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3ª edizione - (2000)

Intervista a G. Garibaldi

- Oggi abbiamo il piacere di intervistare un famoso personaggio, partecipe della storia italiana; si tratta di Giuseppe Garibaldi. Patriota, condottiero, una delle figure più rappresentative del Risorgimento italiano. Nato a Nizza il 4 luglio 1807 da Domenico e Rosa Raimondi, fece da giovane il marinaio, raggiungendo il grado di capitano mercantile. La passione per l'azione rivoluzionaria, diretta ad ottenere l'unità d'Italia e contemporaneamente un rinnovamento sociale politico, lo spinse a aderire alla Giovane Italia, il movimento repubblicano fondato da Giuseppe Mazzini.
Era sposato con Anita che si chiamava Anna Maria Ribeiro da Silva, che incontrò a Laguna nel 1839, quando egli militava coi ribelli del Rio Grande do Sul. Da allora Anita non esitò a seguirlo e da quel momento ne divise tutti i rischi e le imprese, combattendo al suo fianco e non di rado assumendo ella stessa l'iniziativa.
Bene Signor Garibaldi, vorremmo porle delle domande sulla sua vita tanto avventurosa e sui fatti di grande importanza storica a lei legati. Cominciamo con la prima domanda. Ci vorrebbe parlare della sua infanzia?
- Sicuramente. La mia infanzia è stata molto allegra, i ricordi più belli di quel dolce periodo sono legati alle lunghe navigate in compagnia di mio padre, uomo di grande pazienza, infatti, ricordo che spesso io percorrevo in lungo ed in largo l'imbarcazione correndo e giocando, allora egli con pazienza mi prendeva e mi metteva al timone, insegnandomi a condurre il naviglio. Per questo motivo ho imparato a navigare in giovane età, divenendo presto un esperto nel settore.
- Quando ha incominciato ad appoggiare le idee politiche mazziniane?
- Se non ricordo male avevo circa venticinque o ventisei anni ed in una locanda di... ah! Sì, ora ricordo era una locanda di "Tanganrog", sul Mar Nero.
- Si ricorda in quale anno precisamente?
- Sì, eravamo nel 1883, lì fui iniziato agli alti ideali patriottici.
- Pensieri molto profondi. Ma ora passiamo al suo incontro con Mazzini e alla sua vita negli anni seguenti.
- Incontrai Mazzini a Marsiglia, egli mi incaricò di arruolarmi nella marina da guerra piemontese per fare proseliti fra i marinai ed impadronirmi di una delle navi. Purtroppo il tentativo fallì e fui condannato a morte. In seguito alla condanna riparai in Brasile, dove presi parte attivamente sia alla lotta tra il Rio Grande ed il Brasile che a quella tra l'Uruguay e l'Argentina. Nei paesi sudamericani rimasi dal 1835 al 1848. Quando seppi della rivolta di Palermo, il quindici aprile del 1848, partii con una parte delle mie legioni italiane e giunsi in Italia, ove fui accolto dal Re Carlo Alberto, molto freddamente.
- Potrebbe enumerarci le sue conquiste dopo il suo arrivo in patria?
- Allora... conquistai prima Luino, il 15 agosto, in seguito Varese il 26 agosto e nella stessa data mi resistette Morazzone, poi dovetti sconfinare in Svizzera.
- Come riusciva a coinvolgere il popolo nelle sue rivoluzioni?
- Non fu una cosa semplice. Prima dovetti informare il popolo della realtà politica, che spesso giungeva alle loro orecchie molto modificata, in seguito dovetti incitarlo con idee patriottiche per giungere alla battaglia in difesa dei propri ideali e diritti; che fino a quel momento erano stati negati dai sovrani che lo sottomettevano.
- Vorrebbe parlarci dell'argomento principale della sua vita, "Lo sbarco dei Mille"?
- Certamente. Dopo un lungo periodo di permanenza in America, fino al 1859, ebbi un colloquio con Camillo Benso Conte di Cavour; con il quale, per essere sincero, non andavo molto d'accordo a causa del suo carattere piuttosto altero, insomma un personaggio piuttosto sulle sue; io peraltro sono ancor più ostinato di lui ma superai il problema. Ebbi il permesso di tentare l'impresa ad una condizione, dovevo addossarmi ogni responsabilità e conseguente colpa nel caso in cui questa fosse fallita, mentre se fosse riuscita, come poi avvenne, sarebbe stata riconosciuta dal sovrano. Eravamo quasi in mille. L'esercito di popolani era male armato e sprovvisto di tutto ma decisi ugualmente di tentare. Salpammo da Quarto il 5 maggio e giungemmo a Marsala, proseguimmo poi per Calatafimi, Palermo, Messina, Reggio ed in fine Napoli e Volturno. Nonostante l'esercito male equipaggiato riuscimmo lo stesso, grazie all'aiuto del popolo. Con Volturno le conquiste erano terminate. Incontrai il Re a Teano ove gli lasciai il comando dei territori conquistati e mi ritirai sull'isola di Caprera. L'isola è un posto tranquillo dove mi trovo molto bene. Decisi l'autoesilio perché volevo isolarmi dal mondo e dalle nuove idee politiche che stavano nascendo. Volli combattere quest'ultima battaglia per dimostrare il mio valore, poiché fino ad allora il mio destino era sempre stato quello di essere condannato, arrestato o costretto alla fuga. Ora che ho compiuto una gloriosa impresa sono ricordato come "colui che ha unito l'Italia". Io ne sono fiero, ho dimostrato ciò che valgo e quanto possa il vero sentimento di patriottismo.
- Un'ultima domanda Signor Garibaldi. In quale periodo della sua vita prese la persona a lei più cara, la sua compagna Anita?
- Accadde dopo la nostra disastrosa ritirata dopo aver combattuto in difesa di Roma. Ella inferma ed incinta non resse agli stenti. Morì nella fattoria Guccioli, alle Mandriole dove ci eravamo trascinati con l'aiuto di alcuni patrioti. Ricordo che dovetti darle sepoltura in tutta fretta perché anche in quel frangente dovetti fuggire per mettermi in salvo dagli Austriaci che mi inseguivano.
Abbiamo concluso questa intervista con questo meraviglioso ed affascinante personaggio della nostra storia. Egli ci ha fornito interessanti notizie riguardanti sia la sua vita sia la politica italiana. Certamente è un personaggio dal grande carisma, che ha dominato la scena italiana nel periodo del Risorgimento. Sicuramente ci ricorderemo di lui per molti anni a venire, oserei affermare che il suo nome è destinato ad essere ricordato dai posteri, unitamente alla storia del Risorgimento italiano.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010