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2ª edizione - (1999)

Emozioni e riflessioni in margine alla visita al lager di DachauČ

È difficile parlare di semplici emozioni quando ci si trova di fronte il luogo che simboleggia, assieme ad altri lager, il dramma vissuto da milioni di ebrei, vittime dell'antisemitismo nazista, che furono sterminati come animali, o peggio ancora come semplici pupazzi senz'anima, incapaci di provare sentimenti, non all'altezza di prendere posto nella cosiddetta "razza ariana", la razza pura, frutto della mente contorta di alcune bestie.
Come dicevo prima, è difficile parlare di semplici emozioni quando ci si rende conto della crudeltà che subì un intero popolo, delle morti che segneranno a vita la storia e che lasceranno un segno che spero non venga mai cancellato dalle nostre menti; infatti è molto importante non dimenticare e non lasciare che questa tragedia possa allontanarsi da noi, perdendo così l'importanza che merita. Col passare degli anni ho maturato dentro di me dei convincimento riguardo questo dramma per definire il quale non vi sono parole adeguate. Questa valutazione negativa che non ammette giustificazioni può sembrare un luogo comune, ma purtroppo non è affatto così; infatti alle soglie del Duemila c'è ancora molta gente che non riesce a capire o che capisce senza usare buon senso.
Ecco, a questi individui che appoggiano e che hanno appoggiato questo sterminio vorrei dire che in questo modo essi si rendono partecipi delle stesse responsabilità che sono state addossate ai carnefici e li sfiderei a provare le stesse sensazioni, gli stessi sentimenti e a sentire le medesime violenze che questo popolo ha subito anche nei secoli precedenti. Quando sono entrato nel lager di Dachau, ai miei occhi è subito arrivata l'immagine di quelle migliaia di ebrei che nel periodo dal '42 al '45 affollarono questo inferno; entrando nelle camerate riuscivo ad immaginare i letti tanto affollati che non permettevano a coloro che li occupavano neanche di respirare correttamente; immaginavo le condizioni igieniche nelle quali i deportati erano costretti a "vivere". Sicuramente il momento che mi colpì maggiormente fu quando mi fermai nell'ampio piazzale dove avvenivano gli appelli; pensavo alle sofferenze di coloro che erano costretti a rimanere sull'attenti per tempi indeterminati, con i piedi immersi nel fango e nella neve, sotto il sole cocente in attesa della fine dell'appello, punito perché aveva danneggiato una proprietà del reich. Non si può far altro che provare sdegno, vergogna, odio, ma anche incredulità, vedendo quanta crudeltà può essere presente in un essere umano.
Un punto molto delicato è quello che riguarda la responsabilità: il popolo tedesco è da ritenere colpevole? E la Chiesa ha fatto di tutto per evitare tutto quello che è successo?
Certo, questo non è un problema da poco, ma non per questo non deve essere affrontato.
Per quanto riguarda il popolo tedesco, sicuramente vi sono grandi responsabilità e colpe, dovute essenzialmente all'appoggio passivo dato all'olocausto e alla poca fermezza dimostrata, essendo stato facilmente guidato e reso impotente dall' "abile" lavoro dei demagoghi senza scrupoli.
E per quanto riguarda la Chiesa, essa avrebbe potuto alzare maggiormente la voce e far valere in modo più costruttivo il suo potere, almeno per quella che riguarda l'alto clero.
Questa però è soltanto una mia opinione che può essere facilmente negata - una cosa però è sicura - nessuno potrà mai riportare in vita milioni di persone morte nei lager nazisti ed il nostro obiettivo sarà quello di far vivere il loro ricordo per sempre.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010