Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
2ª edizione - (1999)

Bel sogno

"Paolo, sono le nove e mezzo: è ora di coricarti!"
"Sì nonna, arrivo subito!"
"Ti sei già lavato i denti?"
"Certo nonna!" rispose il bambino varcando l'uscio della stanzetta.
"Sono pronto ad ascoltare una storia!" e così dicendo si sedette nel lettino con le ginocchia vicino al torace e tirò su le coperte fino alle spalle, in attesa.
La nonna aveva già un libro tra le mani: ogni sera leggeva un racconto a Paolo, il quale ascoltava con molto interesse. Era Aprile, a Settembre Paolo avrebbe cominciato le elementari, avrebbe imparato a leggere; la nonna era contenta di questo, ma allo stesso tempo ne era dispiaciuta perché Paolo avrebbe cominciato a leggere da sé i racconti ogni sera e lei non avrebbe più potuto vedere i suoi occhioni neri e attenti, la sua bocca che pian piano si spalancava e le sue mani che lasciavano cadere la trapunta di Winnie Pooh o che, velocissime, la riprendevano per coprire la testa quando era impaurito.
"Cosa mi leggi stasera?"
"La storia di un bambino un po' più grande di te" rispose la nonna accomodandosi sulla sedia a fianco al letto.
"Wow! Se è come quella di ieri sera chissà quante avventure!"
"No, non è come Tom Sawyer, è molto diversa, ora te la leggo."
Allora la nonna aprì il libro, sfogliò le prime pagine e arrivò all'inizio del racconto. "Possiamo cominciare" disse.
Era una Domenica pomeriggio, la finestra accanto alla quale era posto il letto di Martino lasciava entrare il caldo sole primaverile e il vocìo dei bambini che giocavano a pallone giù nella strada. Martino avrebbe tanto voluto essere lì con loro a divertirsi, ma era costretto a letto dalla forte febbre che sembrava non voler guarire più. Sua madre dava lui tutte le cure e le attenzioni di cui aveva bisogno, anche la sorellina si rendeva utile facendo le pulizie e preparando da mangiare; Martino doveva guarire al più presto perché i pochi risparmi messi via erano ormai agli sgoccioli.
Martino aveva dieci anni e lavorava come ciabattino in una bottega nei pressi del Colosseo, con la sua esigua paga riusciva a mantenere la famiglia, rimasta da poco orfana del padre morto in guerra; adesso che il bambino era malato, oltre che di risparmi, si viveva dei pochi soldi che la madre riusciva a guadagnare ogni tanto, quando veniva chiamata per fare le pulizie nelle case dei ricchi.
Martino era piccolo, ma capiva perfettamente quanto fosse disperata la situazione, capiva che doveva assolutamente guarire o almeno riuscire ad alzarsi e andare al lavoro, perché non avrebbero potuto continuare a lungo a sopportare quella massacrante vita di stenti.
E mentre il bambino, ascoltando il vociare dei suoi coetanei a casa dal lavoro, pensava a tutto questo, si addormentò e iniziò a sognare: usciva dalla porta di casa sua e camminava con fare disinvolto, sfoggiando un completo grigio e ammirando le tende ricamate da sua madre che abbellivano le finestre. Non aveva più dieci anni, ma era un bel giovanotto sui vent'anni e camminava per le vie in cui era cresciuto salutando tutti, perché tutti lo conoscevano e lo avevano visto crescere e ora lo ammiravano in tutto il suo splendore, mentre, con le mani nelle tasche dei calzoni, calciava i sassolini per strada. Poi si fermava nel negozio di fiori di Teresa all'angolo e prendeva tre rose, quindi, dopo essersi fermato un po' a chiacchierare con i suoi amici, tornava verso casa.
Il pranzo doveva essere pronto: da fuori si sentiva l'odore del pollo arrosto con le patate. Entrando in casa Martino poteva chiaramente notare l'impazienza dipinta sui volti di sua madre, sua sorella e della sua fidanzata, le quali lo stavano aspettando in piedi davanti alla tavola apparecchiata; allora, divertito, le salutò con l'inchino levandosi il cappello con una mano e nascondendo dietro la schiena quella con le rose che faceva scivolare avanti quando si rialzava per donare una rosa ad ognuna; poi si sedeva a tavola e, sfregandosi le mani, guardava impaziente le tre donne rimaste senza parole.
A quel punto Martino si svegliò e vide il volto stanco della madre sopra di lui, dai suoi occhi traspariva tutto l'amore per il suo bambino, mentre gli accarezzava prima la fronte, poi la testa ed infine la guancia. "Stavi sognando?" gli chiese. Martino stette zitto per un po', incantato dagli occhi della donna, poi disse: "Mamma, vedrai, un giorno tutto cambierà: saremo felici, io starò bene e avremo abbastanza soldi da mangiare pollo arrosto tutte le domeniche! Vedrai!" La madre annuì, continuando ad accarezzare quel faccino bollente
La nonna si tolse gli occhiali e alzò la testa a guardare Paolo rimasto fermo e in silenzio per tutto il tempo.
"Ti è piaciuto il racconto?" gli chiese.
"Sì, però mi dispiace per quel bambino: è piccolo e deve mantenere tutta la sua famiglia."
"Una grande responsabilità" aggiunse la nonna.
Ci fu un attimo di silenzio poi la nonna si alzò dalla sedia, fece sdraiare Paolo e gli rimboccò le coperte.
"Buonanotte" disse dandogli un bacio sulla fronte.
"Buonanotte nonna" disse il bambino, poi aggiunse con fare sollevato: "Eh, per fortuna che oggi noi bambini non andiamo più a lavorare!"
"Già" disse la nonna cercando di sorridere mentre spegneva l'abat-jour".


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010