Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
2ª edizione - (1999)

PoloŠ

Il grande Fedone di Elide armeggia assortamente con una cosciotta di quaglia, che, a sua volta, perfettamente assorta nella sua raffinata cottura, armeggia con le nari degli astanti, neanche stesse a fare promesse. Simmetricamente filosofo e volatile si divorano, mentre suoni inarticolati inquietano il filosofo e dita inquiete disarticolano il volatile...
- Dunque davvero Socrate disse queste cose, o Fedone? -.
- Mhm, sì, le disse, o Echecrate; ci disse di come avviene che l'anima sia immortale... - e riprende a mangiare.
Interdetto l'altro si rifà avanti: come può essere che un grande filosofo, venuto da Atene per giunta, così poco si prodighi a rispondere su un siffatto argomento?
- Ma ti prego, Fedone caro, suvvia parlaci ancora di questi princìpi contrari di cui discorrevano Simmia e Cebete col povero Socrate. Mi sembra di capire che egli intendesse dire che è impossibile che le anime non rivivano senza che il mondo non si fermi... -.
Ma l'ateniese non risponde, ha la bocca piena, lo sguardo altrove, continua a spolpare la quaglia all'aneto.
- ...Che diresti se fosse vero che le anime potessero solo morire? Prima o poi si troverebbero tutte ad essere morte, non credi, o Echecrate? -.
- Ammetto che dovrebbe avvenire così... - fa il pitagorico e, sembra, la discussione si avvia allo stallo. Poi l'onorato ospite esaurisce l'oggetto del suo interesse.
- Ci disse Socrate che, quando qualcosa cambia, deve cambiare da uno stato ad uno contrario e, similmente, avviene per i processi, opposti, che sono tra i contrari, a due a due: come vi è il crescere, che, come sai, è il passare dal più piccolo al più grande, cioè da un contrario all'altro, vi è poi il diminuire che, necessariamente, avviene tra il più grande ed il più piccolo. E tutto ciò avviene senza eccezione alcuna, o Echecrate -.
- E varrebbe questo anche per le anime, secondo Socrate? -.
- Ci sembrò, non a torto, credo, che l'esser morto sia un buon contrario dell'esser vivo e che il morire sia un buon nome per il passaggio dal primo al secondo stato -.
Echecrate si limita ad assentire piano, si direbbe più soddisfatto della distratta cortesia dell'ospite, che d'accordo con questi.
- Quindi ugualmente pare che, essendoci due stati contrari e che il passaggio che c'è fra loro esiste, ed ha un nome, non ci sia ragione alcuna per cui si possa dire che non esiste il passaggio contrario. Sarebbe il rivivere, a detta di Socrate. E come dico, se le anime potessero solo morire, prima o poi... -.
Preceduto come da uno stuolo di banditori, il cinghiale alla mentuccia e crescione si fa altezzosamente annunciare dal suo odore, ondeggia fino innanzi al convito e si adagia incurante, così che il dialogo gli si posi sui fianchi dorati e sembri, più che esitare, fermarsi. Deposta dalle ancelle, la portata principale si piazza al centro dell'attenzione generale, soppiantando quaglie ed antipasti. Convivialmente si mesce il vino, si liba, si fanno porzioni e porzioni e il grande Fedone diletta il suo appetito, di modo che il tempo passi. Trascorsi quindi un cratere di vino di Filiunte e quelli che si direbbero due terzi abbondanti del cinghiale, dei due filosofi, abbondantemente dissetati, l'ospite soltanto mostra di non aver ancora vinto del tutto la fame.
- O Fedone, sembrerebbe che soltanto a te stesso pensi, infatti mangi moltissimo -.
- Per il dio, tu dici la verità, o Echecrate, giacché è proprio a me che sto pensando -.
- Perché, dunque? -.
- Perché intendo conoscermi, e conoscere l'anima e la sapienza -.
- Conoscerti? Per questo mangi? Se è vero che la sapienza ha sede nell'anima, tu certo avrai una splendida anima -.
- Mhm... già... - e rivolge ancora la sua attenzione ad una costoletta - ...tu sai, o caro, che il conoscere ci spinge ad amare, e l'amare ci porta a conoscere... - e nuovamente lascia cadere il discorso. Ma, disgraziatamente, il suo interlocutore pare volerne ancora, e non d'arrosto, e, mostrando un qualche interesse, tenta di distogliere il filosofo di Elide dal piatto di portata.
- Se la mentuccia troppo non ti distrae, Fedone caro, ti prego, vai avanti -.
- Sì... vedi, o Echecrate, come questo cinghiale alla menta può essere gustato e tu puoi dire, poi, di conoscerne il suo sapore e la sua vera essenza... -.
- Vedo -.
- ...ugualmente devi gustare l'anima per conoscerla, e questa, giuro, va spronata, invogliata, sollecitata, come quando per capire quanto un buco o un pozzo è profondo devi gettarvi dentro un sasso, affinché dal suono se ne possa intendere qualcosa, ugualmente con essa devi fare, l'anima, io credo, è come l'Essere: sollecitata non cambia -.
- Come dici? L'anima è dunque un buco? -. Mentre il filiuntino asserisce questo semplice concetto, l'ospite già affonda nello splendido scandaglio d'anime che ha fra le mani.
- Mhm? -.
- Così è di un buco che Socrate tanto si è sforzato di dimostrare l'immortalità? Ed è questo che tu ti dai da fare a conoscere riempiendoti di cinghiale, menta e vino? -.
Questa volta non segue nessun grugnito di sorta. Piuttosto un calice si alza all'indirizzo del pitagorico, che, prontamente, ricambia incrociandovi il proprio bicchiere.
- Ma in quel discorso che fece Socrate di cui mi hai prima riferito, o Fedone, pensavo, sull'immortalità dell'anima, egli diceva che gli stati tra cui si divide l'uomo sono proprio l'essere vivo e l'essere morto? -.
L'ateniese annuisce distrattamente, masticando.
- E il passaggio tra vita e morte deve avvenire in entrambi i sensi, come in tutti i processi? -.
L'altro annuisce ancora.
- E l'anima è immortale, quindi non muore, questo Socrate voleva dimostrare? -.
Fa un cenno col capo.
- Ma, Fedone caro, se l'anima non muore e, come a me sembra, il discorso di Socrate si basa sui princìpi che riguardano il cambiare di stato, allora solo il corpo muta di stato, cioè, da vivo che è, diventa morto. Mi pare che molto non si concluda circa l'anima... -.
E quello, ancora masticando, - Mhm... sembra -.
- Se parliamo di princìpi contrari che riguardino l'anima, credo, se ne dovrebbe trovare di altri che la riguardino, oppure, convenientemente, diremo che il discorso non si applica per niente -.
- Già -.
- Insomma, se l'anima sopravvive alla morte, nulla la tocca né la modifica, mi pare che l'anima sia, come dicevi, più simile ad un essere immutabile che al corpo in cui alberga -.
- È quello che ho detto, sì -.
- Allora, o Fedone, se vogliamo fare un discorso che si basi su questi princìpi contrari, se il vivere ed il morire riguardano solo il corpo e se l'anima è veramente come abbiamo detto, a me sembra che ad un principio siamo dunque arrivati, e così lo chiamerei: l'essere, o l'esistere. Però a questo punto mi sembra di dover dire che il contrario di questo principio è proprio il non essere, o il non esistere più -.
- Devo convenire che è così - pronuncia lentamente.
- Ma allora l'anima davvero NON sopravvive alla morte, se dall'esistere passa allo stato contrario, quando avviene un processo di cambiamento quale il morire. Se è davvero così perché nessuno di voi disse queste cose? Mi sembra, mio caro, che anche tu queste cose le abbia pensate, infatti non mi contraddici. Perché né Simmia, né Cebete che erano con voi con Socrate non disser
Con la coppa a mezz'aria il filosofo venuto da Atene osserva il suo interlocutore.
- Non in due pensammo queste cose, mentre Simmia e Cebete discorrevano col povero Socrate, a dire la verità -.
Echecrate e la sua incredulità raccolgono le parole, poi se ne escono.
- E davvero non diceste nulla? -.
- Forse -, dice Fedone, che ormai del cinghiale alla menta ha finito di succhiare fin la staffa, - tutte queste cose che hai detto sono vere. Ma tu, o Echecrate, le avresti dette ad un uomo che stava per morire? -
Questo disse Fedone di Elide, splendido buco con la menta intorno.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010