo mai su nulla e non perché non volessimo ma perché eravamo così complementari da non trovare spigoli dove scontrarsi. L'amavo più della mia vita.

Ma le cose belle finiscono sempre troppo presto e così in un giorno in cui io e Golia c'eravamo allontanati dal villaggio il generale Folken, che in una delle sue visite alle Zone Marginali aveva visto Cristin e se n'era innamorato, arrivò con il suo esercito, sterminò tutta la gente del villaggio e rapì Cristin.

Al mio ritorno trovai un lago di sangue: quella carogna non aveva risparmiato neppure le donne ed i bambini. Malgrado possa sembrare orribile, a me non importava: la cosa che mi aveva reso furioso (e di conseguenza molto pericoloso) era il fatto che avesse rapito la mia amata Cristin.

Completamente accecato dalla rabbia, senza aspettare un secondo e soprattutto senza preparare alcun piano d'attacco, mi lanciai in sella a Golia sulle ali del vento in direzione della Fortezza, rifugio di Folken. Purtroppo, però, lui un piano se l'era preparato, così quando le sue sentinelle videro la nera sagoma di Golia avvicinarsi nel cielo, lui fece scagliare un'enorme freccia che colpì il mio alato amico proprio nel petto. Precipitammo in balia della forza di gravità. Quando toccammo il suolo Golia era già morto. A quel punto impazzii completamente: non solo mi aveva portato via l'amore, ma mi aveva portato via il mio migliore amico. Scagliando un incantesimo dopo l'altro distrussi metà della fortezza nel tentativo di trovare Folken e Cristin e ne sterminai completamente l'esercito. Purtroppo ero così furioso che non avevo usato i miei poteri nella maniera dovuta e così li avevo quasi terminati. Sapevo che se gli avessi finiti sarei morto, ma non m'importava; io dovevo liberare Cristin e uccidere Folken. Mi concentrai al massimo e usai i miei ultimi poteri per localizzarli. Li raggiunsi in una delle segrete. Quando Folken mi vide, non era a conoscenza del fatto che avevo esaurito i poteri e spaventato urlò: "Cristin è mia e se non posso averla io, tu non l'avrai di certo!" e così dicendo estrasse un pugnale con il quale tagliò la gola a Cristin. Vidi gli occhi della ragazza che amavo spegnersi lentamente e senza che lei potesse dire una parola. Se solo fossi stato più attento ad usare i miei poteri l'avrei potuta salvare ed invece caddi a terra piangendo lacrime amare.

Folken approfittando di questo mio momento di debolezza tentò di trafiggermi con lo stesso pugnale con cui aveva ucciso Cristin, ma non ce la fece perché me n'accorsi e lo evitai. Nell'alzarmi estrassi la spada, lui fece lo stesso. Ingaggiammo un duello che per fortuna vide me vincitore. Quando la mia spada lo passò da parte a parte mi resi conto di non essere migliore di lui: anch'io avevo ucciso. Ma non m'importava, finalmente Cristin e Golia erano stati vendicati. Presi il corpo della mia amata e mi diressi verso casa. Quando arrivai seppellii Cristin vicino al fiume dove la rividi per la prima volta e decisi di andare a morire lontano da lì. Così arrivai su quel sasso dove tu, Xenia, mi hai raccolto."

La voce di Daniel si era fatta molto meno vigorosa e si andava a mano a mano sempre più affievolendo. Xenia, oramai in lacrime per il triste destino del mago, lo guardò e gli promise solennemente: "Il tuo racconto non andrà perduto, io narrerò ai miei figli la tua storia e così loro faranno con i loro bambini".

Daniel guardò teneramente la piccola Xenia e con un filo di voce disse: "Grazie" e chiuse gli occhi.

Daniel morì nel letto della piccola Xenia, ma lei mantenne fede alla promessa fatta e raccontò ai suoi figli, che raccontarono ai loro figli, che raccontarono ai loro figli la struggente storia d'amore tra Daniel e Cristin che col passare delle generazioni è diventata la leggenda che tutti conosciamo: la LEGGENDA DI UN AMORE.


Dedicato a C.C. la ragazza che amo più della mia vita.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010