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3ª edizione - (2000)

Treno Torino Milano 17/02/2000 - festa in memoria dei diritti civili concessi ai valdesi da Carlo Alberto

Il treno corre veloce, finalmente, verso la mia città.

È un treno di ritorno,
e io molto più carica della partenza:
carica di doni degli abitanti della mia terra,
carica di stanchezza, carica di ricchezza,
di un'emozionarsi quasi da piangere:
ho festeggiato la libertà per il mio popolo.
Una delle mie più grandi ricchezze
è di sentirmi un albero piantato in radici profonde,
e vedere bruciare nel fuoco una lotta secolare.

Ieri nelle mie valli era una nottata
di quelle da odiarne l'alba,
il cui gusto rimane dentro il sangue per giorni e giorni
e scorre orgoglioso.
La sicurezza di dover esser io lì per quella notte,
una calamita
calamità mi attrae,
tutto il mondo, le stelle e i fiumi mi spingono lì.
Il popolo riunito nella sera,
un fuoco grandissimo, vivo, bello,
e il gelo della notte sulla mia pelle,
una nuvola di scintille che danza
e la luna di sopra a vegliare.

Si festeggia così da noi, con i falò,
e si è tutti uno e tutti,
tante luci, canti, occhi sognanti.
Gli anni che c'è il vento è pericoloso,
non si dovrebbero fare.
Ma il popolo non riesce,
quasi tutti i fuochi vengono comunque accesi,
fa paura, è un rischio
ma è la libertà ed è bellissimo.
Quest'anno era così, si mormorava per le strade
che il vento era venuto,
forse non si potevano fare i fuochi.

Mi arrabbio come una bambina,
io voglio fare i fuochi,
temo che il mio viaggio sia sprecato,
voglio il fuoco, IL FUOCO,
vedere
la mia libertà trionfare,
bruciare sfavillante,
gli occhi di un popolo,
incantato tutto in una volta,
cantare.

Sul presto la vallata
è buia e triste
come un mondo senza il sole,
un buio che mi schiaccia,
un viaggio a vuoto.
No, era timore: i fuochi nascono
e io ogni anno ritrovo il loro gusto,
sembrano più grandiosi, immensi,
imponenti, emozionanti,
bellissimi,
mi travolgono come le onde e i cavalloni in riva al mare,
mi stravolgono e soffocano di emozioni
da aver voglia di piangere, piangere,
voglia di piangere e di sognare.
Si gela perché siamo avvolti da una bufera, tormenta di neve,
il fuoco viene sbattuto in qua, in là,
la gente si sposta, quasi a ritmo, con lui come in una danza,
cadono scintille sembrano grandi giganti gentili
(mi coccolano ricordi di libri che leggevo da bambina)
pezzetti strani, ma il canto continua,
continua la lotta, il ricordo, la gioia,
l'emozione negli occhi di tutti
come se fosse sempre la prima volta.
Vivere, vivere, vivere
E poi ritornare e ritrovare la propria terra sorridente.
Mi sento un marinaio.
Mare, tempesta. No, fuoco intrattenibile.
Mi bruci dentro, fuoco di libertà.

Poi io sola che attendo che questo mio treno maledetto salpi
verso la mia città, mi sposto da stazione a stazione,
io, sola col mio zaino, un sacchetto e un dentro rigoglioso
ricerco la via che qui tutto si è interrotto,
il treno, forza ribelle, non vuol farmi tornare a casa,
che la mia via è del viaggiatore.
Infinitamente in ritardo partiamo,
è questo dolce dondolio che culla i miei pensieri,
coccola le lettere sul foglio instabile,
instabile io su un treno di ritorno a fare i conti
su quel che ho vinto e perso nella strada,
non a caso ho lasciato cadere qualche sassolino
per la mia vita
per poi tornare a ricercarmi,
per ritrovarmi.
La luna sopra di me fa da unica stabilità.
Io unica instabile dondolata alla ricerca,
il buio ora mi accarezza.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010